Dalla trincea vi scrivo… Riflessioni del blogger giurista Cardona su un archetipo di guerra silenziosa
Perché dalla trincea. E’ semplice.
In ogni guerra degna di essere chiamata tale, i combattenti hanno diverse dislocazioni. Ci sono gli strateghi che combattono a tavolino. C’è chi appronta i mezzi logistici, c’è chi rimane nelle retrovie, chi si muove all’assalto con la cavalleria, chi guida la battaglia con i mezzi militari frantumando uomini e cose e, infine, chi, come avvocato, difende i confini del suolo patrio nella trincea.
Con tutto ciò che la trincea sta a significare: privazioni, logorio fisico e morale, disagi, abbrutimento.
Sofferenze tutte che ricevono una sublimazione solo quando c’è l’azione, quando si esce dalla trincea nell’azione eroica lanciando la stampella contro il nemico soverchiante per uomini e mezzi o quando si subisce l’attacco delle truppe nemiche e, corpo a corpo, si contrasta l’avanzata immolando anche la vita, nella strenua difesa di qualcosa che non è semplice possesso materiale, ma ideale di vita e valore.
Nella guerra che quotidianamente l’avvocatura combatte per la difesa della civiltà del diritto sono tanti gli avvocati costretti in trincea, male armati e altrettanto male equipaggiati ed il diuturno sacrificio è silenzioso, non ha spettatori e platee, e solo nella battaglia in aula ci si sente appagati e realizzati.
Uscendo dalla metafora intendo affermare come gli avvocati operino e svolgano la professione in condizioni ambientali disastrose, oppressi ed angariati dal fisco, mortificati dalla disorganizzazione e dal disfunzionamento della Pubblica Amministrazione, alle prese con riforme schizofreniche e con una produzione legislativa caotica e di cattiva fattura, volutamente incomprensibile e confusionaria.
Ebbene, in questa trincea un avvocato privo di tutele e garanzie, viene attaccato, vilipeso in pubbliche udienze e pesantemente criticato da appartenenti all’ordine giudiziario senza che nessuno ne tuteli il valore, l’appartenenza e la dignità.
Si riscontrano a volte solitarie note di risposta, permeate da gretto formalismo e limitate ad esprimere una ipocrita solidarietà avulsa da un concreto agire.
Non si può combattere fianco a fianco con chi non sa far rispettare la disciplina, perché la omissione della dovuta vigilanza sulla disciplina è già disfattismo!
La prevaricazione nell’ordine giudiziario non viene sanzionata ed un manipolo di uomini si arbitra di esercitare il proprio potere innalzando i sostenitori e stroncando chi dissente.
Converrebbe, a questo punto, ripiegare nella trincea non prima d’aver lanciato un appello ai Soloni stalattitizzati nei palazzi, dove le regole fatte per tutti valgono solo per alcuni.
Noi della trincea paghiamo ogni giorno per l’osservanza di queste regole e non rivendichiamo medaglie o attestati di benemerenza, non vogliamo privilegi, ma vogliamo solo che ci si lasci vivere liberi e con la consapevolezza e la dignità di lavorare assieme agli altri per una comune civiltà giuridica, che abbiamo ereditato dai nostri padri e che vogliamo tramandare intatta ed incontaminata ai nostri figli.
Perché la Giustizia trionfi e con la Giustizia la Verità e l‘Amore e non la fazione e l’odio.