Canile “Happy Dog”, il T.A.R. da ragione al comune
redazione | Il 20, Lug 2012
Taurianova, ci sono possibile ingerenze della mafia sugli affari della azienda
Canile “Happy Dog”, il T.A.R. da ragione al comune
Taurianova, ci sono possibile ingerenze della mafia sugli affari della azienda
Happy Dog di Fava Francesco S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Giovinazzo, con domicilio eletto presso lo Studio dell’avv. Pierfrancesco Lembo in Reggio Calabria, via Manfroci n. 89;
contro
– Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
– Comune di Taurianova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano Callipo, con domicilio eletto presso lo Studio dell’avv. Luigi Tuccio in Reggio Calabria, via Palamolla,31;
– U.T.G. – Prefettura di Reggio Calabria, non costituito;
per l’annullamento
– della determinazione n° 65 del 25/02/2010 del responsabile del settore 4 del Comune di Taurianova, comunicata al ricorrente il 1/04/2010;
– del provvedimento interdittivo ex art. 10 co. 2, 7 e 8 del DPR 252/98, adottato dal Prefetto di Reggio Calabria in data 22/12/2009, n. prot. 0082577, classifica 01.11, diretto alla Commissione Straordinaria del Comune di Taurianova, comunicato in data 19/03/2010;
– del provvedimento interdittivo ex art. 10 co. 2, 7 e 8 del DPR 252/98, adottato dal Prefetto di Reggio Calabria in data 23/1/2010, n. prot. 0005423, classifica 01.11, diretto al Settore Politiche Sociali del Comune di Reggio Calabria, comunicata in data 19/03/2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Comune di Taurianova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2012 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 23/11/2009 veniva indetta, dal Settore 4 – Area Tecnica del Comune di Taurianova, una gara, mediante procedura aperta, per l’affidamento del servizio di custodia ed assistenza presso un canile dei cani randagi, presenti nel territorio del Comune di Taurianova, per l’importo di €. 70.000,00, iva compresa.
Entro i termini indicati nel bando presentava l’offerta solo l’impresa ricorrente, alla quale, quindi, con verbale del 10/12/2009 veniva provvisoriamente aggiudicato l’appalto, disponendosi che l’aggiudicazione definitiva sarebbe avvenuta soltanto dopo l’acquisizione dalla Prefettura di Reggio Calabria del nulla osta ex art. 10 D.P.R.252/98.
Il 9.02.2010 il Sig. Fava Francesco, socio amministratore della società “Happy Dog di Fava F.sco & C.”, veniva a conoscenza, tramite una comunicazione (prot. 0030048 del 5.02.2010) del Settore Politiche Sociali del Comune di Reggio Calabria, del certificato interdittivo ex art. 10 D.P.R. 252/1998, emesso dalla Prefettura di Reggio Calabria, nei confronti della società suddetta.
Il sig. Fava riusciva a prendere visione del Provvedimento emesso dal Prefetto solo in data 19/03/2010, a seguito di richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ex legge 241/1990. In particolare acquisiva, per il tramite del proprio legale, copia dell’informazione n.0005423 del 23.01.2010 rilasciata al Comune di Reggio Calabria e copia dell’informazione n. 0082577 del 22.12.2009 rilasciata al Comune di Taurianova.
Chiedeva inoltre al Responsabile del Settore 4 – Area Tecnica del Comune di Taurianova copia dei verbali di gara e del provvedimento di aggiudicazione.
Con nota del 1° aprile 2010 il Comune comunicava che con determinazione n. 65 del 25.02.2010 l’Amministrazione aveva disposto di non aggiudicare l’appalto alla società Happy Dog, in ragione della nota della Prefettura di Reggio Calabria del 22.12.2009 n. 0082577 e, contestualmente, aveva indetto una nuova gara.
La società ha quindi proposto ricorso contro la determinazione del Comune nonché contro le informative della Prefettura del 22/12/2009 prot. n. 82577 e del 23 gennaio 2010 prot. n. 5423, rispettivamente indirizzate alla Commissione Straordinaria presso il Comune di Taurianova e al Settore Politiche Sociali del Comune di Reggio Calabria.
