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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 27 NOVEMBRE 2024

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Dallo Stato di Diritto allo Stato di Disastro (Giudiziario) Le riflessioni dell'avvocato Cardona su alcune inutili riforme giudiziarie

Dallo Stato di Diritto allo Stato di Disastro (Giudiziario) Le riflessioni dell'avvocato Cardona su alcune inutili riforme giudiziarie
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Una figura introdotta nell’ordinamento processualpenalistico italiano per sostituire quella del giudice istruttore è stata quella del giudice per le indagini preliminari (cosiddetto GIP), soggetto del procedimento penale italiano che interviene nella fase delle indagini preliminari, a garanzia della legalità delle stesse, esercitando dunque una giurisdizione di garanzia.

In quest’epoca alessandrina, in cui viviamo, dobbiamo ringraziare la Provvidenza non certamente il Ministero della Giustizia!

Infatti, molti veterani e decani del foro, avrebbero voluto tornare al vecchio, collaudato e storico Codice Rocco pregno di garantismo inquisitorio che essere raggirati dal rito accusatorio.

Il giudice delle indagini preliminari, che nella formulazione preparatoria dei lavori parlamentari doveva risolvere in melius, con una maggiore speditezza il processo penale riformato, garantendone la possibilità di filtrare una pletora inane di giudizi e conseguentemente precludendone la possibilità di far varcare i meandri dibattimentali al maggior numero di processi, dopo qualche lustro operativo si è dimostrato fallimentare.

Nelle udienze domina incontrastato l’art.425 del codice di procedura penale, dove per non rinviare a giudizio deve risultare evidente che il fatto non sussiste o che il reato non è stato commesso o che non costituisce reato ecc.

Questa lapalissiana “evidenza” ha mero valore interpretativo, perché oltre ad essere sottoposta all’egida a volte moralmente condizionata dall’omologo giudice requirente, non riesce quasi mai ad assurgere al livello di “insufficiente evidenza” paragonabile al vecchio concetto di “insufficienza delle prove”.

In queste condizioni procedimentali, i processi dopo le indagini del pubblico ministero arrivano sovente all’udienza dibattimentale anche a distanza di un anno, con un abbattimento poco filtrante che rasenta percentuali bulgare del 90%, cagionando ingorghi dibattimentali dinanzi al successivo giudice giudicante.

Ma mentre l’insufficienza di prove di ieri, conduceva all’assoluzione, la “insufficienza evidenza” di oggi che il fatto non sussiste non proscioglie.

Ma è uno dei tanti problemi che affliggono il pianeta marziano della giustizia.

Il dibattito è stucchevole e torna, ciclicamente, il tema della riforma della giustizia, viziato in partenza dal sospetto che a stimolarlo siano interessi di parte, addirittura ad personam, più che il tentativo di rispondere al diffuso e legittimo malcontento dei cittadini.

E si arriva alla paralisi che mantiene in essere lo status quo insopportabile di una casta di magistrati padroni del vapore e, di fatto, autoreferenziali ed impunibili.

Ma non è mai lecito generalizzare in una realtà anche costituita da tanti magistrati probi ed onesti che, nel disastro organizzativo e strutturale di un’amministrazione che non ha più nemmeno la carta per le fotocopie, continuano con enormi sacrifici personali a compiere manovre di bolina per raddrizzare la barca ormai prossima all’autoaffondamento.