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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

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Clamoroso. Fallimento “Alitalia” Il Ministero dell’Economia e delle Finanze condannato dal Tribunale a restituire i soldi agli azionisti di minoranza. Attesi migliaia di ricorsi dei risparmiatori

Clamoroso. Fallimento “Alitalia” Il Ministero dell’Economia e delle Finanze condannato dal Tribunale a restituire i soldi agli azionisti di minoranza. Attesi migliaia di ricorsi dei risparmiatori
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Una notizia a dir poco clamorosa da parte dello “Sportello dei Diritti”.
La nota vicenda del fallimento “Alitalia” giunge ad uno strepitoso quanto atteso
epilogo per gli azionisti di minoranza che vedono condannato il Ministero dell’Economia
e delle Finanze alla restituzione dei propri soldi a loro tempo investiti.A stabilirlo
è il Tribunale Civile di Lecce con sentenza n. 2391/2015 del 14/05/2015, passata
in giudicato, all’esito della causa n. 198/2012 intrapresa dall’avvocato Francesco
Toto nell’interesse degli azionisti di minoranza e dei piccoli risparmiatori incappati
nello scellerato dissesto della vecchia compagnia aerea di Stato.La sentenza è chiara
in punto di fatto e di diritto. Accolta la domanda del capofila dei piccoli azionisti,
il Tribunale ha ritenuto che, sia il danno per protrazione ingiustificata dell’attività
di un’impresa in crisi irreversibile, sia soprattutto il danno da affidamento incolpevole
nelle false dichiarazioni del Ministro dell’Economia e delle Finanze, in qualità
di Presidente del CDA Aliatalia, tutte protese a rassicurare i creditori ed il mercato
circa il salvataggio, il rilancio e il mantenimento della continuità aziendale della
compagnia di Stato, debbano essere risarciti dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze secondo l’articolo 2043 del codice civile, più gli interessi e la rivalutazione.
Un’operazione che vale oggi circa 3,5 miliardi di euro e che è destinata a conseguenze
epocali a danno del MEF per le migliaia di analoghe azioni che potrebbero approdare
nei Tribunali d’Italia, in astratto circa 20.000 (perché tanti sono gli azionisti
interessati).Nel corpo della motivazione troviamo l’encomiabile dovizia di particolari
incontrovertibili del Magistrato del tribunale salentino. Egli ritiene infatti /“…provata
la sussistenza di tutti i presupposti necessari per configurare la responsabilità
del MEF convenuto ai sensi dell’art. 2043 c.c., attesa la prosecuzione dell’attività
aziendale di Alitalia Linee Aeree Italiane SpA pur in mancanza di prospettive industriali
e determinando così l’affidamento incolpevole degli azionisti circa la volontà
dello Stato di sostenere Alitalia e di evitare il fallimento e l’insolvenza della
società./”.La prova offerta dall’avv. Francesco Toto, si legge, “/…è versata
in atti/” e, segnatamente, (proprio!) in Relazioni e Bilanci del Gruppo Alitalia,
nella Relazione del Commissario Straordinario, prof. Avv. Augusto Fantozzi, e in
altra scottante documentazione che non lascia spazio a dubbi: gli azionisti di minoranza
devono essere risarciti perché la compagnia di bandiera non doveva fallire, almeno
così sosteneva il Ministro dell’Economia e delle Finanze oltre a tutti i politici
allora in lotta per la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2008.Che il Governo
Prodi (va rammentato) e ancor di più l’ex cavaliere manifestassero il proprio
appoggio al progetto di salvataggio della Compagnia di Stato si rivelò circostanza
atta a rafforzare il convincimento degli investitori. A sostegno del principio di
omogeneità ed univocità degli intenti di sostenere per poi privatizzare e rilanciare
Alitalia, il premier uscente, d’intesa con il premier in pectore, varò un prestito
cosiddetto “ponte” di 300 milioni di euro, all’espresso fine di evitarne il
commissariamento, creando le premesse per una soluzione alternativa a quella francese.
Come peraltro “pressantemente” imposto dall’ex cavaliere, che divenne poi di
lì a poco Presidente del nuovo Governo anche grazie a questo “cavallo di battaglia”.Senonchè
durante le operazioni e le trattative di vendita ad Air France KLM, il 06 giugno
2008 il titolo Alitalia, con sommo stupore degli azionisti di minoranza, veniva sospeso
dalle contrattazioni in Borsa Italiana per non essere mai più riammesso. In violazione
ad ogni principio e diritto ad avere corrette, precise e preventive informazioni
a tal riguardo dal MEF. Le azioni da quel momento varranno zero.Il famoso “Piano
Fenice” si rivelò da subito un “pasticcio” strumentale, utile a pochi (un
manipolo di imprenditori chiamati a prendersi ad un prezzo irrisorio le parti produttive
della compagnia di Sato) e non certo progettato per salvare la vecchia ma gloriosa
Alitalia. Infatti, il 29/08/2008, con stupefacente sorpresa di tutti, tranne degli
“addetti ai lavori” appunto, il neo Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio
Berlusconi, disponeva l’ammissione di Alitalia alla procedura di amministrazione
straordinaria. Il Governo, dunque in data 29 agosto 2008 nonostante tutto, rinunciò
improvvisamente e definitivamente alla ricerca di un compratore della quota di controllo
avviando la procedura di amministrazione straordinaria contro ogni progettualità
propagandata fino ad allora sia dai vertici della Compagnia (MEF) che dal neo Presidente
del Consiglio di Forza Italia. Tutta questa attività, niente altro che artificiosa
e teatrale messinscena, finì per provocare gravissimi danni non solo agli azionisti
di minoranza, rimasti con un pugno di mosche in mano, ma a tutti coloro che avevano
creduto alla promessa di salvataggio e rilancio della, unica vera, compagnia di Stato:
Alitalia Linee Aeree Italiane Spa.Certo è che oggi è ancora “Pantalone” a dover
pagare. Certo è che senza l’azione promossa da Toto e fortemente sostenuta dallo
“Sportello dei Diritti” di cui è presidente Giovanni D’Agata, che attraverso
i propri legali – per l’appunto Francesco Toto e Francesco D’Agata che ci hanno
sempre creduto – nessun piccolo risparmiatore, azionista e creditore avrebbe oggi
di che sperare nella possibilità di un concreto e sollecito risarcimento.Al riguardo
poi ricordiamo che il 5 dicembre 2013 era stata depositata una pubblica denuncia
dai legali dello “Sportello dei Diritti”, D’Agata e Toto, presso la Procura
della Repubblica del Tribunale di Lecce la quale rimane ad oggi lettera morta forse
perché i vertici dell’Ufficio (prima di questa scottante pronuncia) non avevano
rilevato alcun pubblico interesse ad accertare ulteriori responsabilità penali nella
vicenda. Per opportuna conoscenza di tutto il pubblico ed al fine della massima diffusione,
si trasmette, quindi, copia della sentenza integrale.