Cassazione permette adozioni di single e coppie di fatto Non conta neanche la grande differenza di età con il minore o l’handicap fisico
Single e coppie di fatto potranno adottare i bambini. E di più: potranno coronare il desiderio di veder crescere un “figlio” anche coloro che sono in età abbastanza avanzata e pure se il minore è affetto da un grave handicap. A sancire in maniera definitiva la possibilità per i non coniugati, ma anche per le coppie di fatto, di adottare, è la prima sezione civile della Suprema Corte con l’ordinanza n. 17100 pubblicata oggi 26 giugno 2019, che per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, chiarisce del tutto le condizioni previste dalla legge e costituisce un precedente assai rilevante in materia.
Con la decisione in questione, infatti, la Cassazione ha rigettato il ricorso dei genitori naturali di un bimbo di sette anni che avevano perso la responsabilità genitoriale in quanto lasciato in stato di obiettivo abbandono per il grave handicap fisico dal quale era affetto. Nella fattispecie, il minore affetto da tetraparesi spastica e che non aveva ancora dieci anni, era stato affidato a una donna di sessantadue anni. La signora single aveva instaurato un ottimo rapporto con il minore: tanto era bastato a far mantenere alla donna l’adozione. Ciò che ha inciso maggiormente nella scelta, così come accade in casi simili, è stato l’interesse preminente del bambino.
In particolare, i giudici di legittimità ricordano che l’art. 44 della legge n. 184 del 1983, lett. d), integra una clausola di chiusura del sistema, intesa a consentire l’adozione tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante e adottando (e non certo tra quest’ultimo ed i genitori naturali), come elemento caratterizzante del concreto interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura. Essa presuppone la constatata impossibilità di affidamento preadottivo, che deve essere intesa come impossibilità di diritto – come nel caso di mancato reperimento (o rifiuto) di aspiranti all’adozione legittimante e in quanto, a differenza dell’adozione piena, tale forma di adozione non presuppone necessariamente una situazione di abbandono dell’adottando e può essere disposta allorché si accerti, in concreto, l’interesse del minore al riconoscimento di una relazione affettiva già instaurata e consolidata con chi se ne prende stabilmente cura.
Peraltro, la mancata specificazione di requisiti soggettivi di adottante ed adottando, come pure del limite massimo di differenza di età (prescrivendo la norma dell’art. 44, comma 4, esclusivamente che l’età dell’adottante deve superare di almeno diciotto anni quella dell’adottando) implica che l’accesso a tale forma di adozione non legittimante è consentito alle persone singole ed alle coppie di fatto, nei limiti di età suindicati e sempre che l’esame delle condizioni e dei requisiti imposti dalla legge, sia in astratto (l’impossibilità dell’affidamento preadottivo) che in concreto (l’indagine sull’interesse del minore), facciano ritenere sussistenti i presupposti per l’adozione speciale