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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 08 GENNAIO 2025

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Educare con violenza è reato Condannato per maltrattamenti in famiglia il padre che picchiava e denigrava i figli seppur a scopo "educativo"

Educare con violenza è reato Condannato per maltrattamenti in famiglia il padre che picchiava e denigrava i figli seppur a scopo "educativo"
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Risponde del reato di “Maltrattamenti in famiglia” stabilito dall’articolo 572 del
codice penale il genitore che dà botte e denigra il figlio anche se con finalità
“educative”. A stabilirlo la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30436/15, depositata
in data di ieri 13 luglio che per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello
dei Diritti”, costituisce un vero e proprio monito a quei genitori che utilizzano
comportamenti violenti nei confronti dei propri figli pur mascherandoli con intenti
educativi.La sesta sezione penale della Suprema Corte ha infatti rigettato il ricorso
di un padre, condannato dalla Corte d’appello di Trieste a un anno e otto mesi di
carcere per aver maltrattato il proprio figlio minore e avergli provocato lesioni
personali.Per l’uomo, la decisione della corte territoriale non aveva valutato correttamente
la credibilità del teste e le sue accuse ed era arrivato a concludere che le proprie
condotte – quali abituali maltrattamenti, umiliazioni e continui rimproveri – avevano
una funzione pedagogica, cioè erano dei mezzi finalizzati esclusivamente a uno scopo
educativo.Gli ermellini nel respingere tali doglianze ha al contrario statuito il
principio che l’uso abituale di violenza a scopi educativi concretizza il reato di
maltrattamenti in famiglia. Per il Collegio, infatti, nel concetto di maltrattamenti
rientrano non solo comportamenti violenti, ma anche «abituali espressioni offensive
e degradanti» ai danni del minore.I Giudici di Piazza Cavour chiariscono, infatti,
che «/il termine correzione va assunto come sinonimo di educazione e non può ritenersi
tale l’uso abituale della violenza a scopi educativi, sia per il primato che l’ordinamento
attribuisce alla dignità delle persone, anche del minore, ormai soggetto titolare
di specifici diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione,
sia perché non può perseguirsi quale meta educativa lo sviluppo armonico della
personalità usando un mezzo violento che tale fine contraddice/».Quindi, l’abuso
di mezzi di correzione violenti integra gli estremi del reato di maltrattamenti in
famiglia e non rientra nella fattispecie prevista dall’articolo 571 c.p., «/neppure
ove sostenuto da animus corrigendi, poiché l’intenzione soggettiva non è idonea
a far rientrare nella fattispecie meno grave una condotta oggettiva di abituali maltrattamenti,
consistenti, come nel caso di specie, in continue umiliazioni, rimproveri anche per
futili motivi, offese e minacce, violenze fisiche/».