Assemblea Nazionale Gilda insegnanti ad Amantea Dal fallimento della buona scuola al rinnovo del contratto con un'area separata per la docenza
Si sono aperti nel pomeriggio di venerdì 22 settembre, presso il centro
congressi La Principessa di Amantea, i lavori dell’assemblea nazionale
della Gilda Insegnanti, sindacato rappresentativo nel comparto scuola. I
temi all’ordine del giorno dell’assemblea dei delegati sono essenzialmente
due: in primis la definizione degli “obiettivi” che il sindacato si porrà
per il rinnovo del contratto collettivo nazionale scaduto dal 2009 e il
piano di lavoro per le elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie che
si terranno a marzo 2018, verosimilmente proprio nel periodo elettorale
delle politiche.
Ad aprire i lavori presieduti da Gianni De Persiis, coordinatore della
Gilda insegnanti di Lucca, è stato il coordinatore nazionale Rino Di Meglio
che, dopo un inciso e una citazione del Sole 24 Ore sulla mancata
trasparenza sui compensi dei dirigenti della pubblica amministrazione e
quindi anche dei dirigenti scolatici, ha poi incentrato il suo primo
intervento sulla questione del contratto degli insegnanti e dell’intero
comparto scuola scaduto ormai dal 2009 e che il governo si appresta a
rinnovare. La prima cosa che Di Meglio nota è che “mancano i soldi”.
“Continueremo la nostra battaglia contro la legge 107/2015 perché” –
aggiunge Di Meglio – “mentre le scuole continuano ad affogare nella
burocrazia, è sempre più evidente il fallimento sia della chiamata diretta
che doveva rappresentare un “pilastro” della c.d. buona scuola, sia la
grande bufala dell’organico dell’autonomia che resta una chimera perché,
aggiunge, dopo due anni di buona scuola e stante il piano straordinario di
assunzioni, nelle scuole abbiamo ancora cattedre scoperte, docenti di
sostegno senza la specializzazione e l’organico di potenziamento sprecato a
coprire colleghi assenti. Di Meglio ha poi rivendicato la decisione della
Gilda degli Insegnanti di non firmare, per due anni di seguito, il
contratto sulla mobilità che prevede la chiamata diretta: è una questione
di coerenza, ha detto.
Poi Di Meglio si è soffermato su quello che ha definito “un momento
importante” della vita del sindacato e del Paese: “Siamo alla fine della
legislatura e dobbiamo fare pressing sui partiti affinché esplicitino la
loro posizione sulla legge buona scuola che noi abbiamo tentato di abrogare
per via referendaria. I 5 stelle, ma anche Fratelli d’Italia e la Lega di
Salvini si sono espressi per l’abrogazione delle parti più contestate come
la chiama diretta e il bonus del merito”. Aggiungendo di aver parlato anche
con esponenti di Forza Italia, che invece sono favorevoli alla chiamata
diretta dei docenti: “Alla Centemro gliel’ho detto: i nostri colleghi non
vogliono la chiamata diretta”.
Anche sul rinnovo del contratto: “Sono stati fatti annunci, è passato un
anno e si sono fatti tanti incontri”, ma ancora niente. La montagna non ha
partorito nemmeno il topolino. “Non hanno mai fatto incontri specifici per
il comparto scuola, ma solo per le amministrazioni centrali e per il
comparto sanità. Per la scuola, l’atto di indirizzo ancora manca e, cosa
fondamentale, mancano ancora i soldi”. E su questo Di Meglio ha messo in
guardia l’assemblea dei delegati: se anche ci faranno un aumento di 85 euro
lordi mensili (corrispondenti a 35-40 euro netti) per la maggior parte
degli insegnanti c’è il rischio che ciò faccia perdere il bonus degli
ottanta euro dato da Renzi per chi ha stipendi inferiori a mille
cinquecento euro netti al mese. Ma soprattutto vi è il rischio concreto che
a fronte di un aumento stipendiale ridicolo ci sia un aggravio di lavoro
per l’intera categoria. “Dobbiamo evitare che si peggiorino le nostre
condizioni di lavoro con la scusa della produttività. Ecco perché, per il
coordinatore nazionale della Gilda è importante stilare un documento con
richieste e proposte concrete da portare in sede di incontri con il
Governo.
Un documento che, partendo da una richiesta più generale relativa ad
un’area di contrattazione specifica per la docenza, ponga anche un elenco
di richieste chiare: 1) portare sul contratto le risorse sprecate dalla
legge 107/2015 del bonus e della carta del docente; 2) abbreviare il
percorso della carriera degli insegnanti chiedendo che lo scatto di
anzianità più alto si raggiunga a trent’anni anziché, come avviene ora, a
trentacinque anni di servizio di ruolo perché, ha spiegato Di Meglio, molti
docenti neanche ci arrivano in quanto messi tardivamente in ruolo; 3)
riconoscimento totale (e non parziale come avviene ora) per tutti del
servizio di ruolo prestato; 4) per i precari rivendicare e ottenere
l’assoluta parità di trattamento economico sia previdenziali; 5)
riscrittura delle norme che regolano il tempo parziale ribadendo che “il
lavoro gratis non esiste” e che, se un docente viene pagato per metà non si
può poi pretendere che faccia le stesse ore di collegi, consigli di classe,
che fanno invece i docenti che insegnano a tempo pieno; 6) definizione, a
livello nazionale, della retribuzione delle ore fatte dai docenti per
l’alternanza scuola lavoro; 7) retribuzione della formazione che la legge
107/2015 ha reso obbligatoria ribadendo che, in nessuna azienda, la
formazione viene fatta a spese del lavoratore e fuori dall’orario di
servizio; 8) recupero dello scatto del 2013. E, infine, Di Meglio ritiene
necessario chiarire nel nuovo contratto la normativa sui permessi perché,
ancora oggi, la maggioranza dei dirigenti scolastici non vuole capire che,
dopo i tre giorni di permesso, i docenti hanno diritto a trasformare i 6
giorni di ferie in altrettanti giorni di permesso.
Sulla necessità di fare una premessa “politica” alle richieste che si
presenteranno al Governo per il rinnovo del contratto, con la quale si
ribadisca la proposta della Gilda Insegnanti per una contrattazione
specifica per l’area della docenza, si è espresso anche il prof. Gianluigi
Dotti, coordinatore della Gilda di Brescia e membro della direzione
nazionale: “la questione dell’area contrattuale separata della docenza è
una battaglia culturale, difficile, ma che dobbiamo essere capaci di
riportare all’attenzione dei colleghi e del Paese, dicendo che la vera
battaglia è proprio questa: il riconoscimento agli insegnanti di essere dei
professionisti, degli intellettuali. Solo così” – ha aggiunto Dotti – “sarà
possibile opporsi alla tendenza di rendere la professione degli insegnanti
alla stregua del lavoro impiegatizio”. Per questo la necessità di rimettere
al centro l’idea che il docente non è un impiegato, ma un professionista
della cultura.
La tre giorni di assemblea nazionale del sindacato degli insegnanti si
chiuderà domenica mattina con l’elaborazione di questo documento di base
per le proposte che la Gilda farà in sede di rinnovo del contratto di
lavoro.