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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 22 DICEMBRE 2024

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Arrestato il boss latitante della cosca Pesce Domenico Arena

Arrestato il boss latitante della cosca Pesce Domenico Arena

| Il 22, Lug 2012

I carabinieri lo hanno sorpreso nel quartiere Lido di Catanzaro. Deve scontare 10 anni per associazione mafiosa

Arrestato il boss latitante della cosca Pesce Domenico Arena

I carabinieri lo hanno sorpreso nel quartiere Lido di Catanzaro. Deve scontare 10 anni per associazione mafiosa

 

 domenicoarena

Uno dei capi della cosca Pesce di Rosarno, Domenico Arena, di 58 anni, latitante da un anno, e’ stato arrestato dai carabinieri nel quartiere Lido di Catanzaro.

Era stato condannato il 20 settembre 2011, in abbreviato, a 10 anni per associazione mafiosa. Lo stesso giorno fu emessa l’ordinanza di custodia cautelare alla quale si e’ sottratto. E’ stato bloccato dai carabinieri del Ros di Reggio e Catanzaro, del nucleo investigativo di Reggio e dallo squadrone cacciatori.

Arena e’ stato individuato in un lussuoso appartamento del quartiere Lido di Catanzaro al termine di indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino e dal pm Alessandra Cerreti. Domenico Arena, cognato di Vincenzo Pesce, detto ”u pacciu”, era uno degli ultimi cinque latitanti della cosca. Arrestato nel corso dell’operazione All Inside condotta contro capi e gregari dei Pesce, Arena era stato processato in abbreviato lo scorso anno e condannato a 10 anni di reclusione. Attualmente e’ in corso, davanti ai giudici del Tribunale di Palmi, il processo con rito ordinario ad altri imputati.

Un applauso scrosciante ha accompagnato i carabinieri all’uscita del palazzo dopo l’arresto del latitante. A tributarlo almeno 300 persone che si sono radunate dopo che la voce dell’arresto si e’ diffusa sul lungomare del quartiere marino di Catanzaro. Il gruppetto di curiosi fermatosi a guardare dopo avere visto l’arrivo dei carabinieri si e’ pian piano trasformato in una piccola folla che e’ rimasta radunata davanti al palazzo sino a quando i militari del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, ultimata la perquisizione, sono usciti con l’arrestato. E’ stato allora che dalla folla e’ partito un lungo e scrosciante applauso che ha colpito gli stessi carabinieri, rimasti piacevolmente impressionati dalla reazione della gente.

Al momento dell’arresto l’uomo si trovava in un appartamento attiguo allo studio del suo legale, l’avv. Stefania Rania. E’ quanto si e’ appreso in ambienti investigativi. Era gia’ da qualche giorno che i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria avevano individuato il luogo dove il latitante, indicato come un boss della cosca Pesce, si nascondeva. Oggi, avuta la certezza della sua presenza, sono entrati in azione e lo hanno arrestato. Domenico Arena, secondo quanto emerso dall’inchiesta All Inside, si occupava, per conto della cosca Pesce, del settore dell’autotrasporto. Dalle indagini e’ emerso anche che per affidargli questo incarico, il cognato Vincenzo Pesce, fratello di quello che viene indicato come il boss della cosca, Antonino detto ”testuni”, ebbe un violento litigio col nipote, Francesco. Fu lo stesso Antonino, dal carcere, ad invitare alla calma il figlio e ad avallare la scelta del fratello Vincenzo. Arena era arrivato al processo con rito abbreviato in stato di liberta’. Dopo essersi sottratto al fermo il 28 aprile 2010 nell’operazione All Inside, si era costituito dopo due giorni ed era stato scarcerato dal gip per mancanza di gravi indizi. La stessa cosa e’ avvenuta alcuni mesi dopo, con l’operazione All inside 2 portata a termine il 23 novembre 2010, quando Arena si costituiti’ dopo una settimana. Anche in quella occasione fu scarcerato dal gip. Contro i due provvedimenti e’ ancora pendente il ricorso in Cassazione del pm Alessandra Cerreti. Lo stesso pm chiese l’emissione di un provvedimento cautelare nei confronti di Arena dopo la condanna, ma l’uomo si e’ reso latitante. Dopo essere fuggito, Arena ha inviato una lettera agli inquirenti sostenendo di averlo fatto perche’ riteneva la condanna ingiusta e che si sarebbe costituito solo se i giudici d’appello avessero ristabilito la verita’.