Crisi Governo, non è chiaro quanto l’operazione in atto convenga politicamente al PD Al netto di essersi tolta una pietra dalle scarpe nei confronti di Renzi
Di Bruno Morgante
A meno che non si pensi che scopo della attività politica sia solamente andare al governo ad ogni costo e rimanervi attaccato perchè fuori dal governo non ha senso l’attività politica, sicuramente Renzi e i suoi di Italia Viva hanno commesso un grande errore.
Purtroppo ci sono molti italiani che pensano così, anche per lo spettacolo deludente e trasformistico che da decenni dà la politica.
Quelli che invece ritengono che la politica è tensione morale, impegno civico, visione della società e del futuro da costruire con progetti da realizzare e scelte da compiere arrivando al governo, in cui stare solamente se si possono realizzare in tutto o in parte quei progetti, altrimenti è solo occupazione del potere e turlupinare il popolo per inseguire interessi privati, per costoro Italia Viva ha fatto la scelta giusta per essere credibile nelle sue battaglie e per non essere complice dell’immobilismo del governo di cui faceva parte.
Sono purtroppo di meno ma ci sono, spesso rifugiatisi nell’astensione per la delusione e per l’insufficienza dell’offerta politica, spesso molto omologata.
C’è un’altra parte, appartenente ad entrambe le categorie, che parte dal suo giudizio sulla persona, indipendentemente dei fatti, i quali sono come i tifosi nel calcio, ai quali interessa solo la vittoria della sua squadra, da perseguire con ogni mezzo.
Andiamo ai fatti.
Questo governo di fatto ha esaurito la sua missione già a Gennaio, quando aveva ottemperato agli impegni programmatici che ne avevano legittimato la nascita dovuta alla cosiddetta mossa del cavallo di Matteo Renzi, dopo l’autogol di Matteo Salvini, che aprì la crisi del governo gialloverde al Papeete, per andare ad elezioni anticipate e assumere pieni poteri:
1) evitare la formazione di una maggioranza antieuropea e sovranista che si accordasse con i movimenti similari in Europa. Il cambiamento di linea in termini euroepisti del M5S, che, sull’altare della nuova maggioranza, ha votato a favore di Ursula Von Derlaien, presidente della commissione europea, risultando determinante per vincere sui sovranisti e sulle forze antieuro, da solo giustifica la nascita del governo;2) la sterilizzazione automatica dell’aumento dell’IVA al 25%, pericolosa in una situazione in cui faceva capolino il ritorno della recessione in economia, perchè avrebbe contratto ulteriormente i consumi, innestando una spirale negativa pericolosa, dato che il paese ancora non si era completamente ripreso dalla pesante recessione che aveva colpito il paese dal 2008 al 2013.
A quel punto era necessario rifare un nuovo accordo politico programmatico per il futuro, per rilegittimare e dare obiettivi e anima alla maggioranza.
Purtroppo, inseguito per un anno, questo accordo non solo non si è riusciti a farlo, ma era diventato chiaro che veniva osteggiato dal presidente.
In un primo momento perseguito anche dal PD, l’interesse a un nuovo accordo politico programmatico gradualmente andò scemando in termini inversamente proporzionale all’avanzamento del progetto di alleanza strategica con il M5S.
L’ultima speranza, dopo il tentativo di colpo di mano sui fondi UE era aprire una crisi per costringere la maggioranza a ricontrattare in termini politici e programmatici lo stare insieme, presentando le dimissioni dei membri del governo di Italia Viva.
In questa fase, di propaganda, non interessa analizzare l’atteggiamento della maggioranza, del PD in particolare, sul perchè, invece di lavorare per rilanciare la maggioranza sulla base di un rinnovato impegno, ha preferito rimanere schiacciato su Conte e liberarsi di Italia Viva.
