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TAURIANOVA (RC), SABATO 25 GENNAIO 2025

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Cgil FP, Una sanità allo sfascio che non cura i pazienti e criminalizza il personale Può operare il personale sanitario senza attendibile strumentazione diagnostica? Può lavorare serenamente in simili condizioni?

Cgil FP, Una sanità allo sfascio che non cura i pazienti e criminalizza il personale Può operare il personale sanitario senza attendibile strumentazione diagnostica? Può lavorare serenamente in simili condizioni?

Questa è diventata la sanità Calabrese: una sanità che mette a rischio la vita e l’incolumità dei
cittadini e quella degli operatori sanitari: medici, infermieri e OSS.
Non si è ancora spento l’eco mediatico della morte di Ginevra, la bimba di Mesoraca lasciata morire
lungo la strada Mesoraca-Catanzaro- Crotone-Lamezia Terme- Pisa –Roma per mancanza di reparti
pediatrici adeguati, che già si parla di un altro caso di “malasanità” in Calabria.
Questa volta, a cadere nell’occhio mediatico, è stato l’ospedale di Polistena: una cittadina della piana
di Gioia Tauro il cui ospedale spoke, da anni -come più volte denunciato da questa O.S.-, è stato
abbandonato a se stesso, con personale ridotto a meno della metà di quello necessario, senza
adeguata strumentazione diagnostica e senza precise linee guida nella gestione dell’ordinario e,
ancor di più, nella gestione della pandemia.
È accaduto che un bimbo di 6 mesi, in gravi condizioni di salute –secondo la madre-, viene portato
presso il Pronto Soccorso dell’ospedale polistenese dove, in seguito a tampone rapido positivo, al
bimbo vengono –sempre secondo la madre- negate le cure del caso, per cui è stata costretta, con
mezzo proprio, ad una corsa disperata verso il Grande Ospedale Metropolitano (GOM) di Reggio
Calabria, dove, in seguito ad ulteriore tampone, risultato questa volta negativo, al bimbo sono state
date le attenzioni e le cure del caso, e, fortunatamente, tutto si è risolto senza conseguenze e il
bambino è stato immediatamente dimesso.
Questi i fatti.
Senza dubbio, qualora confermati, fatti gravissimi, censurabili, sui quali sia la magistratura, sia
l’amministrazione ospedaliera coinvolta, ognuna per le proprie competenze e per le proprie
prerogative, devono assolutamente fare chiarezza, per il bene della salute dei cittadini, per il bene
dell’immagine dell’ospedale, per il bene anche dei soggetti coinvolti in tali fatti; e, se in seguito a ciò,
e soltanto in seguito a ciò, vengono individuate delle responsabilità, è giusto che queste vadano
attenzionate e punite in modo esemplare!
Su questo non ci sono dubbi e non possono essere fatti sconti!
Ma al di là delle responsabilità penali, più o meno evidenti e più o meno esistenti nel caso di specie,
è altrettanto giusto e doveroso fare su questi accadimenti alcune riflessioni, anche al fine di
individuare eventuali altre responsabilità, di altri soggetti, apparentemente non coinvolti ma che
invero andrebbero individuate, se non per una questione penale quanto meno per una questione di
responsabilità politico amministrativa.
Il protocollo anticovid, nei casi di specie, prevede che il paziente, appena arrivato al pronto soccorso
deve essere provvisoriamente trattenuto presso un luogo di pre-triage (la c.d. tenda medicalizzata
-attrezzata) in attesa del risultato del tampone: E’ in questo luogo che –secondo il protocollodevono essere praticate le prime cure al paziente, e solo successivamente, e soltanto in caso di esito
negativo al tampone, il paziente può essere ricoverato presso l’U.O. di competenza, ovvero, qualora
positivo, inviato presso un centro covid.
A quanto è a conoscenza di questa O.S., pur essendoci a fianco del Pronto Soccorso dell’ospedale di
Polistena due tende medicalizzate e attrezzate, nessuna delle due risulta funzionante. E allora le
prime domande:
-Perché le due tende non funzionano? -Di chi è la responsabilità di questo mancato funzionamento?
-In assenza di questi luoghi di pre triage, in che posto deve essere ricoverato il paziente in attesa di
risultato del tampone? -Può essere introdotto in una stanza di emergenza dove, in caso di successiva
positività al tampone, c’è il rischio di contaminazione dei luoghi con la conseguente propagazione
del contagio verso altri soggetti e pazienti in quel momento presenti nella stanza?
Il bimbo in questione è arrivato all’ospedale di Polistena dove, immediatamente e per prima cosa,
come da protocollo, gli è stato fatto il tampone rapido. Nell’attesa, e in assenza della tenda
medicalizzata e attrezzata, dove si sarebbe dovuto intrattenere e curare il bimbo? dentro la stanza
