“Farò della mia innocenza una pubblica ragione” L'editore David and Matthaus parla del caso di Michele Caccamo
In Calabria ci sono casi in cui la distinzione tra vittima e carnefice sembra avere un passo breve. Capita così che un uomo aggredito dalla ‘ndrangheta venga messo sotto processo. Il caso di Michele Caccamo è una storia kafkiana. Egli, va ricordato, oltre a essere un importante Poeta e scrittore, era proprietario di una grossa realtà imprenditoriale nel porto di Gioia Tauro. Un’accusa mossa da un suo ex dipendente lo ha portato sotto processo, per partecipazione a un’associazione dedita alle truffe, e alla perdita della sua attività. Accadimenti, questi, comuni in una logica di lotta alla malvivenza, non fosse che, durante il procedimento a suo carico, emergono terribili verità: l’ex dipendente, accusatore, viene indicato come il reale complice dell’associazione criminale e l’attività di Michele Caccamo, che è in una fase di dismissione, potrebbe essere acquistata dalla ‘ndrangheta.
Questa la sintesi di un quadro inquietante, ben indicato da un collaboratore di giustizia: Michele Caccamo è una persona per bene, una vittima, e la ‘ndrangheta ha vantaggio da questa persecuzione, perché vuole acquisire la
sua attività e i suoi beni. Lui, prima di tale accanimento, si è sempre opposto subendo per questo: furti per oltre un milione di euro, revoche di affidamenti bancari, perdite di commesse di lavoro. Il vero favoreggiatore dell’associazione per delinquere era l’ex dipendente (custode) che operava all’insaputa di Michele Caccamo approfittando della notte o delle sue numerose assenze dal complesso industriale.
David and Matthaus (editore di Michele Caccamo), alla luce dei fatti e nutrendo piena fiducia in Michele Caccamo, che stima come artista e come uomo, appoggia totalmente il proprio autore credendo fortemente nella sua totale estraneità ai fatti e nella innocenza piena per quello che sembra a tutti gli effetti un clamoroso errore giudiziario e si affida alla Giusta Giustizia ricordando un motto di Michele Caccamo: “Farò della mia innocenza
una pubblica ragione”.