Fondazione Campanella, il presidente: «A rischio la mia incolumità» Paolo Falzea ha diffuso una nota per fare chiarezza sulla propria posizione ed evidenziare i pericoli legati al clima di tensione per la perdita di diversi posti di lavoro
CATANZARO – Il presidente della Fondazione Campanella, Paolo Falzea, lancia l’allarme per il clima di tensione maturato dopo le ultime vicende che hanno interessato il polo oncologico di Catanzaro, a partire dall’inchiesta che vede coinvolti parte dei vertici della stessa fondazione e dalla richiesta di fallimento avanzata dalla Procura.
«Devo fare alcune precisazioni – afferma Falzea -. nel tentativo di salvaguardare quantomeno la mia integrità fisica che è messa a rischio dalle ultime vicende che hanno riguardato la Fondazione. Purtroppo la notizia dell’avvio di un’indagine nei confronti di amministratori e sindaci della Fondazione per false comunicazioni sociali, apparsa su tutti i giornali una settimana dopo la notifica agli interessati, e quella, comunicata subito ai giornali, della richiesta di fallimento della Fondazione e/o dei suoi soci fondatori (Regione Calabria e Università Magna Graecia) sono intervenute in un momento di grandissima tensione sociale per l’imminenza del licenziamento di circa 170 lavoratori».
A questo punto, Falzea non esclude anche le proprie dimissioni, anche se nei tempi e nei modi dovuti. «Personalmente – dichiara – non credo di avere nulla da rimproverarmi, avendo improntato il mio agire al solo interesse di malati e dipendenti e del sistema universitario, difendendo, da calabrese di elezione, la Fondazione che per ragioni incomprensibili è stata avversata da più parti, anche dai calabresi. Non mi sono mai risparmiato e non mi risparmierò di certo in questa delicatissima fase che, mi auguro, si concluda nel modo sperato da tutti quanti hanno a cuore la salute dei malati. Solo in quel momento – spiega – avrò la serenità necessaria per lasciare in altre mani l’incarico di presidente della Fondazione “T. Campanella”».
Il presidente ripercorre le fasi della vertenza, aggiungendo che le ultime vicende sono arrivate «mentre si faceva ogni sforzo da parte della Regione e del Governo per salvaguardare 170 famiglie calabresi messe a rischio da tale evenienza».
Così, secondo Falzea, «questa concomitanza di eventi ha fatto si che negli animi giustamente esasperati dei lavoratori della Campanella venisse fatta un’equazione semplice: gli amministratori ed i sindaci si sono rubati i soldi della Campanella ed oggi noi ci ritroviamo senza stipendio, con il posto di lavoro a rischio e con la Campanella sull’orlo del fallimento. Questa equazione è assolutamente infondata».
«In primo luogo – dichiara – perché non è stata mai nemmeno ventilata l’ipotesi che amministratori e sindaci abbiano sottratto somme alle casse della Fondazione. L’ipotesi sulla quale la Magistratura indaga è che siano state appostate in modo scorretto poste di bilancio. L’unica ragione della crisi economica della Fondazione, che è il presupposto in base al quale il Giudice ha chiesto il fallimento, è che la Regione, come denuncio da anni pubblicamente, ha disatteso formali impegni assunti nello Statuto, erogando alla Fondazione somme di gran lunga inferiori a quelle che era obbligata a corrispondere e che, lei stessa nello Statuto, aveva ritenuto indispensabili per il funzionamento della struttura. E proprio per questa ragione la Campanella ha intentato un giudizio nei confronti della Regione rivendicando il pagamento di di quanto dovuto».
«L’atto che ha determinato gli esuberi di personale e che sta causando la comprensibile disperazione di 170 famiglie – conclude il presidente Falzea – è perfettamente individuato ed è il DPGR n. 26 del 21 marzo 2012 (impugnato dalla Fondazione e dall’Università), che reca le firme di tutti i componenti della Struttura commissariale (G. Scopelliti, L. Pezzi, L. D’Elia e G. Scaffidi), che ha sottratto alla Fondazione 80 posti letto. Adottando quell’atto nessuno si è posto il problema della sorte dei dipendenti che, proprio a causa di quell’atto, la Fondazione non avrebbe potuto più mantenere. Questa è la realtà».