Dopo 16 anni la Cassazione pone fine al calvario del cittanovese Vincenzo De Moro
redazione | Il 16, Giu 2014
Era stato arrestato nel 1998 per associazione a delinquere di stampo mafioso
Dopo 16 anni la Cassazione pone fine al calvario del cittanovese Vincenzo De Moro
Era stato arrestato nel 1998 per associazione a delinquere di stampo mafioso
La vicenda giudiziaria del cittanovese Vincenzo De Moro ha avuto inizio nel
novembre del 1998 quando lo stesso, insieme ad altri nove coimputati, è
stato arrestato con l¹accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso
quale presunto affiliato alla ³cosca Albanese², clan operante tra i
territori di Cittanova e Molochio ed in faida per molti anni con la cosca
rivale dei Facchineri, e volto ad ottenere, avvalendosi della forza
intimidatrice promanante dal vincolo associativo e dalla condizione di
assoggettamento ed omertà, la gestione ed il controllo delle attività
economiche private esistenti in quel territorio ed ottenendo, attraverso
l¹attività estorsiva, ingiusti profitti a favore dei propri associati.
Per tale contestazione ha subito una custodia cautelare in carcere dal 4
novembre 1998 al 25 ottobre del 2000 ed un processo che è durato ben 16
anni.
Al De Moro, in particolare, era stato contestato il rapporto di contiguità
con uno degli esponenti del della ³ndrina², Mario Vernì, dal quale, a
giudizio della Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sarebbe derivata
la prova della sua appartenenza all¹associazione.
Lo stesso era considerato il custode delle armi del clan poiché,
precedentemente, i Carabinieri del Nucleo Operativo di Taurianova avevano
rinvenuto, in un immobile di sua pertinenza, numerose armi, munizioni e
polvere da sparo ritenute nella disponibilità della cosca Raso-Albanese.
Al termine del giudizio di primo grado il De Moro, difeso dall¹avvocato
Antonino Napoli del foro di Palmi, era stato assolto dall¹accusa di
associazione mafiosa nonostante la richiesta di condanna del Pubblico
Ministero della Distrettuale Antimafia.
Successivamente, però, la Corte d¹Appello di Reggio Calabria, accogliendo
l¹appello del Pubblico Ministero aveva riformato la sentenza di primo grado
e lo aveva condannato quale partecipe dell¹associazione mafiosa denominata
Œndrangheta.
Avverso la sentenza di condanna l¹avvocato Antonino Napoli aveva proposto
ricorso in Cassazione evidenziando che la motivazione della sentenza di
condanna difettava in ordine agli elementi idonei a far ritenere che il De
Moro fosse affiliato, e pertanto partecipe, della ³cosca Albanese².
La Cassazione ritenendo fondato il ricorso del difensore aveva annullato la
sentenza della Corte di Appello, disponendo un nuovo giudizio davanti
un¹altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria.
Nel giudizio di rinvio la Corte ha ritenuto di derubricare il reato di
associazione a delinquere di stampo mafioso in quello di favoreggiamento,
dichiarato prescritto.
Non condividendo neppure quest¹ultima sentenza l¹avvocato Antonino Napoli ha
proposto ricorso in Cassazione e la sesta sezione penale della Suprema
Corte, ritenendo fondate le doglianze difensive, ha annullato ancora una
volta la sentenza della Corte di Appello assolvendo definitivamente Vincenzo
De Moro con la formula ³perché il fatto non sussiste².