Cinquefrondi, Conia non passa l’esame del Pd Chindamo, Alì e Galimi in piazza per passare in rassegna l'operato del primo anno dell'amministrazione Conia. Dalla "santificazione della marginalità" all'apertura finale
di Giuseppe Campisi
CINQUEFRONDI – Una analisi molto
critica quella del locale circolo Pd sull’operato del primo anno dei
neo-amministratori tanto da voler scegliere la piazza come luogo di
confronto coi i cittadini per “il dovere di dare risposte ai 1181
elettori che ci hanno espresso fiducia” ha esordito la giovane
democratica Michela Chindamo che ha ricordato la mancata legittimazione
del consiglio comunale quale causa impedente alla presenza della
minoranza piddina bollando come “anno di passerelle” quello della
“deludente” gestione Conia. Anche Maria Lucia Alì, appartenente alla
consulta regionale per la legalità del PD, non è stata tenera con la
nuova classe dirigente cittadina contro cui ha riferito di “slogan sui
social mandati in onda” al solo fine di mascherare una certa indolenza
amministrativa. “Le manifestazioni per la pace – ha detto – vanno
rispettate e condivise e non strumentalizzate sui social anche perché –
ha chiarito puntando il dito contro il primo cittadino – questo sindaco
non è il sindaco di Facebook”. E poi bordate sugli interventi che hanno
riguardato la scuola media e la mensa scolastica ribadendo proprio su
quest’ultimo punto che “i poveri a Cinquefrondi la mensa non l’hanno mai
pagata” anche grazie al fatto che i passati amministratori “non si sono
aumentati le indennità”. Ma spazio anche alle sottolineature inerenti la
tassazione elevata, la cura del decoro del paese ritenuto tra i più
sporchi della piana, sulla trasparenza sul bando per il reperimento del
legale di fiducia (poi revocato) e sulla questione dell’ufficio del
giudice di pace, “carente era e carente è rimasto – ha rimarcato Alì –
perché non c’è autorevolezza nel dialogo con gli altri sindaci” con
chiosa finale sul civico consesso: “il consiglio comunale non dev’essere
scelto dal sindaco ma dal popolo” riferendosi alla strategica dimissione
delle due consigliere elette Sorbara e Manfrida. Il segretario cittadino
Michele Galimi ha parlato di “spettacolarizzazione del nulla e
dell’ordinario in un paese in agonia dove ancora si santifica la
marginalità” passando in rassegna – tra l’altro – il tema delle
periferie “Via Roma? Una giungla!” , il progetto borgo futuro “di cui
non è rimasto nulla”, il settore dei lavori pubblici “ereditati dalle
precedenti amministrazioni”, e molti punti del volantino-rendiconto del
gruppo di Rinascita che Galimi ha bocciato senza appello. “Per rinascere
davvero avremmo bisogno di un terremoto, altro che della politica dei
pannicelli caldi” ha riflettuto il consigliere capogruppo di minoranza
del Pd che ha trattato poi anche la questione tasse “i veri problemi da
affrontare”, il piano incentivi per le attività commerciali in centro
storico “dove c’è un abusivismo da fare paura”, della comunità montana
“che non c’è più”, e dell’ufficio del giudice di pace che potrebbe
riaccendere la speranza di una piccola cittadella giudiziaria a patto di
intessere “una rete di alleanze che non c’è con gli altri sindaci dei
paesi limitrofi” finendo con la questione relativa ai buoni mensa nella
quale “i ricchi sono stati premiati ed i poveri no!”. Quindi l’appello
finale improntato al dialogo: “Rimettiamo i piedi per terra,
fotografiamo la realtà e parliamo con la gente. E’ gravissimo che il
prefetto ci abbia diffidato per non avere approvato il bilancio di
previsione mentre tutt’in torno buona parte degli altri comuni lo hanno
fatto. Noi non siamo settari, chiamateci per aprire una riflessione
unitaria sui problemi del paese”.