Si sono costituiti il Ministero dell’Interno, per il tramite dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, ed il Comune di Taurianova, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 20 giugno 2012, in vista della quale le parti hanno scambiato le memorie difensive, la causa è stata trattenuta in decisione.
Con memoria depositata in data 19 maggio 2012 il Comune di Taurianova ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, avendo la Prefettura di Reggio Calabria emesso in data 7 febbraio 2012 una nuova informativa interdittiva (prot. n. 7894), indirizzata alla Provincia di Reggio Calabria, che l’ha trasmessa al Comune di Taurianova con nota del 10 febbraio 2012.
L’eccezione non è fondata.
Le informative antimafia, sotto il profilo del contenuto, costituiscono atti ricognitivi di circostanze di fatto riferite ad una dato momento storico e, in quanto tali, suscettibili di modificazioni. Ciò trova riscontro nel dato positivo. L’art. 2 del DPR 3 giugno 1998 n. 252 dispone infatti che la “documentazione antimafia” prevista dal medesimo regolamento è utilizzabile per un periodo di sei mesi dalla data del rilascio, anche per altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti. Inoltre il successivo art. 10 dispone, al comma 8, che la Prefettura competente aggiorna l’esito delle informazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.
Anche dal dato normativo emerge quindi che l’informativa successiva non è idonea a far venir meno quella precedente, in quanto ciascuna nota prefettizia tiene conto di fatti riferiti ad un determinato periodo – pur potendo subire evoluzioni (in positivo o in negativo) – e spiega effetti entro un ambito temporale limitato.
Nel caso di specie, l’informativa del 7 febbraio 2012 (successiva al periodo temporale di riferimento per i fatti e gli atti oggetto del presente giudizio), che peraltro conferma l’esito delle precedenti e ha la medesima natura interdittiva, non può determinare la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione sulle informative precedenti, che sono state poste a presupposto della decisione dell’Amministrazione comunale di non procedere all’aggiudicazione definitiva a favore della società ricorrente.
Ritenuta dunque infondata l’eccezione preliminare avanzata dal Comune di Taurianova, il Collegio procede all’esame del merito dell’impugnazione
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1. violazione dell’art. 7 L. 241/1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;
2. illegittimità dell’atto impugnato per violazione di legge, mancanza di idonea, congrua e razionale motivazione, travisamento dei fatti e della normativa.
3. illegittimità dell’atto impugnato per violazione di legge, mancanza di accertamenti aggiornati sull’assetto societario, travisamento dei fatti e della normativa giuridica.
In ordine al primo motivo di gravame il Collegio ne rileva la genericità.
Invero la società ricorrente non specifica a quale tra gli atti impugnati si riferisca la doglianza circa l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, atteso che con l’atto introduttivo del giudizio sono state impugnate sia le informative prefettizie, rispettivamente del 22 dicembre 2009 e del 23 gennaio 2010, sia la determinazione del Comune di Taurianova n. 65 del 25 febbraio 2010, con cui l’Amministrazione ha disposto di non aggiudicare l’appalto alla società Happy Dog.
Si tratta di provvedimenti distinti, afferenti a fattispecie ben diverse tra loro, rispetto alle quali la censura in ordine alla violazione dell’art. 7 L. 241/1990 avrebbe dovuto essere articolata operando dei necessari “distinguo”.
La società, invece, si limita ad una generica esposizione circa l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, riportando pronunce giurisprudenziali sull’istituto, alcune delle quali neppure pertinenti alla questione all’esame di questo Tribunale (si veda il riferimento a Tar Liguria n. 14/1997 riguardante un’ipotesi di revoca della licenza di polizia). Il motivo pertanto è inammissibile.
In ogni caso, la censura in esame è in ogni caso infondata, avendo riguardo a tutti i provvedimenti impugnati.
