Un’analisi asettica sulla destra allo sbando di Luigi Pandolfi
E se il Pdl lasciasse Berlusconi al suo destino?
Un’analisi asettica sulla destra allo sbando di Luigi Pandolfi
Nel Popolo della Libertà qualche sussulto di dignità incomincia ad intravedersi. E proprio da parte di quei cortigiani che a Berlusconi devono tutto, dalla loro carriera al proprio posto al sole. Non è una cosa di poco conto, anche perché sembra un parricidio in piena regola. Quale sarà l’esito del braccio di ferro tra il padre ed i figli nel principale partito della destra italiana non è facile prevederlo adesso, in queste ore. Ci si può chiedere però cosa accadrebbe se i figli decidessero di cacciare il padre di casa, iniziando un nuovo cammino.
Probabilmente a guadagnarci sarebbero più i figli che non il padre. Quest’ultimo, circondato da mezze figure, istintive come lui, potrebbe tentare la carta del nuovo partito, intraprendendo la strada dell’antieuropeismo, su cui ritroverebbe la Lega ed altri pezzi di destra insofferente. Andrebbe, in altri termini, a dare vita col carroccio ad uno schieramento demagogico, più vicino, in termini di idee e suggestioni, ai partiti populisti sparsi per il continente, che non alle forze appartenenti al campo del popolarismo europeo. Inutile dire che, in questa ipotesi, il concorrente diretto del Cavaliere, e di Maroni, sarebbe più Grillo che non l’alleanza di centrosinistra guidata da Bersani.
E i figli? Finalmente liberi dal padre –padrone potrebbero tentare la carta del ricongiungimento con Fini e Casini, andando a costruire con essi, ma anche con Montezemolo ed alcune personalità del governo Monti, uno schieramento di centrodestra in grado di contendere al Pd il governo del paese.
Fantapolitica? Beh, certo, ad oggi sembrerebbe proprio così. Ma se ci si ragiona un po’ sopra questo scenario appare il più logico, il più razionale. Per gli uomini del Pdl davvero l’ultima spiaggia, se si considerano le manovre che già sono iniziate a seguito dei risultati del voto siciliano. Non era ancora finito lo spoglio che Casini già rilanciava l’alleanza tra progressisti e moderati, rinfrancato dalla vittoria di Crocetta e spaventato dal successo dei grillini. Ma che il cuore di Casini, e soprattutto dei suoi elettori, batta altrove non è un mistero. Così come non è un mistero che Fini non riuscirebbe tanto agevolmente a portare le sue truppe nel campo degli ex e dei post comunisti. Quantunque quest’ultimi le accettassero.
Di contro una lista centrista, promossa soltanto da Fini e Casini col supporto di qualche imprenditore di successo, potrebbe sperare in uno scenario di ingovernabilità dopo le elezioni, per far pesare ex post i propri voti in parlamento, ma non potrebbe minimamente pensare di vincere le elezioni, qualunque fosse la legge elettorale. Se poi la legge elettorale rimanesse quella attuale, nemmeno la prima ipotesi, evidentemente, avrebbe fondamento.
Ecco allora che un Pdl senza Berlusconi, ancorché ridimensionato nel suo peso elettorale, potrebbe rivelarsi la carta giusta per tentare la ricomposizione di un fronte di centrodestra alternativo a quello che andrebbe a costituirsi all’ombra del Pd, che, individuando un buon candidato alla premiership, potrebbe davvero giocarsi la partita. Inutile dire che in un’ipotesi del genere le primarie appena convocate andrebbero immediatamente archiviate, oppure riproposte come primarie della nuova coalizione. Il che sarebbe anche utile per dare al progetto più forza e visibilità.
C’avranno pensato Alfano, Formigoni, Gasparri e tutti gli altri? Io credo di si. Ma poi, come si dice in certi casi, tra il dire (o il pensare) e il fare…