Cinquefrondi, Galimi: “Quella di Conia è solo politica-spettacolo” L'esponente democratico contesta in toto le dimissioni del primo cittadino e rimbrotta: «Un buon capitano non abbandona la propria nave in tempesta». Le motivazioni giudicate futili ed incomprensibili
di Giuseppe Campisi
Cinquefrondi – Con la domanda «Come ne esce Conia da questa situazione?» Michele Galimi, capogruppo d’opposizione in consiglio comunale e segretario della locale sezione PD, si interroga sulla nota vicenda delle dimissioni del sindaco. Secondo Galimi Conia si sarebbe infilato in un cul-de-sac tanto quanto basta per aumentare le tensioni ed avvelenare i pozzi in «un paese praticamente isolato a cui non bisognava dare un’onta del genere». La lettura che ne ha ricavato è che le spiegazioni pubbliche del primo cittadino non lo hanno convinto affatto anche perché «un buon capitano – ragiona mutuando la metafora di Conia – non abbandona la propria nave in tempesta». Motivazioni futili ed incomprensibili,contesta Galimi,per problematiche non dissimili a tanti comuni del sud «eppure nessuno ha letto di dimissioni di un sindaco per queste cose, ma non scherziamo…».
La serietà delle istituzioni da preservare di fronte alle “gelosie interne” e la resa dei conti «da tenere nel perimetro della maggioranza» sono stati gli altri cardini del pensiero dell’ex sindaco che ha voluto smontare, una ad una, le dichiarazioni di Conia. «Possibile che questi dirigenti degli uffici comunali siano bravi a giorni alterni e siano capaci solo quando si ottengono risultati che fa comodo sbandierare?» ha proseguito analizzando il presunto impedimento di natura tecnica mentre per la parte amministrativa, legata cioè alla difficoltà di chiudere il bilancio dell’ente per la somma di 25 mila euro, il capogruppo piddino è stato tranchant: «ci sono ancora tante spese superflue ed ottimizzazioni da fare per poter recuperare ampiamente la somma. E loro sanno come fare visto che il bilancio lo redigono ormai da tre anni». La convocazione delle minoranza giunta ex-post «solo a cose fatte» ed un certo vittimismo esasperato da «un modello Rinascita che si dice addirittura voler esportare salvo che non si capisce ancora qual è» sono poi gli altri ingredienti per una scelta che secondo Galimi è stata dettata da un fallimento politico e da una incapacità di ponderarne gli effetti.
«Rinascita non ha vinto elezioni, sia chiaro, perché molti dei suoi dirigenti non sono neanche riusciti a farsi eleggere. La vittoria elettorale è solo merito di Longo, Sorbara, Foriglio e Valentino che hanno portato i voti» spiega chiaramente Galimi andando contro un certo trionfalismo tendente «solo spettacolarizzare la politica»scagliandosi contro inesistenti forze occulte o ricatti. «A me non risulta che Longo abbia mai votato differentemente dalla maggioranza- ha incalzato l’esponente democratico quando le domande vertono sul vicesindaco annotando la durezza delle dichiarazioni di Conia contro il vice e come eventuali dissidi legati ai rispettivi ruoli dovessero essere risolti senza clamore mediatico coinvolgendo, con una forzatura, quelli che definisce “gli ultras” convocati per un confronto presso la sala consiliare – ma quando si registrano incrinature di rapporti importanti e,prima di tutto fiduciari, il sindaco ha tutti gli strumenti per poter intervenire sulla giunta che è di sua competenza. Dire poi ad uno dei suoi che si è preparato la scialuppa di salvataggio è politicamente molto grave ed è cosa su cui non si può sorvolare».
Le dimissioni presentate al protocollo viste come una scorrettezza verso il civico consesso giacché «il sindaco doveva portarle direttamente in consiglio perché questo è un atto grave che riguarda tutti» è il suo giudizio politico non avulso dal fine non conseguito di mantenere compatta la stessa maggioranza certamente sfavorita da un gesto così eclatante ed “irresponsabile”. E mentre incombe lo spettro del Commissario di parla di responsabilità, quelle «che il sindaco si assumerà ancor più quando ritirerà le dimissioni, se ne avrà il coraggio, dovendo trarne le conclusioni, perché a pagare non può essere il paese. Cinquefrondi ha avuto tanti sindaci che hanno fatto sacrifici in silenzio e nessuno ha mai fatto il martire come lui».Una manovra che mal celerebbe il compimento, ad avviso di Galimi, di un mero gesto strategico ad esclusivo interesse del primo cittadino – e non della gente come si sarebbe voluto erroneamente rappresentare -in una sorta di grande contraddizione necessaria a rafforzare la propria rendita di posizione, avendo fatto la prima dirompente mossa, traendo il massimo vantaggio politico possibile dalla spaccatura registrata in maggioranza.