Infatti, da un lato, la determinazione comunale di non procedere all’aggiudicazione sulla scorta della natura interdittiva dell’informativa ha natura vincolata. Non si tratta infatti di un rapporto contrattuale già in corso di svolgimento rispetto al quale l’Amministrazione ha margine di esercizio della propria discrezionalità. A fronte della natura interdittiva dell’informativa, la stazione appaltante non ha discrezionalità alcuna, e, dunque, l’apporto partecipativo dell’interessato non avrebbe potuto mutare il contenuto del provvedimento.
Dall’altro, con riferimento alle informative antimafia, la giurisprudenza ha costantemente affermato che in tale ambito non si applica l’art. 7 della legge n. 241 del 1990, con la connessa partecipazione procedimentale, poiché il carattere spiccatamente cautelare della misura in parola, nella quale sfocia l’accertamento indagatorio in tema di collegamenti con la criminalità organizzata, in uno con i particolari interessi pubblici coinvolti e la connessa riservatezza, consentono di ravvisare in re ipsa quelle esigenze di celerità che giustificano l’omissione della comunicazione ai sensi del primo comma del cit. art. 7 (Cfr. Tar Reggio Calabria 4 maggio 2011 n. 372; T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 9 marzo 2011, n. 416; Consiglio di Stato, sez. VI, 18 agosto 2010, n. 5879; Consiglio di Stato, sez. VI, 21 aprile 2010, n. 2223; Tar Reggio Calabria 6 maggio 2009 n. 317; Consiglio Stato, sez. VI, 29 febbraio 2008, n. 756; Consiglio Stato, sez. VI, 23 giugno 2008, n. 3155).
Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta che gli atti impugnati non terrebbero conto del nuovo assetto societario. Infatti con atto notarile registrato in data 24 marzo 2010 i soci Fava Vincenzo, Rositano Angela e Rositano Barbara cedevano le rispettive quote al socio Fava Francesco, divenuto così socio unico della Happy Dog s.n.c.
Le modifiche dell’assetto societario sono, evidentemente, successive all’adozione sia delle informative prefettizie sia della determinazione comunale, dunque del tutto ininfluenti rispetto agli elementi posti a base di tali provvedimenti.
Pertanto anche tale motivo d’impugnazione deve essere rigettato.
Con il secondo motivo di gravame parte ricorrente deduce l’illegittimità “dell’atto impugnato” per violazione del DPR 3 giugno 1998 n. 252.
Contesta la sussistenza degli elementi a sostegno delle informative prefettizie alla luce della giurisprudenza formatasi in materia, deducendo che le informative impugnate si fonderebbero esclusivamente sul rapporto parentale, elemento questo che di per sè non potrebbe essere ritenuto sufficiente all’adozione di un provvedimento interdittivo.
Ad ulteriore sostegno delle proprie argomentazioni la società ricorrente espone di essere già stata destinataria di un provvedimento interdittivo, ex art. 10 DPR 252/98, emesso dal Prefetto di Reggio Calabria in data 12/05/2007 prot. N 29031/07/W/area, ma successivamente annullato da questo Tribunale con la sentenza n° 317/2009.
Le argomentazioni riportate nelle informative interdittive oggi impugnate si fonderebbero, a dire della ricorrente, sugli stessi elementi della precedente nota prefettizia oggetto della decisione sopra richiamata, non essendo stato evidenziato nessun nuovo elemento.
Giova premettere che l’art. 10 del DPR 252/98 prescrive che, ai fini di cui al comma 2 (norma disciplinante la fattispecie) “le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunte: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluno dei delitti di cui agli articoli 629, 644, 648-bis, e 648-ter del codice penale, o dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale; b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli articoli 2-bis, 2-ter, 3-bis e 3-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575; c) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia.” Il comma 8 della norma citata ammette, altresì, che la prefettura competente possa “estendere gli accertamenti pure ai soggetti, residenti nel territorio dello Stato, che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa.”
Dunque, l’infiltrazione è desumibile da una serie di elementi che, in genere, non assumono il carattere della definitività o incontrovertibilità (misure cautelari, proposta di misura di prevenzione etc.), ma che comunque riguardano direttamente gli imprenditori che sono o aspirino ad essere parti di contratti pubblici.
