Armi siriane a Gioia Tauro, l’appello dell’imprenditore Nino De Masi. “Sì al trasbordo”
redazione | Il 22, Gen 2014
L’imprenditore gioiese ha scritto una lettera ai sindaci invitandoli ad “abbracciare una delle nostre ultime possibilità di rinascita, il porto, ed esercitare il ruolo di attori protagonisti del nostro domani”
Armi siriane a Gioia Tauro, l’appello dell’imprenditore Nino De Masi. “Sì al trasbordo”
L’imprenditore gioiese ha scritto una lettera ai sindaci invitandoli ad “abbracciare una delle nostre ultime possibilità di rinascita, il porto, ed esercitare il ruolo di attori protagonisti del nostro domani”
Illustre direttore
Ho deciso di scrive alcune mie considerazioni sullo smaltimento delle armi
chimiche, il mio contributo vuole essere, per quanto possibile in queste
situazione, in richiamo alla società civili di riappropriarsi del proprio
destino. Aldilà se le navi verranno o meno, ma credo che forse sia il caso
che si faccia vedere la vera faccia della Calabria e dei calabresi. La mia
lettera aperta ai sindaci è un invito una preghiera ad abbracciare una delle
nostre ultime possibilità di rinascita, il porto, ed esercitare il ruolo
di attori protagonisti del nostro domani. Questo è lo spirito della mia
lettera ed a voi media mi rivolgo nel solo nome dell’interesse generale e se
lo riterrete opportuno di aiutarmi in ciò. Il mio compito ed il mio ruolo
finisce qui.
Vi ringrazio di tutto
Cordialmente
LA LETTERA DI DE MASI AI SINDACI
Al Sindaco del Comune di Gioia Tauro
Avv. Renato BELLOFIORE
Al Sindaco del Comune di Rosarno
Avv. Elisabetta TRIPODI
Al Sindaco del Comune di San Ferdinando
Dott. Domenico MADAFFERI
Illustri Signori Sindaci,
scrivo questa mia nota da cittadino ed imprenditore che vive ed opera nella
Piana di Gioia Tauro, titolare di aziende collocate anche nell’area
portuale, per far presente alcune mie considerazioni.
Ho avuto modo di leggere sui media l’evoluzione o meglio la sequenza delle
notizie in merito all’arrivo a Gioia Tauro delle navi con il carico di armi
chimiche provenienti dalla Siria e sono rimasto senza parole.
Sequenza che inizia con la diffusione della notizia della decisione del
Governo di far arrivare nel porto di Gioia Tauro le navi con le armi
chimiche siriane, seguita subito dopo e quasi contestualmente dalle
dichiarazione del governatore della Sardegna il quale ha affermato di essere
riuscito a scongiurare l’attracco delle navi sull’isola, attribuendosi il
merito di aver salvaguardato l’ambiente e la salute dei cittadini sardi e le
bellezze naturali della regione. Tutto ciò mentre il Governo affermava come
la scelta fosse ricaduta su Gioia Tauro in quanto vi è maggiore possibilità
di controllare le proteste.
Questa è stata l’evoluzione dei fatti ed in base a tali evidenze la mia
reazione è stata quella di sentirmi una nullità, con una forte sensazione di
vuoto assoluto e di rabbia e con l’amara consapevolezza di essere un
cittadino senza diritti e dignità. Mi sono venute in mente le figure di quei
soldati che durante la prima guerra mondiale venivano mandati allo scoperto
per verificare, al costo della loro vita, la gittata dei cannoni nemici,
ridotti a carne da macello. Al di là degli annosi problemi della mia Regione
e di quanto la Calabria ed i calabresi agli occhi dei tanti sono ormai solo
un problema, francamente credo che ciò sia troppo, sia andato oltre il
dovuto.
