Excursus storico sul territorio di Melicuccà Continua il viaggio di Domenico Caruso nei comuni della Piana
di Domenico Caruso
Paisi meu
Paisi meu sperdutu e disijatu
chi dormi sutt’e pedi di Spremunti
dassasti li to’ figghji senza hjatu
mi si ndi vannu tutti èrrami e sciunti. […]
Tornai dopu tant’anni a ’ssi rribati
mi vuju lu paisi undi criscìa
li cosi li trovai tutti cangiati
di peju mpeju, no’ di megghjurìa.
(Giovanni Duardo)
Un po’ di storia
Nel corso dei secoli il nome Melicuccà subì vari significati. C’è chi lo fa derivare dal sintagma latino mellis concha (conca di miele), altri dal greco meli e konkhe (miele e terra di frassino o conchiglia); Rohlfs lo traduce come luogo dei loti (dal gr. melicocco). Per Taccone-Gallucci «Melicuccà credesi fondata verso il sec. X». Anche nel bios di S. Elia si narra la prodigiosa guarigione dell’indemoniato Teodoro proveniente dal villaggio dei melicocchi.
Ciò fa supporre che nel X secolo il nucleo non fosse molto abitato, mentre Sicri (luogo natale di S. Nicodemo) risulta un centro commerciale, un grande villaggio.
G. Pensabene (v. Dizionario Etimologico – DES) richiama «l’etimo latino e militare da limen, grande confine. Meli non ha nulla da spartire col miele ma è la rocca moerus. La seconda parte è chiocciola che in latino è còchlea con cochlear (cucchiaio) e l’aggettivo cochlearia. Si tratta quindi di una fortezza a chiocciola o a tornanti. E infatti a sud Melicuccà si distingue per un rilievo turrito con dei tornanti tuttora visibili».
Nel bios di S. Luca, scritto tra il 1116 e il 1120, si legge «nella regione calabra delle Saline c’è un paese chiamato Melicuccà». Il suo sviluppo coincide con le migrazioni dei monaci basiliani e le incursioni saracene che spingevano le popolazioni costiere verso l’interno. I profughi di Sicri (che gli Arabi avevano saccheggiato) si aggregarono ai pastori vicini costituendo un centro più grande. In seguito alla distruzione della sede vescovile di Tauriana (950-52), vi giunse anche S. Elia Speleota e attorno a lui, ad immagine del convento, nel paesaggio agrario si diede inizio alle costruzioni di mattoni di fango seccati al sole (visuli).
I basiliani, avendo ottenuto le terre del Bosco, contribuirono all’economia del luogo.
Nel 1057 la regione delle Saline venne assoggettata da Ruggero (conte di Calabria) e per Melicuccà cominciò la fase di latinizzazione e del feudalesimo. Altre vicende interessarono i beni del convento e la sorte del paese, fino all’arrivo dell’egemonia aragonese che inasprì il carico fiscale. Lo scontro fra spagnoli e francesi (25 giugno 1495) segnò la fine del dominio dei primi nell’Italia meridionale.
In precedenza Fra Sergio Seripando, degli Ospedalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, avrebbe comprato Melicuccà per l’Ordine concedendola in enfiteusi al Principe Marino di Nocera (1463) e, ancor prima, il Monastero di S. Elia risulta distrutto (1457). Dopo il Concilio di Trento nacquero il monastero dei Frati Cappuccini (1540-1783) e due Confraternite (1569), quella dell’Assunta e quella del Rosario: la prima per i nobili, l’altra per i meno abbienti. Nel 1600 sorse il monastero dei Frati Minori Riformati della provincia Veneta.
La crisi politica e sociale del seicento è testimoniata da una violenta sommossa popolare scoppiata nel 1647. In seguito alle legge napoleonica del 12 agosto 1806, venne soppressa la Commenda dei Cavalieri di Malta. I Francesi, con la legge 19 gennaio 1807 – che dava una nuova sistemazione amministrativa alla Calabria, dichiararono Melicuccà Università nel cosiddetto Governo di Sant’Eufemia di Sinopoli. Con il riordino del 4 maggio 1811 il paese fu trasferito nel Circondario di Bagnara e per decreto 27 dicembre 1841 in quello appena costituito di Seminara.
