Diritti dei detenuti. Arriva il rapporto del Comitato Prevenzione tortura del Consiglio d’Europa Una stangata (prevista) all’Italia: carceri sovraffollate e troppi maltrattamenti. Il documento arriva dopo il sopralluogo dell'aprile del 2016. Lo “Sportello dei Diritti”: colpa dell’abuso della carcerazione preventiva e del (troppo) scarso utilizzo delle misure alternative
Arriva anche dall’Europa la prevista strigliata sulla situazione carceraria italiana.
Un vero e proprio dramma che incide sulla tutela della dignità umana di chi si trova
detenuto e sul quale gli strumenti e le misure sinora adottati si sono rivelate del
tutto inefficaci. A dare risalto e a fotografare il fenomeno del sovraffollamento
eccessivo delle carceri – che sfugge a gran parte di un’opinione pubblica sempre
più pronta a fustigare e a crocifiggere senza avere cognizione della reale situazione
di progressiva cancellazione dei più elementari diritti umani – ci ha pensato il
rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa” stilato
dopo i sopralluoghi dell’aprile del 2016. Nel documento destinato all’Italia, si
spiega che “il problema non è stato risolto perché molti istituti di pena operano
ancora al di sopra del proprie capacità”. Nel testo, che costituisce un vero e proprio
monito all’Italia e al Ministro della Giustizia in prima persona, Strasburgo ha
ricordato che anche l’Italia ha l’obbligo di rispettare gli standard che il comitato
ha fissato per lo spazio che ogni detenuto deve avere a sua disposizione in cella:
6 metri per due di spazio vitale, esclusi i sanitari, in cella singola, e 4 metri
per due in una cella condivisa con altri detenuti. Dimensioni minime che purtroppo,
e questo molti non conoscono, non sono quasi mai rispettate nella gran parte delle
strutture detentive sparse sul territorio nazionale, nella quale continuano a sussistere
situazioni di palese sovraffollamento con poche possibilità di riabilitazione per
assenza o scarsezza di attività riabilitative o formative. Insomma, il carcere continua
ad essere, e per davvero, la prima scuola della criminalità in aperta antitesi con
la funzione della pena che è quella costituzionale di riabilitare e di consentire
il reingresso nella società del condannato. Ciò che viene evidenziato dal rapporto,
è che la perversa spirale attivata dal sistema penitenziario italiano, anziché
portare ad una riduzione del numero dei detenuti sta, al contrario, facendo assistere
ad un aumento costante dei ristretti. A tal proposito, dopo la condanna del 2013
della Corte di Strasburgo, il Comitato segnala che nel primi 6 mesi del 2016 la popolazione
carceraria è aumentata da 52.164 a 54.072 detenuti, e che la crescita non è rallentata.
Anzi. La preoccupazione cresce perché, è lo stesso governo italiano, a riferire
che al 26 marzo 2017 sono state 56.181 le persone in carcere. Il rapporto, inoltre,
fa il punto sulla situazione del trattamento dei detenuti. Continuano, purtroppo
a denunciarsi, numerosi casi di maltrattamenti. Il Comitato ha espresso preoccupazione
“per le accuse di maltrattamenti fisici inflitti a persone private della libertà
dalle forze dell’ordine o detenute in carcere”. Nel testo viene espressamente rilevato
che “le persone in custodia non sempre godono delle garanzie previste dalla legge”.
E sempre nell’ottica di persuadere le autorità italiane a cambiare registro, Strasburgo
ha invitato le amministrazioni dello Stato ad “una comunicazione formale alle forze
dell’ordine, ricordando loro che i diritti delle persone in loro custodia devono
essere rispettati e che il maltrattamento di tali persone sarà perseguito e sanzionato
di conseguenza”. Il rapporto cita come casi di maltrattamenti rilevati “pugni, calci
e colpi con manganelli al momento del fermo (e dopo che la persona era stata messa
sotto controllo) e, in alcune occasioni, durante la custodia”. E si tratta di un
fenomeno da arginare perchè “se l’emergere di informazioni che indicano maltrattamenti
non è seguita da risposta pronta ed efficace, coloro che sono propensi a maltrattare
crederanno di poterlo fare senza essere puniti”. Insomma per Giovanni D’Agata, presidente
dello “Sportello dei Diritti”, un vero atto d’accusa nei confronti delle
autorità italiane e del Ministero della Giustizia che negli ultimi anni nulla ha
fatto per adottare idonee misure per modificare questa vergogna, a partire da una
riduzione dell’abuso legislativo della custodia cautelare in carcere e della più
agevole concessione di misure alternative adeguate ai vari tipi di reati e ai rei.