Censura italiota Emanuele Pecheux interviene sulla vicenda che ha portato alla censura della copertina dell'album del rapper Fedez
La signora Federica Guidi, Ministra per lo sviluppo economico è certamente una persona di valore e di buon senso.
Verosimilmente, presa da mille e un problema, non se ne è accorta: ma è successo che nell’Ufficio marchi del Ministero di Via Veneto ha attecchito il virus della stupidità censoria che qualche fin troppo zelante funzionario deve avere contratto e sedimentato.
Si apprende infatti che dal suo ministero è stata diramata una comunicazione ufficiale che definisce il marchio “Pop-hoolista”, provocatorio titolo dell’album del rapper Fedez, come contrario “all’ordine pubblico e al buoncostume” perché sulla copertina dell’album è ritratto un poliziotto a cavallo che brandisce un manganello e il giovanotto appare intento a vomitare un arcobaleno.
Premesso che, a giudizio di chi scrive, l’autore in questione, appare come la più nitida espressione della desolante sottocultura del nichilismo 2.0, mirabilmente rappresentata oltre che dai suoi scombiccherati testi che piacciono tanto (non è un caso) a Beppe Grillo e C , anche da un look che si potrebbe definire con un acronimo T.T. (Tamarro Tatuato), e, di più, la copertina in questione provoca, sempre a chi scrive, la medesima reazione del suo protagonista che espleta l’involontaria funzione gastrica, la domanda è: ma i funzionari dell’Ufficio Marchi del suo Ministero la mattina, appena svegliati, cosa assumono? Un breakfast a base di pane e volpe?
Eppure la galleria dei presunti artisti colpiti dalla furia censoria italiota è abbastanza popolata e avrebbe dovuto indurre lor signori a un’attenta e meditata riflessione prima di dare luogo a simili colpi d’ingegno: dal guitto giullare post repubblichino Dario Fo, autore di tanto mediocri quanto pretenziose pieces teatrali,cacciato dalla Rai bernabeiana e, grazie a ciò, diventato l’icona della supposta controcultura postsessantottina fino al punto di essere insignito del Premio Nobel per la letteratura (evento codesto che è entrato di diritto nella galleria dei grandi misteri della fine del secondo millennio), al regista tedesco Rainer Werner Fassbinder la cui ultima opera, Querelle de Brest, un onirico pornomovie a tema gay concepito e confezionato sotto l’effetto di abbondanti assunzioni di cocaina, finì sotto le forbici di una censura becera che altro non fece che regalare un’insperata fama ad un film inguardabile.
Ovviamente al Tamarro tatuato e al suo legale non è sembrato vero ricevere un simile assist.
Perché, se non fosse chiaro, si tratta di una promozione gratuita che renderà, c’è da scommetterci, l’album del giovanotto un cult non solo per i suoi desolanti fans e per i grillini ma anche per i ben noti soloni dei salotti radical chic che per settimane si sperticheranno in elogi per un opera che l’autore ha già pomposamente definito “espressione della street art” (?).
Signora Guidi, intervenga per favore: ponga fine ad una diatriba surreale provocata da ottusi burocrati che reca un danno grave all’immagine del Governo di cui fa parte.
Anche se ormai forse è già troppo tardi, un Suo discorsetto sulla libertà d’espressione rivolto al trust di cervelli autori della gaffe non guasterebbe.
Emanuele Pecheux