Rubbettino lascia, Talarico c’è e il Pd ribadisce il suo no a Mario Oliverio Elezioni regionali, ancora candidature in alto mare, sia da una parte che dall'altra
A poco più di due mesi dall’elezioni regionali calabresi che sia dalle parti del centrosinistra che in quelle del centrodestra, sembrano affetti dall’indecisione dell’Asino di Buridano. Che alla fine non sapendo da dove iniziare, morì di fame per l’incertezza.
Ci troviamo in una situazione dove non c’è un candidato a governatore della Calabria, ma in compenso siamo alle prese con una miriade di veti che impediscono a chi per un verso e chi per un altro, a candidarsi. Si parte dal presupposto che si sa già chi non si vuole.
Non si riesce a quadrare il cerchio, ma intanto lo stesso si sta stringendo perché qualcuno nell’arena dovrà pur scendere.
Una cosa è certa, i due Mario, sia Oliverio attuale governatore che Occhiuto, il sindaco di Cosenza, sono due candidature che non s’hanno da fare.
Il primo non è voluto dal suo stesso partito, mentre per il secondo c’è il veto ferreo della Lega. Sia per lui che per il fratello deputato forzista Roberto. La Lega non li vuole, non fanno parte del progetto per un candidato unitario del centrodestra.
Oliverio sta facendo la sua “campagna elettorale” e sta lavorando per mettersi al caldo anche delle liste per non trovarsi impreparato alle elezioni del 26 gennaio. Non si rassegna, non gliene importa nulla di appendere le scarpe al chiodo, nonostante i molteplici rifiuti sembra un innamorato che non si vuole rassegnare, si sta facendo una “malattia d’amore e di pennacchio”.
Purtroppo le parole fine nella politica non tutti se la possono permettere con dignità, il potere logora chi non ce l’ha e quindi ennesima presa d’atto delle sacrosante parole del Divo Giulio.
Mentre nel centrodestra non si vede nulla di nuovo all’orizzonte, tranne qualche sprazzo di qualche rimasuglio di transumanza affetto dalla febbre salviniana che ansima uno scorcio di parvenza perché dimenticato da Dio e dagli uomini, sia a livello regionale che locale. Personaggi che stavano a braccetto prima con Forza Italia e poi con Fratelli D’Italia e poi ancora con il cane e l’associazione domestiche di Berlusconi, oggi si riscoprono leghisti con accenni di razzismo per opportunità e “pigliainculo” di sciasciana memoria per condizione di visibilità. Fatto è che il centrodestra allo stato attuale non ha un candidato a governatore, ma ha degli aspiranti non desiderati.
Nel centrosinistra invece c’è il caos, chi parla di un’alleanza con i pentastellati, mentre quest’ultimi la escludono categoricamente come anche escludono candidature di deputati, vedi l’uscita di Parentela sulla Nesci.
Callipo, l’imprenditore del tonno ha detto di no, oggi Florindo Rubbettino ritira la sua candidatura perché non ci sono le condizioni in quanto ci sono molte divisioni e che la sua paura era che sarebbe finito in un tritacarne come in una “faida politica”. Saluta e ringrazia.
Noi già pensiamo a Oliverio che dice, “Ci sono io?”, e il Pd, “None, tu no, ti devi rassegnare!”. Per un Rubbettino che va via, c’è un Maurizio Talarico che si mette a disposizione. L’imprenditore delle famose cravatte dice, “Di fronte all’indisponibilità anche di Rubettino, sento il dovere morale e civile di ripensarci e di mettermi al servizio della mia terra”. Oltre ad affermare che non vuole regalare a “forze del passato” né consegnarla a “nuovi barbari”. Talarico c’è! E ora che si fa? Sarà una di quelle candidature che il responsabile dem Nicola Oddati per il Mezzogiorno sarà presa in considerazione? “Siamo pronti a sostenere una candidatura civica per il rinnovamento della Calabria”. Ma una cosa è certa e assiomatica, “Oliverio comunque non sarà il candidato del Pd. Anzi, per noi Oliverio non sarà candidato perché è del Pd e deve rispettare le scelte del Pd”. Li rispetterà? Pensiamo proprio di no, la pensione politica per lui è ancora lontana e fa parte di quei protagonisti della politica del film dal titolo “E non se ne vogliono andare”. Lui dice di aver fatto cose buone per la Calabria, chi ci crede lo sostiene, chi no invece lo snobba. Certo è che se dovessimo dare uno sguardo all’indietro, non è che il Pd avrebbe tutti i torti per la sua voglia di rinnovamento. Però una candidatura in democrazia non si nega a nessuno, nemmeno se si è indagati, è come una sorta di “Passepartout”. Anche se, paradossolmente; in questa triste e desolante condizione sembra l’unico candidato in grado di limitare i danni nel centrosinistra.