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Palmi, assolto il sovrintendente Carmelo Varapodio

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Si è concluso ieri davanti al GUP di Palmi, Dott. Giulio De Gregorio, il
procedimento, celebrato con le forme del rito abbreviato, a carico di
Varapodio Carmelo, Sovrintendente della Polizia di Stato, in forza al
Commissariato di P.S. di Gioia Tauro. Il Varapodio, difeso dall’avvocato
Andrea Alvaro del Foro di Palmi, era stato tratto in arresto nel mese di
aprile 2014 in quanto un teste del procedimento penale c.d. *Deja vu* lo
aveva accusato di averlo minacciato perché non testimoniasse a carico di un
imputato di quel procedimento, tale Caccamo Michele. Il teste aveva
rappresentato ai carabinieri che il Sovrintendente Varapodio gli avrebbe
detto che, se avesse testimoniato contro il Caccamo, avrebbe rischiato
conseguenze pericolose.
Il Sovrintendente Varapodio venne arrestato nel mese di aprile 2014 e
beneficiò degli arresti domiciliari in forza della sopravvenuta riforma del
c.d. braccialetto elettronico. Il Pubblico Ministero aveva, infatti,
richiesto la custodia cautelare in carcere ma il GIP, essendo sopraggiunta
la nuova disposizione sulle modalità di controllo elettroniche dei
detenuti, applicò la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari.
Dal momento dell’arresto il Sovrintendente Varapodio venne sospeso dalla
Polizia di Stato e, dopo mesi di custodia cautelare, venne scarcerato.
Ancora oggi egli è sospeso dall’attività lavorativa.
Nel corso delle indagini preliminari venne disposto, con incidente
probatorio, l’esame del principale teste d’accusa e, all’esito di tale
incombente istruttorio, il Varapodio optò per il rito abbreviato.
Al termine della sua lunga ed articolata discussione il Pubblico Ministero
aveva richiesto nei confronti del poliziotto la condanna alla pena di anni
quattro di reclusione, ridotti ad anni due e mesi otto per la scelta del
rito. Una pena determinata quasi nel massimo consentito dalla legge per il
reato previsto dall’art. 611 c.p., “Minaccia per costringere a commettere
un reato”.
Nella sua lunga arringa difensiva, l’Avv. Andrea Alvaro ha confutato gli
elementi probatori valorizzati dalla Pubblica Accusa a carico del
Varapodio, sostenendo, con un’appassionata difesa e con rilievi logici, la
piena correttezza del comportamento dell’imputato e la infondatezza
dell’ipotesi accusatoria, basata sulle esclusive dichiarazioni del teste
d’accusa, prive di riscontro e non munite di affidabilità soggettiva ed
intrinseca.
Dopo una lunga camera di consiglio il GUP ha pronunciato sentenza di
assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”, ponendo, in tal
modo, fine, nei termini più ampiamente assolutori, alla vicenda processuale
del Varapodio, che, visibilmente emozionato, potrà adesso rientrare in
servizio e riprendere ad indossare la divisa di poliziotto.