La “Vallis Salinarum”
La produzione e il commercio del sale, considerato prezioso quanto l’oro, vennero incrementati in Europa dall’Impero Romano. Sembra che sia stato il re Anco Marzio (641-616 a.C.) a costruire per primo le saline ad Ostia sui litorali del Tevere. Anche le strade, che collegavano la Capitale al resto del mondo (Roma caput mundi), si prestarono alla diffusione dell’indispensabile prodotto. In epoca consiliare la via Salaria univa la Città Eterna a Porto d’Ascoli sull’Adriatico. Nell’estremo Sud la via Capua-Rhegium o Via Popilia (132 a.C.) di 475 Km, con una postazione a Drusium (Drosi), veniva pure utilizzata per il trasporto del sale che più vicino a noi si produceva alla foce del Petrace (l’antico Metauro, citato da Catone e da Plinio). Da qui la denominazione di Vallis Salinarum (Piana delle Saline), di tempo in tempo di S. Martino (Planitiae Sancti Martini), di Terranova, di Gioia Tauro (che ora si estende per 400 Kmq. e comprende 33 Comuni). Secondo André Guillou: «L’area delle Saline, che sotto i Bizantini fu circoscrizione amministrativa (turma), corrisponde al bacino del Petrace con tutta la piana di Gioia e i primi contrafforti dell’Aspromonte, fino a Melicuccà».
Credenze e superstizioni
La superstizione, nonostante il progresso scientifico, è ancora radicata fra la gente. Un tempo, pure a Melicuccà, era diffuso il rito per scacciare il malocchio (pìcciu) generato da invidia e gelosia. Un’esperta (magàra), dopo aver versato alcune gocce d’olio in un piatto colmo d’acqua, dal modo in cui queste si configuravano emetteva il verdetto. Di solito, se l’olio rimaneva unito non c’era da preoccuparsi.
Il folletto (fajettu) per la credenza popolare era una creatura piccola e agile che turbava le notti delle ragazze e opprimeva i neonati nella culla cercando di soffocarli. Tanti giurano di aver incontrato lo spiritello dispettoso.
Uomini illustri
Fra i personaggi ricordo:
1) Antonino Arena (1856-1946) – Medico e autore di scritti scientifici, morali, polemici e letterari. E’ sua l’esposizione indirizzata ai medici pratici, nonché “la patologia clinica e terapia dell’influenza”; ed ancora: “Contro il divorzio”; “Per il buon nome della Calabria”; “Nel pelago e fuor del pelago” – (Liriche). 2) Lorenzo Calogero (1910-1961) – uno dei più significativi poeti del Novecento. Fra le opere: “Sedici poesie”, “Poco suono”; “Ma questo…”; “Parole del tempo”; “Come in dittici”; “Opere poetiche” I e II. 3) Alberto Capua (1903-1976), avvocato e poeta, assassinato mentre si recava in campagna. 4) Arcangialu Di Cèsaru, poeta popolare che operò nei primi decenni dell’Unità d’Italia. 5) Giovanni Duardo (1960-2005), laureato ma costretto a fare il bidello; critico caustico dell’ipocrisia della società. Un suo libro di poesie è stato pubblicato postumo. 6) Michelangelo Falvetti (1642-1692), sacerdote e musicista insigne. Esiste una cospicua letteratura sulle sue opere e sulla sua personalità artistica. 7) Giuseppe Fantino (1908-1975), professore di lettere, scrittore e critico letterario anticonformista. Fra le sue opere: “I canti di Leopardi con interpretazione e saggio introduttivo”, “Scampoli” (tre volumi); “Saggio su Papini”; “Uno strano smarrimento”; “Parole a Maria”; “La biografia di nessuno”; “Appunti per sei drammi”. 8) Pietro Gambacorta (1619-1689), filosofo discepolo di Tommaso Campanella, noto per la sua dottrina. 9) Achille Longo Senior (1832-1928), maestro di pianoforte a livello internazionale e compositore. 10) Lorenzo Milanesi (1925), laureato in giurisprudenza e narratore raffinato. Sue opere: “Carmela Cuda. Viaggio d’amore”; “Tiramisù. Ossia l’incontenibile desiderio” e “Della saggezza”. 