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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 16 DICEMBRE 2024

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Arrestato Francesco Pesce detto “Testuni”

Arrestato Francesco Pesce detto “Testuni”

| Il 10, Ago 2011

Il rampollo della potente cosca di Rosarno, ricercato da più di un anno, è stato sorpreso in un bunker interrato, collocato all’interno del cortile dell’azienda “Demol Sud”. Arrestato anche il titolare della stessa ditta

ULTIMI AGGIORNAMENTI

Arrestato Francesco Pesce detto “Testuni”

Il rampollo della potente cosca di Rosarno, ricercato da più di un anno, è stato sorpreso in un bunker interrato, collocato all’interno del cortile dell’azienda “Demol Sud”. Arrestato anche il titolare della stessa ditta

 

ROSARNO – Il latitane Pesce Francesco cl. 78, detto “Testuni”, (figlio di Antonino Pesce, in carcere dai primi anni del 1990 per rearti associativi di mafia), capo cosca, inserito nell’elenco dei “latitanti pericolosi” stilato dal ministero dell’Interno, è stato catturato ieri sera a Rosarno dai carabinieri del Comando Provinciale e del ROS di Reggio Calabria e dello Squadrone Eliportato Cacciatori. L’uomo si trovava in un bunker interrato, collocato all’interno del cortile dell’azienda “Demol Sud” di Rosarno. Il bunker era delle dimensioni di circa 40 mq composto da tre locali (cucina, bagno e camera da letto), al quale si accedeva mediante botola azionabile da meccanismo elettro – pneumatico attivato da telecomando, con impianto di video sorveglianza attivo e aria condizionata, collegamento ad internet e televisione con parabola. 

Il latitante che al momento della cattura non aveva proferito parola ai carabinieri che lo avevano catturato, dopo la nottata trascorsa nelle camere di sicurezza del Comando Provinciale prima di essere tradotto in carcere, sorridendo, proferiva ai militari le seguenti parole: “sono diventato un personaggio”.

Insieme al latitane Pesce, è stato arrestato anche il rosarnese Antonio Pronestì, cl 67, responsabile del reato di favoreggiamento personale con l’aggravante mafiosa prevista dall’art. 7 L. 203/91 titolare della ditta “Demol Sud sas” ove era stato realizzato il bunker, attiva nel settore delle autodemolizioni e munito di autorizzazione prefettizia per l’attività di deposito giudiziario, in quanto ritenuto.

 

ULTIMI AGGIORNAMENTI

PESCE Francesco, detto “Ciccio u Testuni”, nato a Gioia Tauro il 21.01.1978, è il primogenito del capocosca PESCE Antonino cl. 53, in atto detenuto. Destinatario del decreto di fermo del 26.4.2010, Si era sottratto alla cattura; il fermo è stato tramutato nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nr. 4302/06 RGNR DDA, 3567/07 RG GIP e nr. 36/10 OCC DDA, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria Ufficio del GIP, in data 20/05/2010. le emergenze a carico dell’indagato sono plurime e tutte convergenti nel delineare per il predetto il ruolo di alter ego del padre e di reggente della cosca.

Il ruolo di primissimo livello ricoperto da PESCE Francesco in seno alla cosca di famiglia, viene peraltro suggellato dal padre PESCE Antonino nel corpo di una missiva indirizzata alla madre; in essa il boss detenuto raccomandava di dire ai suoi fratelli di lasciare tranquillo e rispettare le decisioni del Francesco, in quanto questi avrebbe pensato a “tutta la famiglia”. A questo proposito è importante sottolineare che PELLE Giuseppe, intercettato nell’indagine REALE, aveva già evidenziato, ad uno dei tanti ’ndranghetisti che incontrava, come nella famiglia, intesa come unità di base della ’ndrangheta, la linea di successione al comando fosse strettamente legata all’anzianità anagrafica degli eredi e coinvolgesse solo gli uomini. Il PESCE Francesco, inoltre, come emerso dall’operazione ALL CLEAN, condotta unitamente ai militari della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e che ha portato al sequestro di beni riconducibili alla cosca PESCE per un valore di 200 milioni di euro, rappresentava anche il volto imprenditoriale della propria cosca.

