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Calabria, le piccole e medie imprese al collasso, la causa? le banche

Calabria, le piccole e medie imprese al collasso, la causa? le banche

| Il 12, Apr 2011

Com’è possibile far sì che anche le piccole e medie imprese, il vero motore della nostra economia – ancora troppo saldamente legata a logiche familiari e nazionali – siano in grado di raggiungere il tanto agognato e necessario per la sopravvivenza, in alcuni casi, credito bancario? Le nostre banche sono istituzioni così macchinose e austere da non concedere tanto facilmente credito all’impresa, oppure il meccanismo nel quale spesso si precipita è talvolta perverso e manipolato?

di NINO BIXIO

Calabria, le piccole e medie imprese al collasso, la causa? le banche

Com’è possibile far sì che anche le piccole e medie imprese, il vero motore della nostra economia – ancora troppo saldamente legata a logiche familiari e nazionali – siano in grado di raggiungere il tanto agognato e necessario per la sopravvivenza, in alcuni casi, credito bancario? Le nostre banche sono istituzioni così macchinose e austere da non concedere tanto facilmente credito all’impresa, oppure il meccanismo nel quale spesso si precipita è talvolta perverso e manipolato?

 

di Nino Bixio

 

 

 

COSENZA – Le  piccole e medie imprese non riescono più a trovare credito presso le banche: perché? È colpa della crisi internazionale che ci sta travolgendo oramai da qualche anno e che, secondo gli auspici degli economisti, ancora non ha raggiunto il nostro Belpaese, oppure è colpa di un sistema bancario nazionale troppo chiuso su se stesso? Com’è possibile far sì che anche le piccole e medie imprese, il vero motore della nostra economia – ancora troppo saldamente legata a logiche familiari e nazionali – siano in grado di raggiungere il tanto agognato e necessario per la sopravvivenza, in alcuni casi, credito bancario? Le nostre banche sono istituzioni così macchinose e austere da non concedere tanto facilmente credito all’impresa, oppure il meccanismo nel quale spesso si precipita è talvolta perverso e manipolato? Forse, la risposta la si potrebbe trovare analizzando l’operato delle banche inglesi, che seguono il modello di sistema bancario islamico, unico sistema che, a oggi, non sembra aver ceduto il passo alla crisi internazionale. Certo è, comunque, che le imprese italiane hanno difficoltà ad accedere al credito bancario: gli istituti di credito non concedono più finanziamenti, se non a fronte della presentazione di garanzie solide e spesso sovradimensionate rispetto al capitale richiesto. Secondo quanto riportato dalle statistiche della Banca d’Italia nei suoi Bollettini Statistici pubblicati trimestralmente, il credito concesso alle imprese, ovvero gli ‘impieghi’ delle stesse, suddivise in tre differenti categorie ‘industria’, ‘edilizia’ e ‘servizi’, tra il quarto trimestre del 2008 e il quarto trimestre del 2010 non ha subito scostamenti di rilievo (i Bollettini Statistici sono facilmente reperibili sul sito della Banca d’Italia www.bancaditalia.it alla voce ‘Statistiche’). I dati sembrano dimostrare una situazione di richiesta e concessione del credito, sia per quel che concerne gli impieghi, sia per quanto riguarda i ‘finanziamenti per cassa’, che si mantiene pressoché stabile e costante negli ultimi tre anni. Ma cos’è cambiato dal punto di vista normativo in questi ultimi anni? L’introduzione della regolamentazione bancaria internazionale di Basilea 2 Nei primi mesi del 2007 è entrato in vigore il nuovo accordo sottoscritto dal Comitato di Vigilanza sulle banche, denominato Basilea 2. Tra il 2007 e il 2008 – la Direttiva comunitaria prevedeva per gli istituti una proroga di un anno per l’adeguamento completo alla nuova disciplina – le banche italiane e internazionali hanno dovuto necessariamente adattarsi alle nuove direttive. Non tutti i soggetti sono apparsi favorevoli ed entusiasti della riforma, che ha riguardato principalmente gli strumenti interni di controllo e di stabilità del patrimonio, richiedendo requisiti patrimoniali più solidi. Tra le nuove regole introdotte dall’accordo vi sono, dunque, l’introduzione di nuovi sistemi di monitoraggio interno dei rischi creditizi, la rilevazione e la auto-valutazione dell’adeguatezza patrimoniale (ICAAP) – requisiti previsti dal “secondo pilastro” dell’accordo – e i requisiti di trasparenza informativa nei bilanci di esercizio, così come introdotti dal “terzo pilastro”. La vigilanza prudenziale è, allora, l’aspetto più importante, e soprattutto la richiesta di una maggiore e migliore capacità di misurazione e di gestione dei rischi del sistema bancario. In questo ambito forse è rinvenibile il primo elemento di contrasto con la difficoltà di accesso al credito delle imprese nostrane. Miglioramenti nel calcolo dei rischi e nella gestioni degli stessi comportano indubbiamente una maggiore attenzione alla composizione del proprio bacino di clientela. Ma questa ‘selezione’ più attenta del cliente è foriera di un’incidenza negativa sul sistema imprenditoriale? La logica detterebbe una risposta contraria: una crescente e costante attenzione dei meccanismi di rischio a fini prudenziali non esclude affatto la possibilità per la banca di migliorare la propria gestione e la propria proposizione commerciale. Anzi, in quest’ottica non vi è alcun riferimento all’accesso al credito, semmai l’accordo, prevedendo il rafforzamento gestionale dei rischi di settore, obbliga tutti i soggetti del sistema bancario ad adeguarsi strumentalmente proprio per garantire una corretta analisi degli stessi. Il sistema imprenditoriale, o più correttamente il bacino di clientela di ogni singolo istituto di credito, dal 2008, proprio in ragione di tale adeguamento regolamentare, è stato soggetto a una valutazione da parte della banca di riferimento. Ogni impresa è stata dunque classificata secondo una scala di valore o rating, che ne ‘giudica’ lo stato e le prospettive future. Basilea 2 dunque ha introdotto, tra l’altro, un nuovo modo di ‘fare credito’ e di valutare il credito, che non si limiti più solamente alla conoscenza con l’imprenditore o alla presentazione di garanzie reali o atipiche (immobili o fidejussioni), bensì che concerni gli aspetti imprenditoriali previsionali futuri. Nei fatti, la documentazione da presentare alla banca non è cambiata, si sono modificati gli aspetti (imprenditoriali e di business) valutati dall’istituto nell’analisi sulla bontà e affidabilità creditizia del cliente.

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