Il Collegio osserva che con la sentenza n. 317/2009 questo Tribunale ha annullato l’informativa interdittiva sotto il profilo della carenza motivazionale. Vi si legge infatti che “non è chiarito se sia il mero vincolo di parentela sopra descritto a provocare il pericolo di infiltrazioni, o se vi sia, o vi sia stato un qualche indizio ulteriore che abbia lasciato desumere l’esistenza di una concreta influenza, esercitata o esercitabile attraverso il canale parentale, sulla concreta attività e sulle scelte imprenditoriali dei due soci e, indirettamente, della società, avuto anche riguardo alla presenza di ulteriori due soci (uno dei quali amministratore), che oltre ad essere incensurati, non sembrano avere legame alcuno con soggetti pregiudicati. Non è in sintesi, intelligibile, il percorso motivazionale che lega la condizione mafiosa dei familiari di due dei soci con il pericolo di infiltrazione; percorso che, pur a fronte di un ampia discrezionalità valutativa certamente non sindacabile nel merito dal giudice amministrativo, deve in ogni caso essere esplicitato nei suoi passaggi logici fondamentali al fine che la discrezionalità non diventi muta ed imperscrutabile”.
Nell’informativa del 22 dicembre 2009 la Prefettura espone di aver effettuato una complessiva valutazione degli elementi acquisiti, mediante gli accertamenti disposti in ottemperanza della sentenza sopra richiamata.
Si tratta di verificare se la dichiarata “ottemperanza” alla sentenza si sia tradotta in un’effettiva valutazione di elementi ulteriori, oltre il vincolo parentale, ovvero sia dichiarazione rimasta, per così dire, solo sulla carta.
Nelle note prefettizie si legge: “Sono emerse significative relazioni tra l’amministratore della società in oggetto e persona già sottoposta a misura di prevenzione, condannata per associazione di tipo mafioso e appartenente a cosca mafiosa, acclarate dalla presenza della moglie in seno alla società nella qualità di socia, dalle frequentazioni e dalla notata presenza della stessa persona controindicata all’interno dell’azienda. Inoltre alcuni soci sono legati da vincoli di parentela con persona gravata da pregiudizi penali, ritenuta gravitare nell’ambito di influenza di cosca mafiosa. Si evidenzia altresì che pure altro socio, parente dell’Amministratore, ha comunanza di interessi economici con persona inserita in un contesto familiare orbitante nella medesima consorteria mafiosa”.
Deve premettersi che all’epoca dell’adozione delle informative la compagine societaria era composta da Fava Francesco, Amministratore unico, e dai soci Rositano Angela, Rositano Barbara e Fava Vincenzo.
Dagli atti sottesi alle informative oggetto del presente giudizio, ed in particolare dal rapporto del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, emergono le seguenti circostanze:
– Fava Francesco è stato più volte visto in compagnia di Rositano Renato (salvo il periodo in cui quest’ultimo era detenuto), addirittura all’interno del canile di proprietà della società ricorrente. La presenza del Rositano veniva giustificata con l’intenzione di assumerlo come dipendente della società stessa; Rositano Renato è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, alla pena di sette anni di reclusione per associazione mafiosa oltre ad essere stato indagato per diversi e gravi reati (omicidio, rapina, estorsione, associazione a delinquere), ed è ritenuto appartenente alla cosca “Fazzalari-Zagari-Viola”. In passato la moglie di Rositano Renato, Spataro Carmela, è stata socia della società ricorrente.
– Rositano Angela (cognata di Fava Francesco) e Rositano Barbara sono figlie di Rositano Antonio, soggetto ritenuto gravitare nell’ambito di influenza della cosca “Fazzalari-Zagari-Viola”; inoltre sono nipoti del predetto Rositano Renato, nonché di Rositano Sebastano, anch’egli ritenuto appartenente alla cosca “Fazzalari-Zagari-Viola”.
