C’era una volta… un Principe Ennesimo ciclone giudiziario sul Partito Democratico
di Giuseppe Larosa
Quando leggi le notizie che parlano di voto di scambio, ‘ndrangheta, acquisti di voti elettorali e quant’altro in questa Regione, sempre più preda degli sciacalli morali e farabutti (noti), ti rendi conto che il sapore amaro della sconfitta morale, tarderà ancora a sparire e quell’amaro resterà ancora molto a lungo.
Ti vengono in mente le geniali parole di Sandro Pertini: «Non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto».
Sicuramente quello che è accaduto a Rende getta un’ombra non di poco conto nei confronti di un partito come il Partito Democratico che si trova sempre travolto in una bufera giudiziaria. E quando parli di Rende si parla di Principe ed è proprio lui che per vari reati attinenti alla collusione mafiosa che finisce ai domiciliari.
Elemento di spicco della politica calabrese e del PD, sì sempre il PD quello che è il maggiore azionista del governo regionale retto da Mario Oliverio. Lo stesso presidente della provincia di Cosenza che in quelle elezioni provinciali “incriminate”, comprese in quel periodo che va dal 1999 al 2014, e che sono nel mezzo di indagini da cui fare luce ed anche per capire l’entità giudiziaria della collusione mafiosa e dei soldi che sono stati sborsati per comprare voti.
Già il termine “comprare” è di una sensazione repellente, orripilante che ogni parola o termine aggiuntivo è solo una pregiudiziale da aggiungere al sistema “affaristico-politico-mafioso”.
Il centrosinistra ha fallito prima di iniziare, non c’è ombra di dubbio e non vi è alcuna possibilità di contraddire tale questione. Non dimentichiamo che l’avvento di Oliverio nasce con i più terribili e ritardati presupposti con una giunta dimezzata che per mesi ha gestito l’amministrazione regionale.
Poi il terremoto giudiziario di “rimborsopoli” che ha fatto dimettere quei pochi assessori, qualcuno ne è uscito pulito, altri sono ancora sotto giudizio, uno tra tutti l’ex assessore ex rifondarolo Nino De Gaetano che aprendo il Dispaccio, in un pezzo firmato dal suo direttore Claudio Cordova, leggo, riferendosi a De Gaetano, quanto segue: “Lui, capace di sopravvivere politicamente all’uscita da Rifondazione Comunista, quando il segretario nazionale, Paolo Ferrero, gli contesterà di non versare le quote dovute al partito.
Lui, sfiorato dall’indagine “Il Padrino”, condotta contro la potente cosca Tegano di Reggio Calabria, che lo avrebbe appoggiato sotto il profilo elettorale per il tramite del suocero, oggi defunto. Lui, non candidato dal Partito Democratico alle ultime Regionali e, nonostante tutto, nominato assessore esterno dal Governatore Mario Oliverio con la pesante delega ai Trasporti.
Lui, defenestrato dalla Giunta dall’inchiesta “Erga Omnes”, condotta dai pm Gaetano Paci e Matteo Centini contro lo scandalo “Rimborsopoli”. Lui, ritornato pienamente attivo dopo i mesi passati agli arresti domiciliari, con un processo già iniziato per cui risponde di peculato per centinaia di migliaia di euro e in cui, al momento, la Regione non si è costituita parte civile”.
Spero che qualcuno avvisi il presidente del Consiglio regionale Irto di questa situazione denunciata dal Dispaccio. Sarebbe stato opportuno, se non d’obbligo, la costituzione di parte civile come “minimo sindacale” da parte della Regione Calabria, o no? Ai posteri, ai politici, ai presidenti ed a chi di competenza, l’ardua sentenza o meglio, l’ardua e coraggiosa decisione. Ma nei fatti, riflettendo con parsimonia e profondità, questa (purtroppo) è la Calabria, questi sono i politici, questa è la politica. E questi siamo noi… calabresi!