Convegno della Cisal sull’importanza del pubblico impiego
redazione | Il 27, Mag 2014
Molte proposte di rinnovamento nel settore
Convegno della Cisal sull’importanza del pubblico impiego
Molte proposte di rinnovamento nel settore
Quale l’attuale funzione dei dipendenti pubblici? Quale il loro futuro?
Queste, in estrema sintesi, le domande che i numerosissimi presenti al convegno Cisal
“Quale il futuro del pubblico impiego?…”, tenutosi lo scorso 23 maggio a Cittanova,
in provincia di Reggio Calabria, si sono poste.
Tanti e molto interessanti i temi trattati, così per come dichiarato anche da parte
del vice prefetto di Reggio Calabria (a cui è stato rivolto un sentito ringraziamento
per la sua qualificata presenza), gradito ospite della serata. Altrettanto numerosi
e tutti molto validi e ben calibrati, sono stati gli interventi dei numerosi dirigenti
sindacali delle diverse amministrazioni e categorie presenti all’incontro, a cui
ha partecipato, con grande piacere proprio e di tutti i presenti, anche Francesco
Cavallaro, Segretario Generale Confederale della Cisal che, nell’esprimere grande
soddisfazione per la qualità degli interventi, ha annunciato la propria intenzione
di farsi portavoce – in modo trasparente, forte e deciso – nei vari tavoli romani,
dei tanti interessanti spunti di riflessione, idee e proposte, emersi nel corso dell’appassionante
dibattito.
In merito ai contenuti di quest’ultimo, appare anzitutto opportuno precisare il perché
di quella data e di quella location, per niente casuale.
Il giorno, come ha ricordato nel richiedere un minuto di silenzio, Raffaele Pinto,
vice segretario generale del Dipartimento Ministeri-Sicurezza e P.C.M. del sindacato
di via Torino, è lo stesso in cui, 22 anni fa, uno strenuo difensore della legalità
e dello Stato, il giudice Giovanni Falcone e, con lui tre uomini della sua scorta
e sua moglie, veniva barbaramente trucidati.
Il luogo, nel profondo sud, in terra di Calabria, una regione che più di altre soffre
perché alle problematiche socio-economiche che attanagliano l’intero Paese, si aggiungono,
formando una miscela tremendamente dannosa per la popolazione locale, quelle ataviche
locali in cui la disoccupazione e la prepotenza distruttiva delle associazioni criminali,
la fanno da padrone.
Ritornando al tema del convegno tanti sono stati i temi trattati nel corso dello
stesso, a partire dai 44 punti della tanto chiacchierata ipotesi di riforma della
pubblica amministrazione.
Innanzitutto – ha evidenziato in apertura del suo intervento Paola Saraceni – è necessario
dire che tra quelli indicati dal ministro Madia e dal premier Renzi, ne manca uno
che, a parere di questo sindacato è il più importante. Lo è a tal punto che, invece
di essere il punto 45, dovrebbe essere il numero 1: quello dei tanto attesi rinnovi
contrattuali.
La Cisal vuole che la P.A. cambi e si trasformi in modo tale da essere il passo coi
tempi e con le attuali necessità di tutti i cittadini, in poche parole che sia più
efficace ed efficiente. Ma vuole entrare nel merito.
Secondo la Cisal è necessario, anzi indispensabile, aprire immediatamente la stagione
del confronto e dei contratti per attuare i cambiamenti, ridisegnare e modificare
regole che non valgono più. D’accordo a misure tese ad eliminare sprechi e privilegi;
basta, però, con i tagli lineari che hanno causato solo danni e si, invece, a criteri
grazie ai quali riuscire ad individuare i veri sprechi da eliminare.
Basta ai criteri di nomina diretta “politica” dei dirigenti pubblici, ma assunzione
degli stessi, come di tutti gli altri pubblici dipendenti attraverso pubblici concorsi.
Si dia vita ad un nuovo statuto che elimini diversità tra i vari tipi di contratti
pubblici; tra un’amministrazione ed un’altra, tra le diverse categorie di dipendenti
pubblici, perché una più forte oggi spunta condizioni contrattuali diverse che comportano
anche enormi differenze stipendiali tra l’una e l’altra e, alle volte, anche tra
dipendenti di una stessa amministrazione. Puntare insomma all’eliminazione delle
anomalie e disparità tra i diversi contratti che spesso generano non solo posizioni
diverse ma anche liti e contrapposizioni tra i vari impiegati.
