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Cinquefrondi, la Mediterranea Cav a rischio chiusura

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di Giuseppe Campisi   

Cinquefrondi – La Mediterranea Centro Anti Violenza è a rischio chiusura. Lo informa il presidente Emilio Ierace che in una apposita conferenza stampa ha voluto dare contezza dei
nove anni di servizio di una tra le prime struttura del genere in
Calabria, nata nel 2007 con sede presso il centro polifunzionale di Via
Palmara, e sul cui impulso ha visto la luce finanche la legge regionale
n. 20 del 21/08/2007 concernente le disposizioni per la promozione ed il
sostegno dei centri di antiviolenza e delle case di accoglienza per
donne in difficoltà. Un grido d’allarme che ad avviso dello stesso
presidente produrrebbe ricadute nefaste non solo per il territorio di
riferimento ma anche per le tante istituzioni, tribunali in primis, che
si servono dei servizi di accoglienza ed assistenza del centro. “La
Mediterranea Cav eroga servizi di sportellistica, di consulenza, di
assistenza legale e psicologica e, fino a poco tempo fa, anche servizi
di assistenza telefonica attraverso un numero verde che ci è stato
incredibilmente soppresso dalla precedente amministrazione comunale” ha
sbottato Ierace che assicura la reperibilità h24 attraverso la propria
utenza privata e che nel ripercorrere le tappe dei nove anni di attività
non si sa spiegare il mancato riaccredito presso l’ente regionale con
cui chiarisce d’aver peraltro più volte interagito. “Abbiamo stipulato
due protocolli d’intesa. Uno con la provincia e l’altro con il comune di
Cinquefrondi. Con le nostre case rifugio abbiamo dato assistenza ed
accoglienza ad oltre 20 donne vittime di violenze di qualsiasi genere,
da quella domestica a quella mafiosa, ed i nostri professionisti sono
stati più e più volte anche periti di vari tribunali. Abbiamo investito
in professionalità e capacità ed anche in tantissima opera
volontaristica, tutto ovviamente riscontrabile” ha sottolineato sempre
Ierace che non sa darsi pace per l’impasse istituzionale che starebbe
bloccando l’opera della Mediterranea Cav per via di una questione
burocratica legata ad un riscontro regionale sull’operatività del
centro. “Di questa visita abbiamo sempre chiesto il riscontro che ad
oggi non ci è ancora stato fornito” incalza Ierace che sulla questione
teme un pretestuoso cavillo per arginare le positive attività
dell’associazione atteso finanche che altre associazioni
extraterritoriali ne hanno fatto riferimento potendo goderne i servizi.
Sono state oltre 200 le attività svolte spazianti dalla cura di minori
deviati, al bullismo, alla trattazione di violenze domestiche alla
convegnistica oltre alla partecipazione ad attività ludiche e culturali.
“Ora ci troviamo nel pantano – afferma il presidente – pur avendo
stipulato circa 26 protocolli d’intesa con altrettanti comuni”.
L’origine sarebbe da ricondurre al bando regionale del 2013 che ne
avrebbe sancito il non accreditamento e che avrebbe provocato la
mancanza di finanziamenti con disagi a cascata per assistiti e
collaboratori professionali. Anche l’approccio istituzionale con la
nuova giunta regionale targata Pd e con l’assessora regionale al
Welfare, Roccisano, avrebbe vissuto momenti altalenanti con primi
contatti positivi che si sarebbero via via inspiegabilmente congelati:
“Dalla Regione ci chiedono ora addirittura una lettera di riconoscimento
ma noi non abbiamo mai dismesso la nostra attività, neanche per brevi
periodi. Abbiamo dato ospitalità a donne protette dalla Stato ma per la
Regione noi non esistiamo” riprende Ierace che non ha mancato nel suo
ampio ragionamento di sollecitare sulla vicenda l’amministrazione Conia
pungolata in occasione alla recente attribuzione della cittadinanza
onoraria ad Anna Maria Scarfò vittima di violenza di gruppo, circostanza
quest’ultima, ha concluso Ierace, utile a ratificare un freddo incontro
istituzionale tra la governance cittadina e la sua associazione.