Chirurgia estetica: il 65% degli interventi viene fatto in regime di day surgery, il 35% in clinica L’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe): «L’Italia non è il Far West: le strutture in cui si opera sono controllate e sicure»
Gran parte degli interventi di chirurgia estetica, in Italia come nel resto del mondo, avvengono in ambulatori chirurgici o strutture di day surgery e non in cliniche. «Si tratta di strutture sicure e controllate periodicamente dalla Asl, che devono garantire altissimi standard di qualità per aprire e per restare aperte. Sbagliato quindi puntare il dito contro questo tipo di realtà, facendo passare l’idea che l’Italia sia una sorta di Far West della chirurgia estetica, con medici che operano nel sottoscala o in sale operatorie improvvisate. Ci sono anche queste realtà, ma sono l’eccezione: la norma è tutt’altra». Parola di Aicpe che, attraverso il segretario Pierfrancesco Cirillo, intende fare chiarezza, in particolare dopo il recente fatto di Napoli e quello di qualche mese fa a Cagliari, dove due pazienti sono morte in seguito a interventi eseguiti appunto in ambulatori chirurgici.
«In Italia sono centinaia le strutture private di day surgery e di chirurgia ambulatoriale, che danno lavoro a migliaia di persone ed erogano migliaia di interventi chirurgici ogni anno – afferma Cirillo -. I controlli sull’esistenza dei requisiti sono deputati in prima battuta alle ASL, che con il servizio tecnico ispettivo verifica severamente prima del rilascio di un’autorizzazione, e quindi ai Carabinieri del NAS, che effettuano controlli a campione per monitorare l’attività».
Dall’indagine realizzata dall’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe), la chirurgia estetica in Italia si pratica in oltre il 65% dei casi in day hospital o day surgery (34,4%), o in ambulatorio chirurgico (31,2%), mentre nel rimanente 33.9% in clinica (dati 2013).
«Esistono da anni regole e linee guida che prevedono che certi interventi si possono eseguire in tutta sicurezza in regime ambulatoriale o di day surgery – afferma Cirillo -. Purtroppo i regolamenti non sono uniformi e variano da regione e regione: Aicpe è stata la prima a denunciare questa situazione, auspicando che si possano rendere omogenei i criteri per il rilascio dell’autorizzazione a livello nazionale. Dagli anni ’60 la chirurgia ambulatoriale è una realtà negli Stati Uniti e nel 1989 sono state definite le linee guida con un documento che ha come obiettivo la qualità e non dell’inutile burocrazia. Non dimentichiamo che la percentuale di mortalità in chirurgia plastica è molto bassa, dello 0,02%, ma si tratta pur sempre di interventi chirurgici, quindi una percentuale di rischio, anche se bassa, esiste, e spesso è imponderabile. Nei casi di Napoli e Cagliari la magistratura farà il suo corso, ma nonostante gli operatori siano chirurghi plastici di provata esperienza, le cose accadono anche per complicazioni imprevedibili. Ci risulta che in ambedue i casi, le strutture fossero autorizzate per la chirurgia ambulatoriale».
La gran parte degli interventi estetici, per la loro natura e complessità, possono essere effettuati con assistenza chirurgica a ciclo diurno, quindi senza pernottamento nella struttura, consentendo così di contenere i costi e di proporre comunque interventi in sicurezza. I modelli organizzativi sono due: la chirurgia ambulatoriale e la day surgery. La chirurgia ambulatoriale può essere effettuata in ambulatori attrezzati secondo rigidi requisiti. Si tratta di interventi di facile esecuzione, da condurre in anestesia locale o analgesia su pazienti dichiarati idonei a questo trattamento, con assistenza anestesiologica. in base a una selezione che comprende condizioni generali e anche aspetti psicologici, logistici e familiari.
La day surgery comprende procedure con un ricovero che prevedono un regime di ricovero limitato alle sole ore del giorno con una sorveglianza clinica e un’organizzazione specifica all’interno di strutture per le quali siano definite norme e caratteristiche. In questo contesto, è possibile eseguire operazioni non meno importanti di quelle erogate con il regime di assistenza chirurgica tradizionale. I risultati garantiti e la qualità sono gli stessi, con la riduzione del rischio al minimo accettabile per il paziente, e contenendo i costi. I pazienti adatti per la day surgery sono selezionati in base alle condizioni generali, età, fattori logistici e familiari.
In regime di chirurgia ambulatoriale e di day surgery si possono eseguire la stragrande maggioranza degli interventi, in particolare blefaroplastica, rinoplastica, mastoplastica additiva, lifting, otoplastica, mastopessi, lipofilling, trapianto dei capelli, mentoplastica, protesi zigomatiche, lifting del sopracciglio, cheiloplastica e ginecomastia. Anche la liposuzione può essere eseguita in regime ambulatoriale, se la percentuale di grasso prelevato non supera il 5% del peso corporeo e se le zone trattate sono limitate.
AICPE. L’Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica (www.aicpe.org), la prima in Italia dedicata esclusivamente all’aspetto estetico della chirurgia, è nata nel settembre 2011 per dare risposte concrete in termini di servizi, tutela, aggiornamento e rappresentanza. Ad AICPE, che è gemellata con l’American Society for Aesthetic Plastic Surgery (ASAPS), la più importante società di chirurgia estetica al mondo, hanno aderito oltre 200 chirurghi in tutta Italia. Membri di Aicpe possono essere esclusivamente professionisti con una specifica e comprovata formazione in chirurgia plastica estetica, che aderiscono a un codice etico e di comportamento da seguire fuori e dentro la sala operatoria. L’associazione ha elaborato e pubblicato le prime linee guida del settore, consultabili sul sito internet, in cui si descrive il modus operandi dei principali interventi. Scopo di AICPE è tutelare pazienti e chirurghi plastici in diversi modi: disciplinando l’attività professionale sia per l’attività sanitaria sia per le norme etiche di comportamento; rappresentando i chirurghi plastici estetici nelle sedi istituzionali, scientifiche, tecniche e politiche per tutelare la categoria e il ruolo; promuovendo la preparazione culturale e scientifica. Tra gli obiettivi c’è anche l’istituzione di un albo professionale nazionale della categoria.