“Gioia non è porto ‘ndrangheta: subito tassazione agevolata” Lo dichiara l'imprenditore Giuseppe Nucera, ex presidente di Confindustria Reggio Calabria
“Basta con i luoghi comuni” e con i danni economici, e non solo, derivanti da una “reputazione negativa che non ha motivo di esistere”. Anzi, la Calabria ha tutte le carte in regole per svolgere un “ruolo di traino per lo sviluppo dell’intero Mezzogiorno”, l’importante è concentrarsi su azioni politiche concrete ed efficaci, non certo di facciata, come avvenuto finora. Ad insistere sulle potenzialità della regione, e dei suoi abitanti, è l’imprenditore Giuseppe Nucera, ex presidente di Confindustria Reggio Calabria, promotore dell’Associazione “La Calabria che vogliamo”, che domenica 15 settembre verrà lanciata ufficialmente nel corso di un incontro a Reggio Calabria. Reputazione negativa da ribaltare e potenzialità da sviluppare, dunque. Un passaggio chiave, nel programma politico che Nucera potrebbe portare avanti, in vista di una possibile candidatura a presidente della Regione. Un’azione su un doppio fronte, che si potrebbe già applicare a Gioia Tauro.
“Anche i dati della DIA indicano che la cocaina, l’eroina, ad esempio, sbarcano altrove. Gioia Tauro – sia chiaro a tutti – non è il porto della ‘Ndrangheta – puntualizza Nucera – perché opera prevalentemente nel porto di Genova. Oggi è purtroppo sinonimo anche di capannoni vuoti, ma bisogna cambiare prospettiva e intervenire in maniera decisa, rendendo il distretto zona a tassazione agevolata per le imprese. Il commissariamento nell’area del porto non ha portato alcun contributo allo sviluppo. Sono convinto che un’area di infrastrutture e servizi a tassazione agevolata potrebbe rappresentare un distretto incubatore per le start-up, collegato tra l’altro all’Università Mediterranea”.
Altra piaga da depennare secondo Nucera il reddito di cittadinanza: “i cinquestelle portano avanti la logica dell’assistenzialismo perché produce voti, ma non produce ricchezza per il Paese. Il reddito di cittadinanza ha distrutto la cultura del lavoro, inteso come impegno e sacrificio, sottraendo dal mercato mano d’opera che crea Pil e fornisce alle aziende personale. A soffrirne maggiormente le attività stagionali che hanno subito forti contrazioni di lavoratori. Mentre la disoccupazione dilaga – chiosa Nucera – il Mezzogiorno negli ultimi 16 anni ha perso oltre due milioni di giovani, la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, risorsa su cui bisognerebbe puntare la nostra Regione per un vero sviluppo”.