Festival per l’Economia, nella seconda giornata si è parlato di divario tra Nord e Sud Analizzata la situazione del reddito delle regioni meridionali, che risulta inferiore del 40% rispetto alle regioni del Nord
Continua all’insegna dei grandi temi la seconda giornata del Festival per l’Economia. Si parte dalle scuole, con l’incontro “La moneta moderna spiegata ai ragazzi”, in scena all’Istituto comprensivo Buccarelli, con Francesco Romano (dottore commercialista) e Stefano Sanna referente economico Rete MMT. Qui si è cercato di spiegare ai giovani studenti come uno Stato, attraverso la moneta, possa offrire loro un futuro dignitoso.
“Perchè il Mezzogiorno non si sviluppa: cause antiche e recenti” ci si è interrogati, grazie al contributo di Vittorio Daniele e Paolo Malanima, docenti università “Magna Graecia”, ed alla giornalista Concetta Schiariti, sulle problematiche che non consentono di superare il divario del Mezzogiorno rispetto al Centro- Nord. Analizzata la situazione del reddito delle regioni meridionali, che risulta inferiore del 40% rispetto alle regioni del Nord. In estrema sintesi, questi indicatori sintetici della situazione della varie realtà italiane, indicano l’inferiorità del reddito rispetto alla media nazionale.
Le scelte e non scelte della politica hanno indubbiamente inciso sul ritardo economico ma, valutato il contesto europeo, in tutti gli Stati esiste un divario “economico” interno. Ci sono regioni ricche ma, accanto, regioni particolarmente povere. L’Italia, all’indomani dell’Unità, vantava una notevole diffusione di attività artigianali. Quando l’industria ha cominciato a concentrarsi nel Nord ovest, il reddito medio è cresciuto così come le differenze. Contestualmente il Mezzogiorno, soprattutto per la mancanza di capitale sociale, non si è industrializzato.
Con Warren Mosler, tra i maggiori economisti dell’epoca moderna, è stata affrontata la Modern Money Theory, la teoria che capovolge le logiche economiche e sociali che minano il nostro vivere. Osservazione e pratica sono state le basi che hanno permesso la nascita di questa teoria nel 1993. In quel periodo la crisi portò l’Italia ad alti tassi di disoccupazione tanto da temere il default dello Stato. La partecipazione degli studenti ha fatto emergere questioni attuali: ci sono soggetti che guadagnano dalla crisi? La risposta è affermativa. Ad iniziare dai politici ma anche quanti gestiscono le bancherotte ed i fallimenti. Parlando delle politiche, l’austerity, imposta dall’Unione Europea, ha portato ad un generale abbassamento dello stile di vita. Tutto l’opposto di quanto dovrebbero auspicare gli intellettuali progressisti.
La sezione pomeridiana ha posto l’accento sul Jobs act e sulle eventuali opportunità lavorative che un decreto può suscitare. A tal proposito, l’intervista a Gennaro Sanguiliano, autore del libro “Il quarto Reich”. La Germania, anche grazie alla costituzione dell’Unione Europea, è riuscita a conquistare l’egemonia economica. Oltra al giornalista Rai, Marina Calderone, presidente consiglio nazionale ordine dei consulenti del lavoro; Warren Mosler, economista e Rosario De Luca presidente Fondazione studi consulenti del lavoro sono stati i principali attori della tavola rotonda che ha avuto il pregio di analizzare il ruolo attuale dell’Italia nello scenario europeo. I lavori si sono conclusi con l’appuntamento “Come lo Stato distrugge lavoro”. L’accento è stato posto sui vincoli che lo Stato impone alle imprese ed ai professionisti. Vincoli che ostacolano la produzione per le aziende, lo sviluppo per il libero professionista. In tale circostanza sono intervenuti: Vincenzo Boccia, comitato tecnico credito e finanza Confindustria; il procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo; Marina Calderone, presidente consiglio nazionale ordine dei consulenti del lavoro; Aldo Ferrara, presidente Piccola industria Unindustria Calabria e Giuseppe Buscema dell’ordine dei consulenti del lavoro.