Come cittadino di una nazione Europea credevo di avere gli stessi diritti
dei miei amici e colleghi che vivono ed operano al nord del Paese, pensavo
di avere lo stesso diritto alla salute con ospedali che possano fornire le
cure adeguate, lo stesso diritto all’istruzione con edifici scolastici degni
di questo nome in cui i miei figli possano frequentare i corsi di studio con
percorsi formativi comuni, pensavo di avere lo stesso diritto alle
infrastrutture, strade e servizi, lo stesso diritto degli altri alla libertà
ed alla tutela dei diritti della persona; ma così non è, e non so nel nome
di cosa e perché, forse noi calabresi “siamo figli di un Dio minore”, non
c’è altra spiegazione.
Per la stessa ragione dobbiamo quindi accettare supinamente l’arrivo delle
navi con il carico di armi chimiche.
Mi sarebbe piaciuto che un governo serio ed autorevole affermasse di aver
scelto la destinazione del porto di Gioia Tauro per l’adeguatezza della
struttura, delle competenze e professionalità, ma ciò doveva essere
supportato da azioni conseguenti che invece in questi anni hanno dimostrato
il contrario, in quanto sono state chiare a tutti le scelte di investire nei
porti del nord-ovest e del nord-est. Certamente i governi che si sono
succeduti hanno dovuto e voluto pagare i giusti prezzi ad una classe
politica capace di tutelare gli interessi di quei territori.
Qualora il metro del giudizio e gli elementi in discussione fossero quindi
state le competenze e le capacità, da cittadino ed imprenditore che ha
sempre vissuto nel rispetto delle regole e delle Istituzioni sarei stato ben
felice di essere d’accordo con la scelta fatta, portando a termine questo
compito e dimostrando a tutti di che pasta siamo fatti noi calabresi, ma se
invece serviva e serve solamente un “sud del mondo”, un luogo
sottosviluppato in cui la gente non protesta, dove scaricare le porcherie
del mondo (come è sempre avvenuto, vedi terra dei fuochi e le presunte navi
dei veleni), allora occorre dire un fermo NO, a noi non sta bene!
Comunque aldilà di quanto avverrà, visti gli interessi in gioco, nei
prossimi giorni l’attenzione dei media del mondo sarà concentrata sulla
nostra terra, quanto sarebbe bello far vedere a tutti ciò di cui siamo
capaci e la triste realtà nella quale siamo chiamati a vivere ed operare.
Far vedere le bellezze della nostra terra e dei suoi abitanti, mostrare la
nostra cultura ricordando a tutti di essere stati la culla del mondo civile,
far vedere la nostra ospitalità, approfittare insomma di questa “vetrina”
che ci è stata “offerta” per gridare al mondo che siamo cittadini uguali
agli altri, che siamo stati messi in ginocchio dalle angherie ed i soprusi
della criminalità e di una classe politica indegna(anche grazie ai nostri
omertosi silenzi).
Quanto sarebbe bello se davanti all’ingresso del porto si potesse
organizzare un evento, anche informale, che sia un momento di rivalsa,
invitando tutta la stampa estera e nazionale ed i cittadini in primis, in
cui far vedere la nostra ospitalità, la nostra cultura, la nostra storia e
la bellezza della nostra terra, dicendo al modo: ecco chi siamo, ecco la
nostra cultura, noi siamo questi!
Sarebbe un sogno se noi cittadini di questa martoriata terra ci
riappropriassimo del ruolo di attori protagonisti del nostro futuro,
assumendoci anche le nostre responsabilità, se alla protesta noi
rispondessimo con una festa dell’orgoglio calabrese, se a quello che altri
vogliono far vedere di noi, la puzza dell’illegalità dell’arretratezza, noi
rispondessimo con i profumi della nostra terra e della nostra dignità.
Abbracciamoci ed uniamoci al nostro porto per quello che è e potrebbe
diventare, il luogo della speranza per i nostri figli, contribuiamo partendo
qui, sapendo anche che ciò può essere una delle ultime possibilità, alla
nostra rinascita. Se questo fosse possibile sarei ben felice di contribuire
attivamente a tutto ciò.
Cordialmente
Antonino De Masi