Falcomatà: “25 anni dalla legge sui beni confiscati, servono correttivi per sostenere il percorso di riutilizzo a scopi sociali” La proposta è quella di destinare una parte del Fug, fondo unico giustizia, dove confluiscono i capitali confiscati alle 'ndrine, alla ristrutturazione dei beni, che spesso arrivano ai Comuni o alle associazioni senza agibilità, non completati o in stato di degrado
“Venticinque anni fa, proprio il 7 marzo, veniva approvata una delle più grandi conquiste legislative nella battaglia contro tutte le mafie: la legge 109 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati. Uno strumento di straordinaria importanza, nato grazie all’impegno di uomini come Giuseppe Di Lello, magistrato ex componente del pool antimafia di Falcone e Borsellino, e fortemente sostenuta dalla battaglia di Libera e di Don Luigi Ciotti, che in quegli anni raccolsero un milione di firme e le inviarono al Parlamento chiedendone l’approvazione. Una legge che riprende la straordinaria intuizione della Rognoni – La Torre, proponendo un ulteriore passo in avanti e definendo i percorsi di riutilizzo a scopo sociale dei beni confiscati, restituendoli alla collettività attraverso progetti di straordinario valore”. È quanto afferma in una nota il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, delegato Anci per la gestione dei beni confiscati alle mafie.
“Nel venticinquesimo anniversario di quella legge, che ha consentito di compiere straordinari passi in avanti nella battaglia contro le mafie, sostenendo centinaia di realtà virtuose che operano ogni giorno al servizio della collettività su tutto il territorio nazionale, è giunto il momento di aprire una riflessione individuando alcuni migliorativi da applicare al circuito dei beni confiscati, proprio con l’obiettivo di renderlo più efficace, accorciando il percorso che va dalla confisca all’effettivo riutilizzo dei beni e sostenendolo con risorse dedicate”.
“La proposta è quella di destinare una parte del Fug, fondo unico giustizia, dove confluiscono i capitali confiscati alle ‘ndrine, alla ristrutturazione dei beni, che spesso arrivano ai Comuni o alle associazioni senza agibilità, non completati o in stato di degrado. Allo stesso modo si dovrebbe prevedere un sostegno per le imprese che, dopo la confisca, rimangono in piedi gestite dai lavoratori in forma cooperativa, ma faticano a rimanere sul mercato perché drogate dalla precedente gestione illecita. Ritengo fondamentale quindi che una percentuale del Fug sia reimpiegata per questi scopi, rimanendo sul territorio oggetto della confisca, per risarcirlo dei danni economici prodotti dalle mafie”.
“Su questi temi inoltre – ha concluso il sindaco – serve anche un approccio culturale. Bisogna sostenere i sindaci e gli amministratori locali nel percorso della riassegnazione, soprattutto nelle realtà più piccole, dove si hanno più difficoltà e spesso i Comuni, per timore o per scarsa conoscenza delle norme, nemmeno richiedono l’utilizzo di questi beni, interrompendo di fatto il circuito virtuoso previsto dalla legge sul riutilizzo sociale. In questi anni sono stati prodotti notevoli passi in avanti su questi aspetti, ad esempio proponendo il riutilizzo dei beni confiscati a scopo abitativo per le famiglie più fragili. Insieme ad Anci e all’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, proporremo una serie di momenti di formazione, destinati ai sindaci, per fornire loro gli strumenti necessari ad attivare questi percorsi virtuosi”.