Gabriella Straffi, ex direttrice del carcere femminile della Giudecca di Venezia, ha rotto il silenzio e, a distanza di due anni dal ferimento di Sissy Trovato Mazza, ha deciso di raccontare, attraverso una lunga missiva indirizzata alla redazione de “Il gazzettino”, la sua verità. La giovane agente di polizia penitenziaria, deceduta lo scorso 12 gennaio dopo 26 mesi di coma, venne trovata esanime, il 1° novembre del 2016, all’interno di un ascensore dell’Ospedale civile di Venezia, ferita con un colpo di pistola alla testa. Il caso inizialmente venne classificato come un tentato suicidio, ma la famiglia non ha mai voluto credere a questa ipotesi e sta lottando per far emergere la verità, rendendo note le denunce che Sissy aveva fatto alla stessa Straffi, circa delle irregolarità che avvenivano all’interno del carcere dove prestava servizio e che riguardavano alcune sue colleghe. Nei giorni scorsi infatti, è stata pubblicata anche la lettera che Sissy aveva scritto di suo pugno all’allora direttrice del carcere, denunciando abusi.
Oggi, a due anni di distanza, la Straffi, afferma che «derogando al dovere di riserbo che mi ero imposta di tenere su questa vicenda tragica considero necessario segnalare la falsità di talune affermazioni, a cominciare dai riferimenti a un colloquio urgente con l’agente Trovato Mazza mai avvenuto e a denunce della stessa mai prese in considerazione». La Straffi sostiene infatti di avere avuto un colloquio con Sissy il 30 settembre del 2016, durante il quale «parlò di dichiarazioni confidenziali raccolte da alcune detenute e che riguardavano esclusivamente un comportamento gravemente scorretto di un’agente nei confronti di una detenuta», e che successivamente ascoltò le detenute che Sissy aveva indicato nelle dichiarazioni. «Dichiarazioni – scrive – che inviai all’organo preposto ad un eventuale avvio di procedimento disciplinare. Mai, in nessuna circostanza, l’agente Trovato Mazza mi riferì di scambi di stupefacenti all’interno dell’Istituto». Circa la dichiarazione di una detenuta, secondo la quale la droga entrava in carcere attraverso lenzuola e tovaglie, l’ex direttrice afferma che nella lavanderia «era sempre presente un’agente con il compito esclusivo di ispezionare tutta la biancheria», eseguendo «perquisizioni periodiche anche con l’ausilio di cani antidroga. Inoltre le detenute tossicodipendenti venivano sottoposte assiduamente ad esami tossicologici».
Circa i festini a base di sesso, la Straffi sostiene che «si è trattato in realtà di una bottiglia di vino e due lattine di birra consumati da due agenti insieme a più detenute. Si badi che il fatto risale al 2014 e le agenti penitenziarie ed il portinaio coinvolti sono stati puniti in via disciplinare. Nell’occasione, non fu l’agente Trovato Mazza a compiere la segnalazione». Per la Straffi è falsa pure la notizia secondo cui il Pc di Sissy sia stato trattenuto in carcere, sostenendo di non averlo mai visto. A queste dichiarazioni, la famiglia di Sissy ha fatto sapere che intenderà rispondere nei prossimi giorni.