Centrale a carbone di Saline: “Il modello coloniale da Berlusconi a Monti”
redazione | Il 23, Giu 2012
Ecco l’analisi di Carlo Sbano (Fli)
Centrale a carbone di Saline: “Il modello coloniale da Berlusconi a Monti”
Ecco l’analisi di Carlo Sbano (Fli)
Riceviamo e pubblichiamo:
L’approvazione da parte del governo Monti della Valutazione d’Impatto Ambientale che darebbe il via libera alla centrale a carbone da 1250MW che la multinazionale svizzera SEI-Repower intende costruire a Saline di Montebello Ionico, a 25 km da Reggio, mostra una sconcertante continuità con le decisioni assunte in merito dal governo Berlusconi e dalla siciliana ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Rilevo lo straordinario tempismo di chi oggi, dopo quello che è accaduto in Emilia-Romagna, ha affrettato tale decisione nonostante tutti i maggiori esperti indichino questa fascia ionica come una zona di massimo rischio sismico. Lo stesso dicasi per l’ipotesi di rigassificatore a Gioia Tauro.
Un anno fa, nel corso della campagna elettorale a sindaco avevo indicato tre elementi forti del mio programma, che alla fine sono stati fatti propri da quasi tutti gli altri partiti e dall’intera opinione pubblica: per la nostra crescita dobbiamo puntare su Lavoro, Ambiente (e connessi Beni Culturali), e Turismo. Esattamente l’opposto di ciò che produrrebbe il carbone e l’illegale anidride carbonica (20 milioni di tonnellate/anno) che si vuole realizzare nel sito della altrettanto illegale Liquichimica.
Si conferma per l’ennesima volta un’acuta riflessione sociologica sulla storia economica italiana del dopoguerra: attraverso il meccanismo della deportazione “spontanea” che si chiama emigrazione, negli anni ’50 e ’60 i poteri delle aree forti del Paese hanno strappato al Sud le braccia; negli anni ’70 e ’80 le intelligenze. E oggi, dopo aver depredato capacità e risorse produttive e umane, si avventano sull’ultimo e unico patrimonio che resta al Mezzogiorno: il territorio.
Si è cominciato con la truffaldina area industriale di Gioia Tauro che ha devastato 500 ettari di agrumeti per un fantomatico Centro Siderurgico. A “servizio” del Centro, c’è la diga del Metramo mai collaudata; spesa: 876 milioni di euro. Se aggiungiamo la devastante e inutile diga del Menta, totalizziamo circa duemila e duecento miliardi di lire “ingoiati” dall’acqua, di cui la Sorical dice di non avere contezza.
Poi, la Centrale Enel a carbone di Gioia Tauro, che doveva vincolare il porto più grande del Mediterraneo a terminal carbonifero: manovra sconfitta dalla dura opposizione delle popolazioni con un referendum. In mezzo, la Liquichimica Biosintesi del petroliere roccellese Raffaele Ursini, patron della potentissima Liquigas, che voleva produrre a Saline la famigerata “bistecca al petrolio” usando la paraffina del petrolio come mangime. Ora, nel sito, l’ennesima aggressione al territorio: la Centrale a Carbone.
Vedo che non manca una pletora di ascari di turno, anche con tanto di seggio in Parlamento, che si dichiarano entusiasti. Tuttavia, il netto no alla Centrale (voluta da una società in cui la quota del 46 % è proprietà del Cantone svizzero dei Grigioni) continua ad avere motivazioni semplici e inoppugnabili. 1) La Calabria esporta già tra il 66% e il 75% dell’energia che produce: perché mai deve accollarsi una devastazione ecologica ancora più grande per il fabbisogno energetico nazionale? Perché la centrale non va a Ravenna, o a Forte dei Marmi? 2) La civilissima e superecologica Svizzera (con buona pace del suo console ad hoc) non vuole il carbone: come la Befana, lo destina ai più cattivi. 3) Perché mai gli italiani devono comprare in Svizzera (che non è neanche membro dell’Unione Europea) l’elettricità che gli svizzeri, inquinando, producono in Italia? A quando i primi contratti di fornitura elettrica proposti ai reggini dagli svizzeri? 4) Esiste un parere della Commissione Nazionale Grandi Rischi? Chi controllerebbe che la SEI-Repower realizzerebbe l’impianto con tutti i crismi (si fa per dire) di sicurezza ecologica? Che accadrà in mare con l’acqua bollente di ricircolo del raffreddamento?
L’impianto svizzero è finanziariamente e fiscalmente perfetto: è un modo “legale” per portare capitali e profitti all’estero, lasciando alle colonie la devastazione del territorio, modello Bhopal (la cittadina indiana in cui il colosso Union Carbide -poi acquisita dalla Dow Chemical- con una fuoruscita di isocianato di metile fece morire in una notte 25.000 persone e danneggiò la salute di altre 500.000). Ovviamente, il protocollo di Kyoto contro l’anidride carbonica è carta straccia, anche perché l’Unione Europea, prodiga di diffide all’Italia sull’accumulo di rifiuti, è molto distratta con i poteri forti, come sempre.
Carlo Sbano (Fli)
redazione@approdonews.it