Dev’essere risarcito il dirigente se il datore gli fa mancare personale e mezzi Liquidato il danno biologico al dirigente che subisce l’ostruzionismo dell’azienda
Un’innovativa decisione in materia di mobbing arriva dalla sezione lavoro del Tribunale
di Velletri.
La novità rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,
sta infatti, nella circostanza che la questione riguarda un dirigente penalizzato
dall’azienda che gli fa mancare uomini e mezzi necessari per lo svolgimento delle
sue mansioni. È La sentenza 1276/15, del giudice monocratico Giulio Cruciani ha
accolto il ricorso di una manager che aveva subito una serie di trasferimenti di
cui uno ritenuto illegittimo perché disposto senza dare il preavviso e sentire l’interessata
(e i sindacati).
Per il giudice, tuttavia non è di per sé da ritenersi sfavorente il fatto che il
dirigente sia spostato in una sede più piccola: la decisione datoriale potrebbe
essere dovuta dalla esigenza di trasferire un lavoratore esperto in una struttura
che ha problemi per risolvere le difficoltà. Anche se nella fattispecie non è così.
Accade, infatti, che non appena la dirigente prende posto nel nuovo ufficio, l’approvvigionamento
dei mezzi necessari per lavorare diventa insufficiente. Tutto ciò è confermato
dai testimoni che sostengono che prima del trasferimento del nuovo capo non vi erano
queste difficoltà. In buona sostanza, per il togato è l’azienda a sgambettare
la manager ormai sgradita, non dotandola del personale sufficiente per svolgere il
servizio.
E’ lo stesso giudice a sostenere che il comportamento del datore risulta «ostruzionistico
e defatigatorio», mentre la direzione dell’azienda evita i contatti personali
e perfino telefonici con la dipendente, che tuttavia «continua a prestare servizio
con impegno».
Il comportamento datoriale, peraltro, è stato foriero di conseguenze sulla salute
psico-fisica della dipendente tanto che il consulente del giudice ha accertato che
il mobbing ha determinato sulla donna un danno biologico permanente di natura psichica
pari al 15 %, stabilendo così un risarcimento di 25 mila euro – oltre alle spese
di causa – in virtù delle tabelle di Roma, preferite a quelle di Milano dal tribunale
laziale perché «consentono una migliore personalizzazione del danno sotto il profilo
sociale e territoriale». Nel liquidare la suddetta somma, il tribunale ha rilevato
che la dirigente all’epoca dei fatti era prossima ai sessant’anni e aveva l’incarico
di direttore di sede operativa, vale a dire un livello tale da permetterle di superare
il disagio lavorativo cagionato dall’illecita condotta del datore.