11) Rocco Milanesi (1852-dopo il 1922), pittore, scultore e ceramista. Sue opere famose si trovano in varie città. 12) Menotti Musicò (1914-2001), scrittore, educatore e moralista. Sue opere: “L’età della Paura”; “Le leggi assassine”; “Donna a mezzo servizio”. 13) Francesco Romeo, medico, geologo e poeta; personaggio di primo piano nell’epoca della Rivoluzione, del Sanfedismo e dei moti risorgimentali. 14) Giuseppe Stival (1940), artista che dopo un periodo “astratto” è tornato alla pittura figurativa. 15) Vito Antonio Ungaro (sec. XVII), autore di un poema in antica rima siciliana sull’apparizione della Vergine a Sinopoli. Altri personaggi: Giuseppe Calogero (pedagogista), Antonio Capua (medico chirurgo), Carlo Buccisani (letterato, studioso di tradizioni e giornalista), Orazio Buccisano (docente universitario), Antonio Francica (sindacalista), Felice Maria Adornato (arciprete), Carmelo Dinaro (dottore in lettere e pedagogia, senatore), Vincenzo Borgia (dirigente della Pubblica Istruzione e scrittore), Antonio Stivala (poeta dialettale), Scipione Careri (scrittore e farmacista), Rocco Antonio Romeo (patriota), Guglielmo Romeo Baldari (filosofo). Vi furono, infine, alcuni Santi.
Il più noto è Sant’Elia Speleota (863-960), venerato dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa, che in seguito alle scorrerie dei Saraceni preferì la vita eremitica a quella in comune nei cenobi. Si ritirò, pertanto, nelle grotte presso Melicuccà in compagnia prima di Ignazio e poi di Arsenio. Quando i discepoli divennero numerosi, accettò di guidare da abate un fiorente monastero. Nella grotta grande, oggetto di culto popolare, vi è una fonte in pietra dove gocciola ancora l’acqua miracolosa del Santo.
Feste e ricorrenze principali
S. Antonio da Padova (13 giugno); S. Giovanni Battista, patrono (23-24 giugno); Madonna dell’Assunta (12 agosto); Nostra Signora di Lourdes (ultima domenica di agosto); S. Elia Speleota (11 settembre).
Detti e proverbi
«Cu l’avi si li god’i cuntentizzi, cu’ no, scippa taccuni e menti pezzi». (Chi possiede i beni ne gode i frutti, chi ne è privo vive di espedienti e di rattoppi). «’U porcu ‘n galleria rrupp’i bicchèri». (Il maiale introdotto in una cristalleria rompe i bicchieri. Si addice a chi si muove maldestramente o che parla a sproposito). «’A rrobba annorba». (Il benessere acceca, cioè l’ingordigia non ha confini). «’U bisognu ’mpara ’a via». (La necessità insegna la strada).
L’angolo della poesia
Lorenzo Calogero
Da: Poco suono
Datemi quel tanto che mi spetta
e me ne vada:
ho le labbra arse secche
schiume di cavalli.
Sono vano per troppo aspettare.
Sento la mia pupilla affogare
in un labile pianto.
Tendetemi la mano
ed accoglietemi nel grembo vostro:
mai desiderai la morte
come in questo momento.
E per finire
Ispirata al luogo natale, è pure la poesia “Infanzia” di Lorenzo Calogero:
Vedo nel mio ultimo specchio // il mio viso infiorarsi // su di una verde collina // di un vecchio paese innocente. // E’ la mia infanzia. // Oh! E’ la mia rozza infanzia // che prega e piange // e si estasia di sole morente // in una riva autunnale.
Bibliografia essenziale
1 – Paolo Martino, Storia di Melicuccà – cittàcalabria edizioni – Soveria Mannelli (CZ), 2011. 2 – Domenico Caruso, La nostra storia – La Calabria – La Vallis Salinarum – Gruppo Editoriale L’Espresso (Il mio libro), 2012. 3 – I proverbi sono tratti da: Melicuccà di Lorenzo Milanesi – Asspenscarical CS.
(Estratto dal volume di D. Caruso – Viaggio alla scoperta della Calabria – (“La Piana di Gioia Tauro”) – Pubblicato dal Gruppo Editoriale “L’Espresso” – (Ilmiolibro) -2017).