Flora Sculco sul referendum Lombardia – Veneto "Il referendum lombardo-veneto, piuttosto che indurre a rimostranze di vario segno, dovrebbe spingerci a riflettere su come ottimizzare la gestione delle risorse pubbliche affinché generi sviluppo produttivo, e soprattutto a fare rete, aldilà delle appartenenze"
“Non ho, come calabrese e come consigliera regionale della Calabria, alcun ‘ma’ da opporre al referendum di Lombardia e Veneto che ritengo essere, se il dibattito non subirà degenerazioni, all’interno delle logiche costituzionali. D’altronde, il diritto di voto è espressione di buone pratiche democratiche a salvaguardia del pluralismo e della partecipazione. Mi pare però – afferma la consigliera regionale di Calabria in Rete Flora Sculco – utile sottolineare, proprio perché si agisce in un campo che, come si è visto in recenti fasi della storia politica italiana, è suscettibile, se non ben sorvegliato, di interpreazioni demagogiche volte a liquidare il Mezzogiorno come la zavorra del Paese, almeno due punti. Il primo – spiega Flora Sculco – è che quelle regioni sono diventate aree forti, di cui è apprezzabile il dinamismo e persino l’istanza di sburocratizzare lo Stato ridando protagonismo ai territori, anche col contributo dei meridionali e spesso, direttamente o indirettamente, grazie a scelte di politica economica che le hanno privilegiate a scapito del Sud. Il secondo punto riguarda noi meridionali. Il referendum lombardo-veneto, piuttosto che indurre a rimostranze di vario segno, dovrebbe spingerci a riflettere su come ottimizzare la gestione delle risorse pubbliche affinché generi sviluppo produttivo, e soprattutto a fare rete, aldilà delle appartenenze, per essere più ascoltati dallo Stato e dall’Europa”. Conclude la consigliera regionale: “Visto che unanimemente si identifica il divario di sviluppo Nord-Sud come una delle cause per cui l’Italia non cresce come dovrebbe, sarebbe necessario, da un lato, convincere lo Stato a occuparsi fattivamente della questione, e dall’altro essere più determinati nel richiedere che siano rimossi, con provvedimenti celeri e dagli effetti tangibili, i nodi – ad incominciare dallo storico deficit infrastrutturale – che non aiutano le aree deboli del Paese a superare la gravissima crisi economica e sociale e a ridare occasioni di lavoro ai nostri giovani che, ormai, si rassegnano alla fuga dai loro territori come fosse un destino”.