Poi – ha proseguito il segretario generale del dipartimento ministeri, P.C.M. e sicurezza,
cui hanno fatto eco il suo vice Pinto, quello nazionale Schiavone e il coordinatore
Bertuccio – è necessario precisare alcune cose.
Non è assolutamente vero, anzi, che il numero degli impiegati pubblici è molto alto.
Rispetto a tanti altri Paesi d’Europa, sono anche pochi.
Semmai è decisamente alta, se non addirittura la più alta d’Europa, l’età media dei
nostri pubblici dipendenti. tanto da lasciar supporre che nel giro di pochissimi
anni, costituirà un serio problema. Per scongiurare tutto ciò, è necessario rivedere
il blocco del turnover perché eliminare tale barriera consentirà da un lato l’immissione
in servizio di tanti qualificati giovani di cui presto – come anzidetto- ci sarà
un gran bisogno e, dall’altro, la riduzione del sempre più grave problema della dilagante
disoccupazione giovanile e non. Semmai, si può discutere della loro distribuzione
geografica e settoriale. Per ovviare a ciò potrebbe essere opportuno fare dei concorsi
presso la funzione pubblica – quando non addirittura a livello europeo – perché la
funzione dello stato deve essere univoca e non frammentata.
Superando l’idea dello Stato parcellizzato, si potrebbero svolgere i concorsi “unici”
tenendo conto delle esigenze dei vari settori della P.A. a livello regionale per
evitare, poi, le tante richieste di mobilità oggi presenti.
Così facendo si potrebbero far confluire i qualificati giovani neo assunti là dove
c’è più bisogno, dove maggiori sono i carichi di lavoro, e dove migliore potrebbe
essere la specializzazione rispetto al lavoro da svolgere.
Come anzidetto, molti gli argomenti analizzati. Tra questi, il dilagante precariato
nella scuola, dove sarebbe opportuno stabilizzare tutti questi docenti per far vivere
loro una situazione lavorativa più serena che porterebbe anche ad un maggior rendimento
a parità di spesa per lo Stato.
La grave carenza di personale nella giustizia, dove a ben guardare molto di più degli
ottomila posti sinora ipotizzati – tra poco gravissime se si considera l’età media
degli impiegati in quel settore e l’enorme carico di lavoro pro-capite – sono le
carenze di personale, da sanare con estrema urgenza se si vuole veramente far ripartire
la macchina giudiziaria italiana, iniziando dalla revisione dell’ordinamento professionale.
Gravi carenze di personale, anche qui da sanare con la maggiore rapidità possibile,
nel campo sanitario, la cui situazione è ulteriormente peggiorata con la cessione
della sanità penitenziaria.
Tutto il sistema sanitario nazionale andrebbe rivisitato. Non è possibile proseguire
oltre con le attuali interminabili attese a cui i cittadini sono oggi costretti a
sottostare prima di ricevere la prestazione sanitaria di cui necessitano. Situazione
analoga di difficoltà e carenze vi è nella previdenza. In quest’ultimo settore vi
è anche la necessità di risolvere al più presto la gran confusione che si è generata
a seguito dell’accorpamento inps-inpdap e con l’assommarsi dei vari servizi già preposti
ai due enti prima dell’unificazione.
Gravissima è la situazione delle carceri italiane che, come abbiamo avuto modo di
dire più volte, non si può risolvere né con l’indulto, né con l’amnistia. Così come
non si risolve con la sorveglianza dinamica, ultima trovata in puro stile fantasioso
all’italiana, in base alla quale per non far stare i detenuti in un’angusta cella
di 3 metri quadrati, li si fa stare in mezzo ai corridoi, con tutti i rischi che
ne conseguono considerata l’insufficienza del personale penitenziario. Tale artificio,
non risolve il problema del sovraffollamento carcerario ma servirà, nella migliore
delle ipotesi, soltanto a non incorrere nelle pesanti sanzioni dell’Europa. Ci vuole
semmai un piano ben congeniato che preveda la possibilità di far scontare la pena
comminata – alla fine dei tre gradi di giudizio – ai detenuti stranieri nel proprio
Paese d’origine, ma non solo.
