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Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Università di Bari, intervistato da “Calabria on web”

| Il 05, Mar 2013

“Dobbiamo combattere il pregiudizio che dipinge il Sud antropologicamente diverso, perciò incapace di emulare gli standard europei. Il Sud deve fare però la sua parte, responsabilizzandosi”

Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Università di Bari, intervistato da “Calabria on web”

“Dobbiamo combattere il pregiudizio che dipinge il Sud antropologicamente diverso, perciò incapace di emulare gli standard europei. Il Sud deve fare però la sua parte, responsabilizzandosi”

 

 

“Non è affatto vero che il Sud vive sulle spalle di chi produce. Tutti gli indicatori, le cifre contenute nei documenti ufficiali del governo, dicono il contrario, che il Sud in questi anni è stato privato di risorse che gli erano dovute. Dobbiamo combattere il pregiudizio che dipinge il Sud antropologicamente diverso, perciò incapace di emulare gli standard europei. Il Sud deve fare però la sua parte, responsabilizzandosi”. Il professor Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bari, discute con “Calabria on web” – in coincidenza con il suo nuovo libro uscito per i tipi di Laterza “Il Mezzogiorno vive sulle spalle dell’Italia che produce: falso!”- di Mezzogiorno, Europa e federalismo. Intervistato da Luigi Pandolfi per il magazine edito dal Consiglio regionale (www.calabriaonweb.it) Viesti spiega che “Di solito si pensa molto poco al Sud perché si ritiene che tutto sia stato già fatto, tutto sia stato sperimentato e non ci sia più nulla da fare. Ma questo tipo di ragionamento adesso si può applicare allo stesso modo all’Italia. Anche l’Italia appare come un paese travolto dalle sue difficoltà. E proprio per questo che la crisi, economica e politica, deve obbligarci a mettere da parte questo tipo di pregiudizi e, quindi, a tornare a ripensare all’Italia ed al Mezzogiorno partendo dalle loro potenzialità, dalle loro possibilità”. “Il Mezzogiorno – aggiunge – secondo una tesi, è l’Italia al quadrato, nel senso che si ritiene che al Sud sia impossibile fare tutta una serie di cose perché l’atteggiamento delle persone, delle istituzioni, della politica, è di basso livello ed impediscono al Sud di diventare un posto normale, secondo quelli che sono gli standard europei. Se non combattiamo questi pregiudizi le cose che si possono fare diventano pochissime. Non dobbiamo accettare di farci vincere dal peso dei guai, del retaggio del passato, che potrebbero gravare molto negativamente anche sul futuro”. Alla domanda su cosa possa fare lo Stato per aiutare il Mezzogiorno ad uscire dalla sua condizione, l’insigne meridionalista risponde: “Deve fare lo Stato. Deve svolgere bene le sue funzioni di base, deve garantire innanzitutto la sicurezza dei cittadini, intraprendere una guerra finale senza quartiere contro le mafie, innalzando il livello di legalità diffusa. Deve garantire il territorio e la sicurezza delle persone dai rischi geologici, sismici, idraulici, mettendo in sicurezza il territorio. Deve far si che le scuole siano dei posti civili, dove tutti i ragazzi possano andare ad imparare senza rischi per la propria sicurezza, che le università pubbliche nel Sud sopravvivano, vengano sostenute, cosa nient’affatto garantita dopo le misure degli ultimi governi, compreso quello guidato dal professor Monti. Deve consentire ai cittadini del Sud di muoversi sul territorio in modi e con costi ragionevoli. La circostanza che sia impossibile usare un qualsiasi mezzo pubblico per andare da Bari a Cosenza è totalmente inaccettabile”. Le responsabilità delle classi dirigenti meridionali per le condizioni del Sud, per Viesti sono “molte, ma meno di quelle che normalmente si attribuiscono loro. Nel dibattito italiano il Sud va male perché tutte le colpe sono delle classi dirigenti locali, ignorando il quadro politico nazionale, la situazione dei bilanci dei comuni, la dotazione di infrastrutture. Sicuramente, il quadro è molto più vario e la cosa veramente importante non è dire che la classi dirigenti meridionali fanno schifo, come dicono da più parti nel mondo politico e tra gli opinionisti, ma riconoscere che nel Mezzogiorno ci sono amministrazioni buone ed altre molto cattive. Il punto è quindi capire perché alcune amministrazioni sono efficienti, virtuose, ed altre no”.