E’ un fatto che, intanto, bisogna essere grati a Italia Viva, quantomeno perchè:
1) ha contrastato in ogni modo l’immobilismo e la deriva giustizialista del governo con proposte osteggiate e dileggiate all’inizio, in parte fatte proprie dopo;
2) è riuscita, grazie al lavoro della ministra Bonetti, a far approvare l’unica riforma strutturale che questo governo ha fatto e che è il familiy act, progetto di misure per sostegno alle famiglie, presentato ad ottobre alla Leopolda, che prevede l’assegno unico per i figli, che partirà da questo anno;
3) la ministra Bellanova ha garantito il funzionamento senza sbavature della filiera del sistema agroalimentare italiano, aumentando anche le esportazioni e, a costo di dure battaglie con il M5S, che difendeva il decreto sicurezza varato con Salvini, che aveva reso invisibili centinaia di migliaia di immigrati irregolari, è riuscita a fare approvare una legge sulla regolarizzazione degli immigrati, anche se ancora farraginosa nella sua applicazione, per i paletti voluti dal M5S, per farli emergere alla luce del sole, poter avere un rapporto di lavoro regolare, poter affittare un alloggio, poter usufruire delle utenze domestiche come tutti i domiciliati. Al di là delle difficoltà che stanno affrontando gli immigrati che lavorano in agricoltura, Il dato culturale di fondo di questa legge è la conquista civile, che gli immigrati non sono una minaccia, non sono schiavi da sfruttare, ma una risorsa e delle persone da rispettare;
4) avere bloccato il 9 Dicembre il tentativo di colpo di mano sul recovery plan , che sarebbe costato moltissimo al Paese. Per l’importanza che ricopre questa azione politica è bene chiarire il tutto:
Alle due ministre di Italia Viva, Elena Bonetti e Teresa Bellanova alle due di notte del 9 Dicembre arriva un testo su cui deliberare la mattina dopo al consiglio dei ministri.
Si trattava di un emendamento all’art. 184 della legge di bilancio in discussione alla camera contenente il recovery plan, con la gestione delegata a una task force formata da tecnici alle dirette dipendenze di Conte e la creazione di una fondazione, al servizio di Conte, per la gestione dei servizi segreti. All’inizio della riunione apparì chiaro che nessuno dei ministri aveva letto il testo, ma tutti erano disponibili a votarlo perchè era urgente.
Questo significava che il recovery plan e l’affaire dei sevizi segreti, fatto delicatissimo, sarebbero diventati legge senza nemmeno dibattito in maggioranza e in parlamento, in quanto con la presentazione dell’emendamento sarebbe stata posta la fiducia sulla legge, bloccando il dibattito.
Le ministre di Italia Viva, che avevano studiato il testo, anche se pervenuto sette ore prima, si sono ribellate sia per il metodo, sia per il merito del contenuto recovery plan e per il colpo di mano sui servizi segreti, senza averne mai discusso prima.
La Bellanova, capodelegazione di Italia Viva nel governo, ha chiaramente avvertito che, se quell’emendamento fosse stato approvato a maggioranza dal cdm, Italia Viva avrebbe votato contro la fiducia e poi avrebbe votato contro l’approvazione della legge di bilancio causando la caduta del governo. A quel punto si bloccò tutto.
Le ministre furono categoriche; “Il recovery plan’ definirà la vita degli italiani per i prossimi 30 anni, quindi deve avere una visione e va rifatto, ed è al Parlamento che il governo deve rendere conto. La regia di questo progetto deve essere in mano al governo non a tecnici”.
Il progetto nel merito prevedeva una spesa intorno a 150 miliardi su 209 in dotazione all’Italia, di cui 81, 8 miliardi a fondo perduto e 127, 4 a prestito garantito dalla UE.
La parte a fondo perduto era impegnata, per la stragrande maggioranza, in sussidi, bonus, assunzioni nella pubblica amministrazione, studi, ricerche e pochi fondi per investimenti produttivi, per i servizi principali, sanità, scuole, trasporti.
Della parte a prestito si utilizzavano soltanto 66 miliardi per finanziare progetti esistenti di infrastrutture, già finanziate (quelli del famoso piano shock per l’Italia, presentata a Gennaio da Italia Viva) spostando la copertura sui nuovi fondi europei, conseguendo un buon risparmio sugli interessi.
Emergeva con chiarezza che il governo rinunciava complessivamente ad una utilizzazione per investimenti dei fondi UE e ad impegnarsi per investire sul futuro possibile dell’Italia, mentre ribadiva il no a richiedere i fondi del MES per la sanità, anche se è evidente che l’Italia ne ha un grande bisogno, specialmente, ma non solo, nel Mezzogiorno.
Il progetto venne ritirato e si aprirono consultazioni per rimodularlo.
Italia Viva mandò un documento con le proprie proposte e i propri rilievi alla bozza avuta.
Bisogna essere grate alla competenza, etica del lavoro e della responsabilità nell’assolvere al loro compito di queste donne, se il nuovo progetto, su cui le ministre si sono astenute, perché ancora insoddisfacente, compreso il no ribadito sul MES, è comunque di molto migliorato.
Il giorno dopo le ministre e il sottosegretario Scalfarotto si sono dimesse.
