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TAURIANOVA (RC), SABATO 30 NOVEMBRE 2024

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Colpo al clan degli zingari di Cosenza: 16 arresti. Quattro sono riusciti a scappare La cosca si era inserita nelle maglie dell'illegalità lasciate libere dopo omicidi e arresti, diventando predominante sul territorio. Contestati diversi episodi di estorsione. I dubbi su una fuga di notizie

Colpo al clan degli zingari di Cosenza: 16 arresti. Quattro sono riusciti a scappare La cosca si era inserita nelle maglie dell'illegalità lasciate libere dopo omicidi e arresti, diventando predominante sul territorio. Contestati diversi episodi di estorsione. I dubbi su una fuga di notizie
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COSENZA – Un’operazione congiunta della squadra mobile e dei carabinieri del nucleo investigativo di Cosenza è stata portata a termine con l’esecuzione di 20 provvedimenti cautelari nei confronti di soggetti ritenuti organici al gruppo criminale chiamato degli “zingari”, attivo nell’area urbana di Cosenza, Rende e Paola.
Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso estorsione e traffico di droga. L’inchiesta è stata coordinata dalla Procura distrettuale di Catanzaro.

Secondo il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, si tratta di «un’operazione che fotografa l’attualità della criminalità cosentina, dopo la lupara bianca di Luca Bruni e la morte di Michele Bruni che aveva lasciato spazi liberi che la cosca degli ‘zingarì ha coperto. Una cosca che stava facendo il salto di qualità, rendendosi potente e mettendosi a livello paritario che quelle storiche di Cosenza».

Il reggente della cosca degli”zingari”, Maurizio Rango, è tra i destinatari dell’operazione condotta da squadra mobile e carabinieri di Cosenza. L’uomo è già stato sottoposto a fermo due giorni fa dagli stessi carabinieri per concorso in omicidio, porto e detenzione di armi e occultamento di cadavere nei confronti di Luca Bruni, scomparso il 3 gennaio del 2012 e non più ritrovato.

Un delitto che, secondo gli investigatori, aveva sancito a Cosenza il «patto federativo» con la cosca cosiddetta «degli italiani», il cui «reggente», Mario Gatto, è stato arrestato la scorsa settimana. Le indagini per la parte condotta dai carabinieri del Reparto operativo di Cosenza e della Compagnia di Paola, hanno accertato
l’esistenza di un’associazione a delinquere di stampo mafioso, attiva a Cosenza, nei comuni vicini e nel basso Tirreno cosentino, denominata «Rango-Zingari», che, pur avendo stretto un patto federativo con altri due sodalizi criminali operanti nella stessa area, ha imposto la propria egemonia, soprattutto per le estorsioni, utilizzando le armi per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche e di appalti pubblici, nonché l’occupazione abusiva di alloggi popolari per rivenderli.

In un caso il legittimo affittuario di un appartamento è stato minacciato di morte per indurlo a lasciare la casa. La squadra mobile di Cosenza, inoltre, ha accertato oltre venti episodi estorsivi nei confronti di imprenditori e commercianti di Cosenza e Rende. Le vittime, dopo essere state minacciate subivano atti incendiari, danneggiamenti con armi da fuoco e percosse. Molti di questi episodi sono stati filmati dalla Polizia di Stato.

Sono stati arrestati anche gli autori di un attentato compiuto nei confronti di una pizzeria di Cosenza. In quell’episodio, che risale al giugno del 2013, gli arrestati spararono ad altezza d’uomo nei confronti di un dipendente del locale. E’ stato accertato anche che in una occasione, gli indagati, forse ispirati dalla filmografia sulla criminalità, hanno accompagnato una vittima, restia a pagare il “pizzo”, al cospetto del capo clan Franco Bruzzese, oggi detenuto ma all’epoca latitante, per costringerlo a pagare.

Estorsioni a commercianti ed imprenditori di Cosenza e Paola sono state accertate anche dai carabinieri. Il titolare di un negozio di autoricambi ha subito almeno 4 intimidazioni. In un caso, gli indagati rubarono un’auto e dopo averla parcheggiata davanti all’esercizio, la incendiarono.

Nell’operazione risultano irreperibili quattro persone, tra cui due boss, mentre anche alcuni indagati in libertà – per i quali non è stata emessa l’ordinanza – avrebbero fatto perdere le loro tracce. Una prima ipotesi di una “talpa” ha lasciato il posto all’ipotesi di una fuga di notizie, così come precisato dai magistrati della Dda di Catanzaro.