Battaglia per il Quirinale
redazione | Il 28, Gen 2013
Ecco i giochi proibiti. Sullo sfondo lo scandalo Mps
Battaglia per il Quirinale
Ecco i giochi proibiti
Giochi proibiti mentre il cambio al Colle s’approssima. Avevamo previsto che la vera battaglia è per il Quirinale; le prime schermaglie sono tuttavia più aspre di quanto prevedevamo. Era ottobre quando scrivemmo che la politica era in subbuglio per l’arrivo di un nuovo candidato:«La “piattaforma Rockefeller” (cerchia industriale, contrapposta a quella finanziaria di Goldman&Sachs) – scrivemmo – sosterrà alle prossime elezioni politiche italiane un candidato del tutto nuovo. Agli investitori statunitensi sono associati i maggiori gruppi cinesi e, più defilati, tedeschi e inglesi, ben decisi a rottamare tutti…» Questo non poteva essere gradito neppure a Mario Monti.
Le dichiarazioni di Mario Monti e il contrappunto di Giorgio Napolitano nell’ultimo quadrimestre del 2012: “episodicità del mio impegno a palazzo Chigi”, era il 9 settembre; quattro giorni dopo: “Il mio futuro? Devo riflettere”. A fine settembre Mario Monti, dopo aver smentito più volte di volersi candidare, dette segnali opposti: “Se mi chiamano…” disse. Dal Quirinale arrivò una bacchettata e Monti la incassò come un alunno disciplinato. Era il segno inequivocabile che c’era un patto. L’unico possibile in quel momento concerneva un ticket a palazzo Chigi, fra lui e Bersani, che effettivamente si è svelato agli inizi di questo mese. Poi quel patto evidentemente saltò, perché la Piramide aveva deciso diversamente.
Gli agganci di Monti a Washington e in Europa sono di gran lunga migliori di quelli di tutti i suoi concorrenti. Questo fermò chi, Oltreatlantico, intendeva contrapporre un nuovo soggetto politico a Bersani, con un’operazione simile a quella del 1994, quando pescarono Berlusconi per contrapporlo a Occhetto.
Impantanatosi Matteo Renzi, solo Mario Monti è il candidato gradito a Washington come a Berlino. Egli ha quindi necessità che al Colle approdi uno di fiducia. Questi non può essere l’impresentabile Giuliano Amato (le sue tre pensioni da mille euro al giorno scatenerebbero la piazza), né Romano Prodi, poco affidabile per la NATO. Nemmeno va bene Massimo D’Alema sul Colle, strettamente legato al concorrente PierLuigi Bersani.
Berlusconi è quindi sceso in campo per trarre profitto dalla lotta intestina fra quelli che lo impallinarono quand’era presidente del consiglio. Per aggiungere confusione a confusione, ha lanciato la candidatura al Colle per Mario Draghi, un’ipotesi che piacerebbe sia al professore che alla Merkel, potendo costei tentare un’ulteriore penetrazione tedesca nella BCE.
Sarà Napolitano a soccorrere Monti. Zitto zitto, prepara una brutta sorpresa per l’odiato D’Alema: una bella quota rosa per il Colle, che spiazzi ogni candidatura dalemiana o affine.
In questo scenario da basso impero sono iniziati i dossieraggi. Un gioco facile quando non c’è un solo attore che sia garante di interessi nazionali, mentre tutti riferiscono a interessi esterni o a quelli propri.
Il primo fascicolo, proveniente dalle fogne della repubblica, ha impallinato uno degli aspiranti al Quirinale, Romano Prodi, con la storia del suo coinvolgimento con Dagong, “superagenzia” cinese di rating di caratura globale.
Il secondo lo stiamo leggendo in questi giorni, col Monte dei Paschi.
Mario Monti ha avuto gioco facile a chiamare in causa il PD, mentre l’ombra d’una supertangente si profila all’orizzonte e questa volta non pare vi sia un omologo di Raul Gardini disponibile a farsi suicidare.
“Vi sbraniamo” urla Bersani, insolitamente fuori misura. Un frastuono inutile che non distoglie l’attenzione di chi indaga su MPS.
Siamo solo all’inizio d’una battaglia sanguinosa che presto si manifesterà con altre sorprese. Scommettiamo? Chiunque s’oppone a Monti avrà problemi di qui alle elezioni.
Scrive Libero quotidiano:«Il Monte dei Paschi “strappa” Antonveneta dalle mani del Banco Santander nel 2007 (il passaggio ufficiale avvenne nel 2008) per 9 miliardi ma, si legge ancora dalle cronache di Repubblica, gli spagnoli avrebbero chiuso, felici, per 7 miliardi. Felici perché a 7 avevano praticamente già raddoppiato l’investimento. I due miliardi aggiunti dal generoso Mussari «è la provvista della tangente», scrive il quotidiano romano, «o, almeno, è questa l’unica logica spiegazione». Per dare forza alla sua tesi, Repubblica descrive il metodo utilizzato da Mps per il pagamento a Santander: due conti separati, 7 miliardi versati direttamente a Madrid, 2 miliardi su un conto di una banca londinese». Quando si dicono le coincidenze: ad aprile 2007 nacque il PD e, si sa, la politica mica si fa con le salsicce della festa dell’Unità.
redazione@approdonews.it