Prima ancora delle dimissioni delle ministre e del sottosegretario di Italia Viva, preannunciate da tempo quale soluzione per forzare le mancate risposte, il presidente del consiglio, con l’appoggio degli altri membri della maggioranza, da un mese almeno, dal 9 Dicembre, aveva iniziato la caccia ai “responsabili”, per sostituire nella maggioranza i voti di Italia Viva, sfruttando l’ansia di molti senatori dei partiti di centro e di Forza Italia di non venire rieletti in caso di elezioni anticipate, anche per effetto del taglio dei parlamentari (il trasformismo ha connotato la vita parlamentare italiana sin dalla sua nascita).
Ognuno tiene famiglia.
Appena presentate le dimissioni, il presidente Conte, nella piazzetta, mentre usciva dal bar, dichiarava ai giornalisti che aveva accettato le dimissioni e che mai avrebbe piu’ fatto maggioranza con Italia Viva e che sarebbe andato in parlamento per chiedere la fiducia.
Dalla dichiarazione si capiva che il presidente era fiducioso sul fatto di avere trovato i “responsabili”.
A seguire hanno ripetuto lo stesso concetto tutti i leader dei partiti di maggioranza: mai più con Renzi.
Per Italia Viva, avendo assolto il suo compito verso il paese con la nascita del governo, avendo ricercato con assiduità il rilancio politico programmatico che desse un significato allo stare al governo, avendo comunque lavorato con impegno verso il paese, anche se spesso, insieme al suo leader Matteo Renzi, attaccati, sbeffeggiati, denigrati, quali cercatori di posti, di visibilità, se Conte sarà riuscito nel suo intento, senza rancore, come ha detto Renzi e riconoscendo la legittimità costituzionale del risultato, essendo in una repubblica parlamentare, Italia Viva ne prenderà atto e si collocherà all’opposizione per continuare con maggiore libertà il proprio lavoro politico.
Bisognerà capire quanto tutta l’operazione sia convenuta al PD, al netto di essersi tolta una pietra dalle scarpe dovuta alla scissione di Renzi, fatto che in politica lascia sempre strascichi.
E’ giusto però stigmatizzare alcuni comportamenti che in questi giorni imperversano nel sistema del’informazione, dai social, alla stampa, alle televisioni.
Molti, giornalisti, politici, frequentatori dei social parlano di crisi al buio in termini di attacco e denigrazione di talia Viva turlupinando il popolo con menzogne, forse da parte di partiti per giustificare la propria connivenza con il presidente Conte, nascondendo le proprie intenzioni.
Da tempo era chiara l’insofferenza di Italia Viva per l’immobilismo del governo e da almeno un mese, dalla presa di posizione delle ministre sul tentato colpo di mano sul recovery plan, era stato esplicitato che ormai o si cambiava o Italia Viva avrebbe ritirato i suoi ministri, tanto è vero che era diventato un tormentone se Renzi avrebbe fatto la crisi o sarebbe ritornato indietro e tutta l’informazione registrava che il presidente Conte si dava da fare per trovare “responsabili”.
Così come è un imbroglio o falsa propaganda continuare a ripetere che è da irresponsabili fare la crisi in piena pandemia, in quanto il pericolo maggiore è l’immobilismo che porterà il paese nel baratro, inoltre Italia Viva ha sentito la necessità di assicurare che voterà in parlamento sia il decreto ristori, la proroga ella cig, lo scostamento di bilancio per andare incontro ai lavoratori ed esercenti che pagano un prezzo altissimo alle misure anticovid, sia il recovery plan per garantire all’Italia di poter incassare l’anticipo da parte della UE di 20 miliardi, per cui non procurerà nessun danno al paese per scadenze da onorare.
Lunedì Conte andrà alla camera e Martedì al senato per chiedere la fiducia.
Se è vero che Conte avrà trovato al senato un numero sufficiente per rimpiazzare i voti di Italia Viva nascerà il Conte III o può darsi che continuerà il Conte II coprendo i tre posti nel governo lasciati liberi da Italia Viva, come sucesse a Berlusconi quando se ne andò Fini e Berlusconi riuscì con Razzi, Scipoti e altri “responsabili”ad ottenere la fiducia dai due rami del parlamento e non si dimise nelle mani di Napoletano.
Se Conte non dovesse ottenere la fiducia, dovrà recarsi dal presidente della repubblica che prenderà in mano la crisi e, sentiti i capigruppo, conferirà un incarico ad altro personaggio e tutto sarà da riscrivere.
Bruno Morgante