Cronaca di un arresto annunciato Riflessioni del giurista blogger Giovanni Cardona sulla spettacolarizzazione degli arresti
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le tecniche di estorsione della verità, attraverso l’abuso di provvedimenti coercitivi, vagliati come strumenti di pressione psicologica funzionali a stanare dalla mente e dalla sofferenza dell’inquisito la verità costruita artificiosamente o snidare tra gli anfratti celebrali lesi dal regime carcerario la chiamata in correità.
Conformemente all’ideologia inquisitoria, in base alla quale il processo è uno strumento di produzione e non di solo accertamento della verità, la confessione dell’imputato costituisce l’esclusivo grimaldello avallante i fantasiosi teoremi requirenti, rendendo di fatto, dinanzi ad un giusdicente, caduche le prove elette dai codici e le argomentazioni accuratamente stilate dal curiale patrocinante, in netto oltraggio alla avverabile visione tecnica di punti di vista alternativi.
La verità viene prodotta in luogo del codicistico accertamento, attraverso la sostituzione dei principi giuridici con tecniche che rimandano alle metodologie inquisitoriali utilizzate dal gran persecutore spagnolo Tomás de Torquemada, il quale sviluppando la sua istituzione con zelo implacabile e spietato fanatismo, sparse il terrore della “Leggenda nera” in tutto il Paese.
La carenza di una rigorosa e scientifica metodica nella ricerca della verità, viene supplita dalla padronanza e dal dominio sull’inquisito, corroborata da ricatti legali o blandizie, attraverso una studiata strategia che parte:
– dall’abuso del processo, degradato a perfetto strumento di controllo sociale, invadente eterogenei settori della pubblica amministrazione, ove il terrore indotto dal tintinnio di schiavettoni, ceppi o ferri, induce molti sindaci a deliberare col parere preventivo dell’organo requirente locale;
– dalla restaurazione di un nuovo sistema inquisitorio con piglio torquemadiano, realizzato attraverso un legame organico tra l’apparato giudiziario e l’ideologia partitica unica;
– dalla spettacolarizzazione degli arresti o delle violate informazioni di garanzia, accrescenti la potenzialità distruttiva e devastante dell’apparato repressivo nei confronti dell’inquisito, serrato ante-processo nella gabbia d’acciaio della gogna elettronica propagandistica massmediale.
I problemi della giustizia non possono essere risolti con l’ausilio di virtù interpretative personali del giudice di turno, il quale potrebbe con i suoi enunciati vincolanti sovvertire o impedire il formarsi di contrappesi democratici all’interno del sistema costituzionale, ma solo con il sussidio istituzionale di validi controlli endoprocessuali, che nel quadro di un equilibrato sistema di poteri ne bilanci e garantisca l’imparzialità del giudizio.
Basta, pertanto, all’emergenza permanente, in virtù della quale si esige che lo standard morale dei cittadini e dei governanti debba essere risolto da una sorta di “eugenetica istituzionale” o da un “controllo educativo di stampo giudiziario” praticato su una società disciplinare alla Michel Foucault.
Parafrasando Michel Foucault “La libertà di giudizio (ndr coscienza) comporta più rischi dell’autorità e del dispotismo. (Foucault Michel, Raymond Roussel, Editore Cappelli Anno 1978)