Arrestato il boss Domenico Leotta, al vertice della cosca Pesce di Rosarno
redazione | Il 02, Feb 2013
Latitante dal 2010 è stato accusato dalla pentita Giuseppina Pesce dell’omicidio della vedova di Alviano, della madre e della cugina di quest’ultima. L’uomo è il braccio destro di “Cicciu testuni” – VIDEO
Arrestato il boss Domenico Leotta, al vertice della cosca Pesce di Rosarno
Latitante dal 2010 è stato accusato dalla pentita Giuseppina Pesce dell’omicidio della vedova di Alviano, della madre e della cugina di quest’ultima. L’uomo è il b raccio destro del boss Francesco Pesce, detto “Cicciu testuni”
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Il boss Domenico Leotta, 53 anni, ricercato dal 2010 è stato arrestato dalla Mobile di Reggio Calabria in collaborazione con la DDA e il Servizio Centrale Operativo (Sco). Considerato al vertice della cosca Pesce di Rosarno, era sfuggito alla cattura nel 2010 in una operazione che aveva portato all’arresto di 40 affiliati.
Domenico Leotta, il latitante arrestato stamani, è stato indicato dalla pentita Giuseppina Pesce come il responsabile dell’omicidio di Maria Teresa Gallucci vedova Alviano, 37 anni, di sua madre Nicolina Celano (72) e sua cugina Marilena Bracalia (22), a Genova nel 1994. Per la pentita, figlia di Salvatore Pesce, boss della cosca di Rosarno, il triplice delitto fu deciso per ristabilire equilibri mafiosi. La Dda di Genova ha riaperto l’inchiesta. Nei confronti di Leotta non sono stati emessi provvedimenti.
BRACCIO DESTRO BOSS, PARTECIPO’SUMMIT PACE
E’ considerato il braccio destro del boss Francesco Pesce, detto “Ciccio testuni”, Domenico Leotta, il latitante arrestato a Catanzaro dalla squadra mobile di Reggio Calabria. Un ruolo confermato, secondo l’accusa, dalla partecipazione di Leotta ad un summit tra i capi delle cosche Pesce e Bellocco di Rosarno, storicamente alleate ma i cui rapporti, tra il 2006 ed il 2007, rischiarono di incrinarsi in seguito all’omicidio di Domenico Sabatino, ritenuto vicino ai Pesce. A quel delitto seguì, l’anno successivo, l’omicidio di Domenico Ascone, per gli inquirenti vicino all’omonima famiglia legata ai Bellocco. Dopo i due delitti, i capi delle due famiglie, i Pesce ed i Bellocco, si ritrovarono in un summit per riportare la pace ed evitare l’inizio di una faida. Ed a quell’incontro, secondo la Dda di Reggio Calabria, partecipò anche Leotta. L’uomo, inoltre, è indicato dall’accusa come colui che per conto di “Ciccio testuni” si occupava delle grandi partite di droga che arrivavano a Gioia Tauro e che provvedeva a portare a Rosarno per il successivo smistamento. Con quello di Leotta, salgono a due gli arresti di latitanti della cosca Pesce bloccati a Catanzaro. Le indagini della Dda di Reggio Calabria, coordinate dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, e da pm Alessandra Cerreti, nel luglio del 2012 portarono all’arresto, nel quartiere Lido del capoluogo calabrese, di Domenico Arena, di 59 anni, anche lui indicato come uno dei capi della cosca Pesce. Un altro latitante, Roberto Matalone, di 36 anni, è stato arrestato il 9 agosto 2012 sulla spiaggia a Joppolo, nel vibonese. Secondo l’ipotesi degli investigatori, i tre latitanti avrebbero goduto dell’appoggio della cosca dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) che li avrebbero ospitati in piazze ritenute “tranquille” per farli sfuggire alla cattura. Leotta è imputato nel processo All Inside contro presunti capi ed affiliati al clan Pesce. Martedì prossimo inizierà la requisitoria del pm Cerreti.
SORPRESO IN CASA MENTRE GUARDAVA LA TV
PRESTIPINO: LATITANZA LONTANA DA ZONA INFLUENZA SEGNO DEBOLEZZA
Si nascondeva in un appartamento in affitto su viale De Filippis, a Catanzaro, Domenico Leotta, il latitante arrestato oggi e definito dal questore di Reggio Luigi Longo, ”figura di maggior rilievo della famiglia Pesce di Rosarno, dopo l’arresto di diversi esponenti del clan nell’ambito dell’operazione All Inside dell’aprile 2010″. L’uomo stava guardando la televisione, quando gli uomini della squadra mobile di Reggio Calabria, del Commissariato di Gioia Tauro e della Questura di Catanzaro, hanno fatto irruzione nell’appartamento, “ben arredato e dotato di ogni confort”, ha commentato il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Michele Prestipino. Leotta non ha opposto resistenza. “E’ il quarto latitante della famiglia Pesce – ha sottolineato Prestipino – catturato nell’arco di 2 anni dopo gli arresti del 2010, in cui furono arrestate decine e decine di persone, tutte legatissime all’allora boss emergente Francesco Pesce, arrestato in questi mesi. Poi sono seguite le catture di Domenico Arena, Roberto Madalone, ed oggi di Domenico Leotta. Ma solo quella di Francesco Pesce è avvenuta a Rosarno”. “Non è casuale – ha detto Prestipino – che queste persone non ritengano, evidentemente, più sicuro il territorio di Rosarno. Evidentemente c’é qualche cosa che sfugge al loro controllo e li costringe a stare lontano dal loro paese. Di per sé è già un segno di debolezza. Questo è il risultato della pressione investigativa, della presenza dello Stato, dell’azione delle diverse forze di polizia”. “Noi siamo convinti – ha concluso Prestipino – che questa sia la strada da battere ancora, che seguiremo con grande impegno per conseguire quei risultati che ancora mancano proprio in questa indagine”.
LEOTTA KILLER GENOVA, NON FU SOLO DELITTO ONORE
L’omicidio di Maria Teresa Gallucci vedova del boss Alviano, di sua madre Nicolina Celano e di sua cugina, Marilena Bracalia avvenne a Genova il 18 marzo 1994. Le tre donne erano tutte originarie di Rosarno (Reggio Calabria) e vivevano a Genova Pegli dove morirono massacrate a colpi di pistola. La Procura distrettuale genovese, dopo le dichiarazioni di Giusy Pesce rese nel 2010 durante la seconda tranche del processo All Inside ha riaperto il fascicolo che però ancora non risulta definitivamente assegnato. Giuseppina Pesce ha rivelato che a far parte del commando che assassino le tre donne furono Domenico Leotta e il killer di riferimento della cosca Francesco Di Marte. Leotta, secondo la collaboratrice di giustizia, aveva deciso di operare in prima persona per non obbligare Francesco, il figlio di Maria Teresa Gallucci e del boss Alviano, a uccidere la madre colpevole, secondo le rigide regole delle cosche, di aver avuto come amante un altro ‘ndranghetista.
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