No, non “ha ragione Matteo Salvini a proporre un patto antinciucio da suggellare di fronte a un notaio, con Giorgia Meloni e soprattutto Silvio Berlusconi” come hanno scritto Elide Rossi e Alfredo Mosca in un loro pezzo. La richiesta di Salvini, ‘coram populo’, ha un retrogusto offensivo nei confronti del Cav. che non è accettabile anche perché, tra l’altro, aldilà del carattere poco elegante che contiene, è soltanto inutile e porta acqua al mulino di chi continua a macinare elementi negativi contro un partito (Forza Italia) senza il quale non è neanche pensabile poter vincere le prossime elezioni politiche.
Che detto patto notarile sia semplicemente inutile, come ha affermato Giorgia Meloni (che si sta affermando sempre più come dirigente di spessore) ricordando che nella Costituzione non è previsto l’obbligo del mandato per gli eletti e, certamente, non sarebbe una scrittura convalidata dal notaio a poterlo introdurre. Aggiungiamo noi che, se fosse stato inserito detto obbligo ‘ab origine’, sarebbe stato un atto liberticida perché avrebbe trasformato l’attività parlamentare in un lavoro a tavolino di pochi delegati, in rappresentanza dei vari partiti, in barba alle discussioni ed al confronto delle varie tesi.
Se indebolire Forza Italia o, addirittura, riuscire a rompere la coalizione di CDX è l’obiettivo reale che viene perseguito, con tenacia, da Travaglio e dalla corte dei media stampati e audiovisivi, in larga misura impauriti per la possibile vittoria del centrodestra che liquiderebbe definitivamente l’affermazione dei 5stelle con la loro ‘decrescita felice’ e con il No a tutto ciò che può servire al Paese, bisogna stare attenti a non diventare inconsapevolmente sostenitori delle loro speranze che si rafforzerebbero se anche il centrodestra fosse dilaniato come è avvenuto per il centrosinistra.
Giustamente il Cav dichiara che dal notaio si va solo se non ci si fida dei propri alleati, ma se non c’è questa fiducia tra di essi siamo veramente messi male. Ma anche dare l’impressione che si è continuamente in disaccordo provoca atteggiamenti negativi in chi, da tempo, si è rifugiato nell’astensionismo e, difficilmente, verrebbero schiodati da questa scelta. Per esempio la sottoscrizione del programma della coalizione si effettua, come è sempre avvenuto, senza bisogno di farla apparire come ‘condizione sine qua non’ per mantenere l’alleanza. Mentre è totalmente errato far credere che tale normale prassi venga fatta passare per un ‘paletto’ che un accorto alleato ha preteso di imporre agli altri soggetti della coalizione.
Si vuol vincere o ci si accontenta di far credere che è stata la propria intransigenza a costringere il Cav a piegarsi alla volontà degli altri? E a che serve se essa è solo una vittoria di Pirro? Si, una semplice vittoria di Pirro perché ciò che percepisce l’elettore, finora disgustato dalla politica, è che la politica continua ad essere un teatrino che non potrà cambiare mai. E questa percezione rischia di condizionare il risultato.
Ci sono tutte le condizioni per poter vincere e tutti, nessuno escluso, risultano indispensabili ben sapendo che l’intreccio tra proporzionale e quote uninominali può determinare quella maggioranza necessaria per poter governare. Ma anche senza il raggiungimento di detta maggioranza è normale che l’incarico venga affidato al centrodestra (se sarà, come sembra, la coalizione più votata dagli italiani) e questa coalizione può dar vita ad un governo di minoranza che sui singoli problemi cerca i voti in Parlamento.
Qualcuno ci sappia spiegare perché al centrosinistra è stato consentito farlo, utilizzando gli Alfano di turno, e al centrodestra dovrebbe essere vietato accogliere voti di sostegno al proprio programma?