La cattura

Dal momento in cui il PESCE si sottraeva alla cattura veniva creata una unità investigativa dedicata composta dal personale del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria e del ROS – Reparto Anticrimine – dello stesso centro, supportati dallo Squadrone Eliportato Cacciatori, che sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria – diretta dal Procuratore Dr. Giueppe PIGNATONE – e segnatamente del Procuratore Aggiunto Dr. Michele PRESTIPINO e dal Sostituto Procuratore Dr. Alessandra CERRETI, con l’obiettivo di catturare il latitante ed evidenziare ulteriori articolazioni della struttura criminale  d’appartenenza.

L’attività d’indagine ha seguito due direttrici; una ha puntato sul classico impiego di intercettazioni (telefoniche ed ambientali), pedinamenti e con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie investigative, l’altra è consistita nell’esercitare una notevole pressione sul territorio, grazie a mirate attività di perlustrazione e perquisizione che ha consentito di trovare diversi bunker utilizzati dal latitante, bruciare diversi tra i luoghi dallo stesso utilizzati per effettuare incontri ed arrestare alcuni dei soggetti che direttamente ed indirettamente fornivano appoggio alla clandestinità del ricercato. Ciccio PESCE non poteva abbandonare il proprio territorio ed è stata proprio l’assillante pressione esercitata dai militari dell’Arma dei Carabinieri sul gruppo criminale facente capo al PESCE che ha indotto il latitante a commettere una serie di errori. Analizzando la notevole mole di dati investigativi raccolti, si giungeva all’individuazione di PRONESTÌ Antonio quale probabile collettore delle informazioni tra gli ‘ndranghetisti rosarnesi ed il loro capo PESCE Francesco.

Nel pomeriggio di ieri, l’ennesima evidenza investigativa consentiva di restringere il campo sul luogo di lavoro del PRONESTI’, ossia il deposito giudiziario denominato “DEMOLSUD di Pronestì Antonio & C. s.a.s.”, ubicato nella via Provinciale per Polistena, agro del comune di Rosarno. Acquisito l’obiettivo, ed iniziata un’accurata perquisizione, venivano riscontrate diverse anomalie fisiche del fabbricato e dello piazzale in cemento armato immediatamente adiacente. Convinti della presenza di un Bunker, iniziavano le operazioni di carotaggio  atte a verificarne la presenza. A questo punto, probabilmente temendo per la sua incolumità fisica, lo stesso Pesce, utilizzando un telecomando, apriva la porta del suo nascondiglio senza opporre resistenza, ai militari del ROS, del Nucleo Investigativo e dei Cacciatori che stavano operando. Fatta irruzione nel manufatto interrato i militari provvedevano immediatamente a spegnere un fuoco che lo stesso PESCE aveva appiccato prima di azionare il telecomando dell’apertura del bunker; stava bruciando bruciando del materiale cartaceo verosimilmente “pizzinni” dei quali non voleva far conoscere il contenuto.

L’immediato intervento dei militari della SIS probabilmente consentirà, utilizzando le più moderne tecnologie, di recuperare parte del contenuto. L’approfondita ispezione degli uomini della SIS ha consentito di rinvenire e sequestrare diversa documentazione che da una prima lettura sembrerebbe molto interessante ed utile per la prosecuzione delle indagini sulla ‘ndrangheta e sulla cosca PESCE. Il PESCE, dall’interno del suo nascondiglio, poteva controllare tutto quello che accadeva fuori grazie ad un impianto di 16 telecamere a circuito chiuso con attivazione ad infrarossi. Il Bunker, di circa 40 m quadri, era composto da cucina-soggiorno, camera da letto e bagno. Non mancavano le comodità quali l’aria condizionata e due tv lcd internet TV con parabola. Nutrita era anche la dispensa che conteneva, a parte i generi alimentari di prima necessità, anche vini pregiati, champagne, salumi e formaggi calabresi.

redazione@approdonews.it