Canile Mortara, denuncia di “Dacci una Zampa” I cittadini si sono ritrovati nelle disperate condizioni di non poter accudire i propri cani
“È possibile che in questa città per usufruire di un servizio pubblico sia necessario chiedere permesso? È normale che la concessione di un bene pubblico si trasformi in usufrutto privatistico e arbitrario?”. È quanto si chiedono i volontari dell’associazione Dacci una zampa, che dopo aver lasciato il canile che per oltre due anni hanno mantenuto in attività e restituito alla città, si sono ritrovati nelle disperate condizioni di non poter accudire i propri cani, che lì sono ospiti in regime di pensione. “Ma non eravamo i soli – specificano gli attivisti – Per giorni fuori dai cancelli sono rimasti anche tanti semplici cittadini che hanno a cuore le sorti dei cani temporaneamente ospiti della struttura, costretti a contattare i carabinieri e la pulizia municipale per poter accedere al canile”.
Per i volontari di Dacci una zampa , si tratta di “una situazione paradossale, che richiama alla memoria le troppe occasioni in cui un bene pubblico è diventato appannaggio o privilegio di pochi, e oggi ci obbliga a chiedere al sindaco e all’amministrazione comunale quali provvedimenti siano intenzionati ad adottare”. Da parte dell’associazione, continuano i volontari, “c’è sempre stata la massima volontà di collaborazione. Il 6 aprile scorso, quando ci è stato intimato di lasciare la struttura, ci siamo preoccupati solo di provvedere alla sistemazione e al futuro dei nostri cani, per i quali abbiamo accettato di pagare la diaria prevista dall’associazione Aratea vincitrice del bando (0.68 centesimi al giorno) pur continuando a provvedere al loro mantenimento, come alla pulizia dei box. Ma dal 28 aprile scorso neanche questo è stato più possibile. E anche i comuni cittadini si sono visti vietare l’ingresso ad una struttura pubblica”.
Da quel giorno – informa l’associazione Dacci una zampa – “la responsabile della struttura ha interdetto l’accesso a chicchessia, senza comunicarne la ragione e senza alcuna disposizione dell’amministrazione comunale e delle autorità competenti che la autorizzasse a farlo. Fuori dai cancelli siamo rimasti non solo noi proprietari dei cani ospitati in regime di pensione, ma anche i volontari di diverse associazioni animaliste, che per legge hanno potere ispettivo su tutti i canili pubblici e privati. In più, è stato interdetto l’accesso alla struttura anche a semplici cittadini e potenziali adottanti”. Solo dopo innumerevoli chiamate a polizia municipale e forze dell’ordine, dicono da Dacci una zampa, “ è stato possibile accedere al canile, scortati dagli agenti, per un tempo limitato e senza poter aprire i box per dare una carezza a quei cani che noi abbiamo sottratto dalla strada e che per cui siamo diventati una famiglia. E pur ringraziando le forze dell’ordine per la disponibilità manifestata, ci chiediamo se in una città ad alta densità mafiosa come Reggio Calabria, non sarebbe meglio impegnare il tempo di militari e agenti nel reprimere il crimine, piuttosto che nel mediare tra le arbitrarie determinazioni di chi trasforma un bene pubblico in un feudo privato e la cittadinanza che rivendica i propri diritti”. Per Dacci una zampa, “quella di Aratea è una pratica insensata e preoccupante, che rischia di mettere in discussione la vita e il futuro dei cani lì ospitati, ma rappresenta una grave lesione anche dei diritti dei più ad usufruire di un bene pubblico”. Nonostante la campagna stampa denigratoria e falsa promossa dall’associazione Aratea, “più preoccupata di giustificare il proprio insensato operato, che di garantire ai cittadini un servizio che è pagata per erogare, siamo certi che la verità verrà fuori. E in tanti dovranno rispondere del proprio operato”.
Numerose e articolate denunce – informano i volontari – sono state presentate da parte dei membri dell’Associazione e da diversi cittadini presso la stazione dei carabinieri di Pellaro. Di fronte ai militari – si legge nelle carte – è stata presentata formale querela nei confronti della responsabile dell’Associazione Aratea, Sig.ra Irene Putortì e di coloro che omettendo di effettuare i dovuti controlli sull’operato della stessa hanno concorso alla causazione degli eventi e di chiunque altro verrà individuato nel corso delle indagini. Nella denuncia si legge che “la stessa sig.ra Putortì inspiegabilmente senza alcuna motivazione e in assenza di alcun provvedimento da parte dell’amministrazione e/o dell’ autorità giudiziaria ha impedito e turbato la regolarità della fruizione di un servizio pubblico, impedendo a dei privati cittadini di accedere ad una struttura di proprietà comunale all’interno della quale l’associazione Aratea svolge un pubblico servizio per conto della stessa amministrazione comunale”.
Per i volontari di Dacci una zampa, “siamo di fronte ad una vera e propria aberrazione. Cittadini e volontari sono costretti a impegnare le forze dell’ordine per vedersi riconosciuto l’elementare diritto di usufruire di un bene e di un servizio pubblico. D’altra parte, sottolineano dall’associazione, “se come cittadini non possiamo che essere sconcertati ed indignati, se come volontari animalisti non possiamo che essere furiosi per la mutilazione delle facoltà ispettive che ci sono proprie in qualsiasi canile d’Italia, come proprietari di cani non possiamo che essere disperati e preoccupati per la sorte dei nostri cani”. Al riguardo, i volontari ricordano infatti che “da quasi una settimana non siamo in condizioni di controllare personalmente i nostri cani, inclusi gli esemplari che presentano difficoltà neurologiche importanti e per questo necessitano di cure regolari e specifiche. Allo stesso modo, non ci è possibile sottoporre i nostri cani alle periodiche visite di controllo veterinario e ai regolari trattamenti antiparassitari, non siamo in grado di controllare che i cani ricevano specifica e adeguata alimentazione, tanto meno acqua a sufficienza, non possiamo offrire a quei cani nemmeno quei preziosi minuti di libertà in cui correvano felici fuori dai box. E non possiamo che chiederci per quale motivo, esclusivamente privatistico in assenza di un provvedimento da parte degli enti preposti, ci è impedito tutto questo”.
Per questo, concludono i volontari “chiediamo all’amministrazione comunale di interrompere l’inerte silenzio che sta mantenendo riguardo questa sconcertante situazione e alla città di sostenerci in una battaglia che non è meramente animalista, ma ha a che fare con il diritto di tutti di usufruire di un servizio pubblico, garantito da tasse e tributi che tutti paghiamo. Noi continueremo a stare di fronte ai cancelli, perché gestione non vuol dire arbitraria privatizzazione. Dopo aver salvato da morte certa tutti quei cani nati per sbaglio e sottratti ad una vita di stenti e maltrattamenti, ci viene concesso di poterli avvicinare sporadicamente e di poterli toccare solo attraverso le griglie di un box. Noi che abbiamo promesso a quei cani che non avrebbero più visto un cielo fatto solo di quadretti, oggi ci chiediamo se ci verrà concesso di mantenere quella promessa”.