Canile Parrelli, in 9 a processo Aidaa si costituisce parte civile
Roma – La procura di Roma dopo aver chiuso le indagini sulla vicenda
del canile Parrelli, vicenda iniziata nel 2010 con la denuncia presentata dall’AIDAA
e successivamente integrata con altre denunce di associazioni e singoli cittadini
ha deciso di rinviare a giudizio la responsabile del canile Giuseppina Lacerenza,
con lei altre otto persone finiranno davanti ai giudici per rispondere di diversi
reati tra cui la morte di diversi migliaia di cani (secondo le stime prudenziali
sarebbero 7.000 i cani deceduti nel lagher di via Prenestina nell’arco di un ventennio)
e per tutta una serie di reati correlati, con la Lacerenza siederanno davanti ai
giudici due suoi collaboratori, di cinque veterinari della ASL Roma V e il direttore
sanitario del Parrelli, responsabile di omesso controllo su quanto avveniva in quel
rifugio lager. La vicenda giudiziaria de Parrelli era iniziata nel 2010 quando il
presidente di AIDAA Lorenzo Croce presentò formale denuncia alla procura di Roma,
allegando un dossier di 36 pagine in cui le volontarie descrivevano quanto accadeva
in quel rifugio lager (vedi link corriere della sera del 4 settembre 2010), dopo
quella denuncia in cui AIDAA accusava la Lacerenza e i suoi collaboratori di aver
ucciso centinaia di cani e in alcuni casi di averli bruciati per nasconderne la morte,
furono aperte le indagini e successivamente altre associazioni si interessarono della
vicenda fino a quando la LAV riusci ad ottenere la custodia dei cani e dei gatti
presenti nel rifugio. Ora dopo quattro anni e mezzo arriva la decisione della procura
di Roma di mandare a giudizio la Lacerenza e i suoi collaboratori ma anche i veterinari
che hanno coperto in questi anni le porcherie combinate in quel rifugio dove hanno
trovato orrenda morte migliaia di cani. “Finalmente siamo a un punto di svolta- ci
dice Lorenzo Croce presidente di AIDAA- ora è necessario come primo atto che il
comune e la ASL revochi l’autorizzazione sanitaria all’ex canile, noi ci costuiremo
parte civile, ma insistiamo nel dire che vogliamo che si faccia chiarezza fino in
fondo, la Lacerenza senza adeguate coperture veterinarie ma anche politiche ed istituzionali
non avrebbe potuto fare quello che ha fatto per trentanni alla luce del sole, senza
che nessuno intervenisse a porre rimedio a quel massacro quotidiano di cani e gatti,
in passato per la verità ci fu un tentativo ma che poi fu fermato dai cavilli della
burocrazia. Ora- conclude Croce- vogliamo chiarezza e vogliamo sopratutto che emergano
tutte le connivenze, lo dobbiamo non solo alla giustizia ma sopratutto a quelle migliaia
di cani uccisi da quella donna e dai suoi collaboratori in quello che senza mezzi
termini possiamo definire come un campo di sterminio italiano dei cani e dei gatti”.