Domenica delle Palme nella tradizione calabrese Giornata che viene ricordata per il trionfale ingresso di Gesù in Gerusalemme prima della sua passione
di Vittorio Savoia
Le tradizioni popolari della Settimana Santa incominciano, in tutti i paesi, con la ricorrenza della “Domenica delle Palme”, così detta dall’ondeggiare dei palmizi, che inondano le chiese per la benedizione.
Questa domenica, sesta nel tempo di Quaresima e primo giorno della Settimana Santa, è ricordata per il trionfale ingresso di Gesù in Gerusalemme prima della sua passione. Qui in Calabria si è soliti partecipare con particolare devozione al rito della benedizione di ramoscelli di ulivo e delle foglie di palme, che vengono, artisticamente, lavorate in diverse forme, rappresentanti croci, cuori, fisarmoniche, piccoli cesti e panierini, simboli di prosperità e abbondanza.
Il palmizio, in alcuni centri del cosentino, si carica di fichi, dolci, con in cima un arancio ed una fettuccina di seta. In tutti i centri della Calabria si organizzano delle imponenti processioni, alle quali prendono parte, doverosamente, tutti i cittadini. Uomini di tutte le età, donne, ragazze, fanciulli recano tra le mani palme, rami di ulivo e di alloro. Le processione si concludono con la benedizione delle palme. Terminata la funzione della benedizione, si usa collocare, un po’ dovunque, le palme, i ramoscelli di ulivo e di alloro.
Moltissimi li appendono, come segno augurale di pace, al capezzale del letto, ai piedi del crocefisso, sotto le immagini dei santi, dei propri cari scomparsi ed anche dietro la porta d’ingresso e vengono conservati fino alla Domenica delle Palme dell’anno successivo. In alcuni paesi esisteva la tradizione di bruciare le foglie secche di palma e di ulivo per fumigare l’interno delle case, una sorta di scongiuro contro le insidie del maligno. Il fumo che si innalzava dalla brace incensava l’ambiente, accompagnato della seguente preghiera “A menzu a quattru cantuneri nci fu l’Arcangelu Gabrieli, du occhi ti docchiaru, tri ti sanaru. Lu Patri, lu figghiu, lu Spiritu Santu. Tutti li mali mi vannu a mari e lu beni mi veni ccani. Lu nomu di San Petru e lu nomu di San Pascali, lu mali mi vai a mari e lu beni mi veni ccani ”. I ramoscelli benedetti, anche se vecchi di un anno, non venivano buttati nella spazzatura ma venivano inceneriti nel fuoco.
I contadini usano collocare i rami di ulivo e di alloro sulle selle degli animali nonché fra i seminati e le provviste per l’inverno. Con tali credenze si è soliti esprimere l’augurio di un migliore ed abbondante raccolto e, quindi, di un maggiore benessere. I marinai legano un rametto di palma o di ulivo benedetto sulla ruota di prua delle loro imbarcazioni per scongiurare improvvisi temporali. Molte persone preferiscono appendere, per tutta la giornata delle Palme, un piccolo ramo d’ulivo all’asola della giacca. In alcuni centri montani i contadini usano scucire uno dei lembi interni della giacca e di ricucirlo dopo aver deposto tre o quattro foglie verdi dell’ulivo benedetto.
In alcuni paesi della Calabria è ancora in uso, in questa occasione, regalare, da parte dei fidanzati alle fidanzate, rami di palme guarniti con fazzoletti di seta contenenti doni. In alcuni centri della provincia di Reggio Calabria, i giovani, il sabato precedente la domenica delle Palme, usano andare in campagna a raccogliere qualche fuscello di palmizio e incrociando i rametti, fanno delle croci o altri bellissimi lavori che donano alle rispettive fidanzate ed amiche ; queste, poi, donano a loro un cuoricino dolce, una specie di biscotto fatto a forma di cuore con un uovo al centro.
Anticamente questa domenica, scherzosamente, era detta “ della frasca “ come attesta l’adagio : “Non è Pasca, non è Pasca. E’ Duminica da frasca” (La domenica delle Palme, viene detta così dall’ondeggiare dei palmizi, che inondano le chiese per la benedizione. Il nome è generico, servendo ad indicare tanto i rami della pianta indigena dei luoghi sabbiosi, quanto quelli di altre, principalmente dell’olivo e dell’alloro.) I contadini usavano dire, in prossimità della domenica delle Palme questo proverbio :” Parma chiovusa gregna gravusa – Parma ‘nfusa, gregna gravusa – Parma cinciulusa, gregna gravusa”, essi, richiamandosi ad una superstizione metereologica, pronosticavano un buon raccolto di grano qualora si verificasse, il giorno delle Palme, la pioggia.
“O l’oliva o l’olivetta /e lu Sindacu bacchetta / e lu Rre di lu casali / viva a Dio, Pasca e Natali”. Con questo canto, i giovinetti di Galatro, portando dei rami d’ulivo per le strade, davano una nota di umore alla giornata delle Palme. A Bova, capitale culturale della Calabria greca, i fedeli usano celebrare, nella domenica delle palme, un rito originale e suggestivo che consiste nel portare in processione fino al santuario di San Leo, principale chiesa di Bova, delle grandi figure femminile costruite con fogli di ulivo, sapientemente intrecciate a mano dai contadini, abbellite con fiori fresche e ingioiellate con frutta fresca e primizie. Queste statue vegetali vengono dette “Pupazze della Domenica delle Palme” ed offrono un bellissimo spettacolo nell’attraversare le strette e tortuose vie di Bova (Esti na meravigghia mu si vidunu !). Si tratta di una elegante e gioiosa sfilata di forma e di colore. Dopo la benedizione, le sculture portate fuori dalla chiesa, vengono quasi tutte spezzettate delle loro componenti e distribuite tra i presenti. Alcuni collocano parte di queste figure (steddhi) su un albero del proprio terreno, dove rimarrà per tutto l’anno come segno di benedizione. Secondo la popolazione di Bova il rito delle “pupazze” è speciale perché le figure femminile, spesso giunoniche, ricordano il mito di Persephone e di sua madre Demetra, dee che presiedevano all’agricoltura.
Il pomeriggio della Domenica delle Palme, a Caulonia, centro pittoresco dell’alto jonio reggino, ha inizio la “bussata”. I fedeli, in processione, partendo dall’Arciconfraternita del S.S. Rosario, arrivano nel sagrato della chiesa Matrice, in Piazza Mese, e bussano alla porta della chiesa, all’interno della quale si trova esposto il Sacramento. La porta si apre ai penitenti, che effettuano la “gira”. Dall’altare maggiore, le confraternite, precedute dal S. Sacramento, si muovono lentamente sotto le navate laterali, recitando e cantando antiche litanie.
Ma dopo la gioia della domenica delle Palme subentra il dolore della settimana di Passione.