di emergenza del Pronto Soccorso? La risposta potrebbe apparire logica, ma se fosse positivo al
coronavirus, così come è risultato, e il trattenimento avrebbe contagiato altri pazienti, cosa sarebbe
successo? La risposta è altrettanto scontata: Si sarebbe in ogni caso gridato alla “malasanità” e il
personale sarebbe stato messo ugualmente alla gogna mediatica per aver alimentato i contagi. E
allora?
“Se scappi ti sparo, se ti fermi ti accoltello”. Mai un detto popolare di tale portata è stato più
azzeccato. Nell’uno e nell’altro caso si sarebbe gridato alla malasanità.
Altro quesito.
Il bambino successivamente è risultato negativo al tampone eseguito presso il G.O.M. di Reggio
Calabria, per cui è lecito pensare che, o l’uno o l’altro, non è risultato attendibile. Ammettiamo per
ipotesi che non sia stata attendibile la strumentazione usata dal Pronto Soccorso di Polistena.
E qui si abbonda con altri quesiti e altri interrogativi:
perché l’ospedale di Polistena, pur essendo un ospedale Spoke, non è stato dotato di
apparecchiature più precise per la validazione dei tamponi? Perché un ospedale spoke, qual è quello
di Polistena, che abbraccia e dà risposta sanitaria a tutta la piana di Gioia Tauro non è stato dotato
– malgrado le richieste in tal senso inoltrate dal direttore responsabile del laboratorio analisi-, di
un’apparecchiatura capace di validare i tamponi molecolari, di gran lunga più attendibili di quelli
rapidi?
Può operare il personale sanitario senza attendibile strumentazione diagnostica? Può lavorare
serenamente in simili condizioni?
A dare risposte a questi interrogativi sono chiamati tutti coloro che, ai vari livelli di comando, dal
governo centrale a quello locale (ASP), passando per l’apparato sanitario regionale e la struttura
commissariale per il piano di rientro, avrebbero dovuto prevedere e provvedere, e che invece da
molto tempo sono rimasti sordi ( sicuramente continueranno a rimanere tali) ai richiami e alle
richieste dei sindaci e dei cittadini della piana, dei sindacati e delle associazioni locali. E’ di ieri, ad
esempio, la notizia che il governo ha posto la questione di fiducia sul decreto “milleproroghe”, dove,
tra l’altro, è stata bloccata per la regione Calabria la possibilità di assunzione di nuovo personale
sanitario.
Se è giusto che eventuali errori ed omissioni commessi dal personale Sanitario, verificabili tramite
indagini della magistratura, vanno stigmatizzati e condannati in modo serio e puntuale, è pur vero
che a pagare dovrebbero essere anche questi soggetti creatori, ab origine, di “malasanità”.
E di questo dovrebbero anche tener conto, e dire, coloro, deputati all’informazione, che -anche se
fortunatamente in pochi-, hanno puntato il dito, in modo eclatante, senza alcun approfondimento e
senza contradditorio, contro il personale sanitario del pronto soccorso di Polistena e contro lo
stesso Ospedale di Polistena, indicato da varie testimonianze come portatore di eccellenze
malgrado le difficoltà.
A questo tipo di informazione bisogna ricordare che, giustificare atti di violenza contro il personale
sanitario, è pericoloso e di una gravità indicibile, che, come tale, va e respinta e condannata, con
ogni mezzo, da una società che si ritiene civile e rispettosa delle leggi. Se è vero, com’è vero, che la
salute dei cittadini deve essere garantita e vada condannato ogni comportamento tendente a negare
questo diritto, è pur vero che non si può, in modo gratuito, soltanto per avere qualche ascolto in più,
mettere a repentaglio la vita e l’incolumità del personale sanitario, ovunque questo presta servizio,
perché qualsiasi istigazione di tale portata non incide soltanto contro il personale del pronto
soccorso di Polistena, che fino a sentenza definitiva non può essere colpevole di nulla e non può
essere in ogni caso gettato alla pubblica violenza, ma incide e si indirizza verso la generalità del
personale sanitario, con conseguenze aberranti.
Per il resto farebbe bene questo tipo di informazione, per la sua stessa credibilità futura, a
procedere con cautela prima di arrivare a condanne sommarie, prive persino del beneficio del
contradditorio, soltanto per avere un po’ di audience in più.
Con questo tipo di informazione siamo d’accordo soltanto su una cosa: il presidente della Regione,
nonché commissario ad acta per il piano di rientro – onorevole Occhiuto-, ha molto da lavorare, ed
anche in fretta, se vuole evitare questi casi di malasanità e, nel contempo, di evitare la
criminalizzazione del personale, colpevole soltanto, a parere di questa O.S., di lavorare in condizioni
impossibili e sottorganico.
Il segretario generale il segretario per la sanità
Patrizia Giannotta* Vincenzo Callea