Gioia Tauro, “Inchiesta Geolja”, le mani della ‘Ndrangheta sui panifici. Ecco le intercettazioni che li incastrano L'incendio del panificio "L'arte del pane", una lotta di potere tra le famiglie Piromalli, Molè, Copelli, Giovinazzo e Pesce
Non c’è pace a Gioia Tauro, tutto dipende da loro, dai ