Cinquefrondi apre le porte al parco Peppino Impastato Con una cerimonia pubblica alla presenza di Giovanni Impastato è stato dedicato all'eroe siciliano lo spazio verde sul viale Matteotti
di Giuseppe Campisi
Cinquefrondi – Ad asseverare il cambio di denominazione del parco posto sul viale Matteotti e ribattezzato ora parco Peppino Impastato è stata una cerimonia pubblica con la scopertura di una targa ricordo voluta con determinazione dall’amministrazione comunale e presenziata oltre che da maggioranza ed opposizioni anche dalle più alte autorità civili e militari della provincia a testimonianza del profondo impegno antimafia profuso dal civico consesso guidato dal sindaco Michele Conia. Moderata dal giornalista sotto scorta Michele Albanese – che ha definito quello di Peppino «un grande evento di cui a noi spetta di conservare la memoria e l’esempio» – la serata, promossa dall’assessora alla Cultura Giada Porretta, ha avuto una scaletta fitta di interventi dove a fare gli onori di casa ci ha pensato il sindaco che, dopo aver dispensato ringraziamenti a tutti coloro che si sono adoperati per la realizzazione dell’evento, ha voluto ricordare Impastato come proprio punto di riferimento e sottolineare, mutuando una celebre frase dell’eroe siciliano, «che la mafia è una montagna di merda».
L’assessore Antonino Castorina, intervenuto in sostituzione del sindaco metropolitano Falcomatà, ha parlato di Impastato come «simbolo importante per le istituzioni per veicolare un messaggio per la lotta alla illegalità» mentre Giampaolo Latella, in vece del Presidente del consiglio regionale Nicola Irto, ha puntualizzato che «le mafie ci privano della libertà» e per combatterle occorre puntare su «più democrazia». La vice presidente nazionale di Avviso Pubblico, Maria Antonietta Sacco, ha spiegato che tocca agli amministratori che hanno deciso da che parte stare «dare testimonianza, perché non tutti gli amministratori sono uguali» esortando i cittadini ad avvicinarsi alla politica come segno di unità e «per fare squadra». Il referente di Libera per la Pina di Gioia Tauro, don Pino Demasi, ha voluto ricordare «che non è più tempo per stare zitti, tempo di rassegnazione. E’ tempo di parlare e di agire» rispetto alle mafie ed alla malapolitica che «hanno distrutto le nostre comunità».
Il presule ha puntato il dito contro lo spopolamento giovanile «per assenza di stato sociale» e ringraziato magistratura e forze dell’ordine per il prezioso lavoro svolto anche se per debellare le mafie occorre «riappropriarci del noi collettivo, perché la lotta alla mafie non è solo repressione». Un frangente è stato dedicato per un saluto telefonico del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, che ha riferito «che le mafie si possono e si devono sconfiggere per recuperare la nostra dignità» ed anche che «la cultura antimafia dev’essere materia di tutti». Il Procuratore capo di Palmi, Ottavio Sferlazza, per la sua testimonianza ha voluto leggere una lettera privata inviata alla famiglia Impastato «per rendere omaggio ad uno dei tanti eroi civili di questo paese» mentre il Capo della DDA reggina, Giovanni Bombardieri, si è detto colpito dalla determinazione di Impastato di ribellarsi alla mafia «avendo lui scelto di lottare per la legalità anche dei suoi concittadini» e per «la riaffermazione della propria libertà». Bombardieri ha poi spiegato che «non bisogna delegare solo la Procura per la riaffermazione della propria libertà» perché «è con la cultura che si lotta la ndrangheta» aggiungendo che «non è sufficiente essere onesti: occorre anche schierarsi».
“I 100 passi” cantati da Cisco hanno preceduto gli ultimi interventi di Giovanni Impastato e del Prefetto Massimo Mariani. Il fratello di Peppino nel ricordare che «iniziative come questa alimentano la memoria, perché dobbiamo costruire il nostro futuro sulla memoria» ha ripercorso sinteticamente la storia politica e sociale di suo fratello e della sua famiglia fatta di rottura con il passato e con una certa mentalità mafiosa dominante. «Lui ha lottato la mafia anche con l’arma dell’ironia e noi i suoi cento passi li abbiamo riempiti di contenuti» è stata la chiosa finale. Le conclusioni di Mariani si sono condensate attorno al parallelo tra la morte di Aldo Moro e quella di Peppino Impastato, entrambe avvenute il 9 maggio 1978. «Peppino era un sovversivo nel senso che ha lottato contro certi disvalori» ha detto il Prefetto che ha invitato ciascuno a fare «quotidianamente il proprio dovere, senza eroismi» perché anche in questa terra, sull’esempio di Impastato, «occorre fare sovversione».
Alla cerimonia hanno preso parte, tra gli altri, anche il contrammiraglio Giancarlo Russo, Direttore marittimo della Calabria e della Basilicata Tirrenica; il tenente colonnello Andrea Milani, comandante del Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro; Francesco Maria Montanaro, dirigente il Commissariato di P.S. di Cittanova ed il tenente Manuel Grasso, comandante la Compagnia Carabinieri di Taurianova. A margine della serata, spazio anche per l’interessante installazione artistica del giovane talento cinquefrondese Stefano Fiorello.