– Fava Vincenzo (nipote di Fava Francesco) risulta socio accomandante della società “FZ Stampa Idee di Zagari Lucia”, della quale è socia accomandataria Zagari Lucia, sorella dei fratelli Zagari Pasquale e Giuseppe, sorvegliati speciali e segnalati per gravi reati (violazione della legge sugli stupefacenti, omicidio, estorsione, associazione di tipo mafioso, evasione, associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti) nonché sorella di Zagari Rocco,segnalato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, omicidio e associazione di tipo mafioso. Tutti i germani Zagari sono ritenuti appartenenti alla cosca “Fazzalari-Zagari-Viola”.
Dalle circostanza sopra evidenziate emerge non solo un intreccio di parentele con soggetti legati ad un’individuata consorteria criminale e condannati per associazione mafiosa, ma anche frequentazioni non necessitate con tali soggetti e, soprattutto, un rapporto di cointeresse tra un socio della società ricorrente ed altra società, che risulta contigua con esponenti della criminalità organizzata.
Gli elementi messi in rilievo fanno emergere inoltre l’omogeneità dell’appartenenza criminale dei soggetti controindicati con i quali tutti i soci, compreso l’Amministratore, hanno rapporti a vario titolo (di parentela, di affari, di conoscenza e di frequentazione).
Le informative impugnate, dunque, appaiono adottate all’esito di nuove indagini investigative e fondano il proprio carattere interdittivo non sul mero rapporto parentale di due socie, ma su ulteriori elementi concomitanti (in particolare frequentazioni volontarie e rapporti di cointeresse economico), che, nel quadro di una complessiva valutazione, appaiono idonei a sostenere un giudizio probabilistico di possibile ingerenza delle organizzazioni mafiose sugli affari della società.
Ciò risponde all’orientamento pacifico della giurisprudenza secondo cui in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. “c”, del DPR 252/98 è necessario e sufficiente, ai fini della loro adozione, la concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo comune esperienza, possano far presumere non una attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari, ma una effettiva possibilità che tale ingerenza sussista o possa sussistere (ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, 03 marzo 2010 , n. 1254; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 01 marzo 2010, n. 248; T.A.R. Reggio Calabria 20 ottobre 2010 n. 943).
In relazione agli elementi evidenziati e alla luce della giurisprudenza cui il Collegio aderisce, le deduzioni di parte ricorrente non possono trovare accoglimento.
Le argomentazioni contenute nel ricorso e nella memoria depositata in occasione dell’udienza pubblica si appuntano su due aspetti: da un lato, le informative avrebbero avuto riguardo esclusivamente al rapporto parentale di due socie, dall’altro, in ogni caso, la compagine societaria sarebbe mutata.
Quanto al primo profilo, le circostanze esposte negli atti sottesi alle informative e sopra enucleate dimostrano che il rapporto parentale non è stato affatto l’unico elemento considerato dalla Prefettura.
Quanto al secondo profilo, si è già detto che la modifica dell’assetto sociale è intervenuta in epoca successiva all’adozione delle informative prefettizie.
Inoltre il Collegio osserva che pure sul nuovo assetto societario la Prefettura ha emesso, in data 7 febbraio 2012, informativa avente carattere interdittivo dalla quale emerge come la cessione delle quote non sia stata sufficiente ai fini della interruzione delle relazioni con il contesto di riferimento da parte dell’impresa ricorrente.
In conclusione, il Collegio ritiene che il giudizio relativo al pericolo di infiltrazione, alla luce dell’insieme delle circostanze valutate, non risulta caratterizzato dal vizio di eccesso di potere per irragionevolezza o di violazione della normativa di settore.
Per quanto esposto il gravame è infondato e deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la società ricorrente al pagamento a favore delle Amministrazioni resistenti delle spese ed onorari del giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento), a favore del Ministero dell’Interno e Euro 1.500,00 (millecinquecento) a favore del Comune di Taurianova, oltre Iva e Cpa come per legge, e rimborso spese generali nella misura del 12,50%.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Ettore Leotta, Presidente
Giuseppe Caruso, Consigliere
Valentina Santina Mameli, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
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