Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), VENERDì 29 NOVEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Tempo di streghe Le riflessioni del giurista Giovanni Cardona sul falso garantismo giudiziario

Tempo di streghe Le riflessioni del giurista Giovanni Cardona sul falso garantismo giudiziario
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

Qualcuno afferma che di garantismo si muore.

Ai tempi inquisitoriali della caccia alle streghe, un garantismo codificato determinava la abietta morte di persone certamente innocenti, ma delle quali era stata provata la loro colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Tra il 1400 e il 1700, il vulgo plaudente si recava a vedere incenerire sul rogo ora Antonia, la ragazza di Zardino narrata da Sebastiano Vassalli, ora Caterina de Medici, la modesta popolana venuta a Milano agli inizi del ’600 per fare la serva e divenuta famosa come strega, pertanto torturata, tanagliata e bruciata ovvero «giuridicamente assassinata».

Sulla regolarità processuale, nessuno avanzava remore o dubbi che avvolgevano anche le modalità esecutive della pena, attuata mediante sospensione al curlo per le braccia o divaricazione aposturale delle gambe sul tavolo di tortura, il tutto permeato e dominato da un sentimento oscuro e soffocante, quello della paura, che portò a decisioni crudeli e irrazionali.

Il mito della confessione estorta con l’ausilio della tortura e scaturente nella conclamata colpevolezza non è solo figlia del secolo delle streghe.

Negli anni cinquanta del secolo scorso, a Lionello Egidi “mostro all’italiana”, gli fecero ingurgitare forzatamente un chilo di sale e dopo una notte di inaudita violenza fisica, dinanzi ad un bicchiere ricolmo di acqua, confessò il cruento omicidio della bambina.

Il biondino di Primavalle, in uno squallido spaccato di vita nell’Italia del dopoguerra, fu assolto a causa delle confessioni estorte e ritrattate e di testimoni contraddittori, perdurando ad oggi l’enigma sulla morte di Annarella Bracci.

Certo è impossibile trovare un rimedio onde ottenere confessioni purificate dall’interesse personale e dalla ricerca dell’utilità, ma per converso di garantismo si muore e i codici applicati nelle aule giudiziarie appaiono garantisti per eccesso.

La società paga un prezzo alto per garantire la propria libertà, ed affermare le garanzie che poste a tutela della indipendenza ne dovrebbero costituire il baluardo.

L’errore è inscindibile dall’attività umana, pertanto, se un cittadino onesto si imbatte nella farraginosa macchina giudiziaria, deve essere plasmato e congegnato un processo tale che i canoni di ricerca probatoria propendano quanto più possibile verso la verità.

Per combattere la criminalità o per scoprire prove obiettive d’un delitto basterebbe guardare con maggiore attenzione ai secolari modelli anglosassoni.

Il tempo delle streghe è passato e ogni nostalgia, anche se camuffata con un grido di allarme o con formule di compromesso istituzionalizzate, agli occhi degli operatori del diritto appaiono un assurdo colossale.

“La confessione, estorta tra i tormenti, è l’espressione del dolore, non già l’indizio della verità.” (Francesco Mario Pagano, Considerazioni sul processo criminale, 1787)