Altrettando importante e da risolvere è la inopportuna differenziazione contrattuale
ed economica, a mò di “figli e figliastri”, esistente tra i vari dipendenti dell’Amministrazione
Penitenziaria. Qui, operatori che interagiscono fianco a fianco, si vedono attribuire
importanza e stipendi differenti, a seconda del contratto a cui appartengono, pertanto
la Cisal chiede l’istituzione del ruolo tecnico del personale penitenziario.
A conclusione dell’interessante giornata di lavori, l’intervento di Franco Cavallaro,
Segretario Generale del sindacato di via Torino che, ha tenuto ad evidenziare che
tante e il più disparate possibile sono le problematiche nei vari settori della P.A.
emerse durante l’incontro. Cosa hanno fatto sinora – ha chiesto retoricamente alla
platea Cavallaro – gli ultimi governi per risolverle? Nulla o quasi. Si sono affannati,
unicamente (rimane da capire se per incapacità o scientemente) a delegittimare il
ruolo del sindacato e ad accentuare le differenze esistenti tra i vari settori pubblici
e tra i dipendenti, mettendoli l’un contro l’altro, secondo una logica del “dividi
et impera”, al fine di governare meglio i processi di smantellamento della Pubblica
Amministrazione.
È chiaro che si sarebbe dovuto – o meglio si deve – partire dall’affrontare i problemi
esistenti settore per settore, anziché sparare slogan ad effetto contro i dipendenti
dei vari ministeri, poi contro quelli del parastato e cosi via, fino agli enti locali
di più basso livello.
Facile individuare “ad occhio e croce” 80mila su 300mila complessivi dipendenti tra
ministeri e parastato, visto e considerato che non è possibile toccare Scuola e Sanità,
perché già messi molto male.
Perché non pensare di tagliare le circa 360mila consulenze assegnate nel pubblico,
affidando invece quei compiti ai tanti bravi funzionari pubblici presenti nelle varie
amministrazioni.
Perché si parla , ora, di un certo tipo di contratto unico? Non certo per agevolare
i dipendenti pubblici ma, semmai, si tratta molto più semplicemente di un secondo
tentativo di eliminare i sindacati autonomi, dopo il fallimento del precedente fallito
tentativo operato da Brunetta, con l’ipotesi d’istituire solo 4 comparti.
A che serve il piano Cottarelli?
Anzitutto – ha affermato il vertice Cisal – è necessario analizzare il perché della
presenza di un super commissario per attuare la spending review che costa ai contribuenti
italiani – tra i quali gli ottantamila circa dipendenti statali a suo dire in esubero
– ben 700 euro al giorno. Era proprio necessaria questa presenza? Dell’individuazione
dei tagli mirati – e non lineari – da fare nei diversi ambiti pubblici, non potevano
– o meglio dovevano – occuparsene i ministri e sottosegratari deputati a ciò? Ed
insieme a loro, non dovevano occuparsene i vari strapagati manager ed alti dirigenti
pubblici ? Perché, invece di vessare sempre più i dipendenti statali , tra i pochi
a pagare fino all’ultimo centesimo le tasse, non si individuano i veri sprechi? A
che cosa servono quella miriade di Enti pubblici, pesanti carrozzoni dal notevole
costo, che non svolgono – se non del tutto sporadicamente – alcun ruolo di pubblica
utilità? Ad esempio – ha chiosato Cavallaro – a cosa serve l’Aran, dal momento che
i contratti pubblici di cui dovrebbe occuparsi non vengono più rinnovati da alcuni
anni e non lo saranno – secondo le previsioni del governo – fino al 2018 o 2020?
Non sarebbe opportuno dismetterlo immediatamente ed utilizzare tutti i soldi così
risparmiati per sgravi fiscali o rilancio dell’occupazione? Quante persone possono
essere assunte ad esempio con i soli circa 200mila euro risparmiate se non ci fosse
il presidente dell’Aran? E quanto con i risparmi ottenuti non pagando i vari consiglieri
e dipendenti di questo Organo?
E l’elenco potrebbe essere molto più lungo.
Concludendo, per risolvere veramente le problematiche esistenti è fondamentale dare
il proprio contributo con fattive proposte di cambiamento ed idee, oltre alla solidarietà
vera tra lavoratori appartenenti a diverse categorie e settori.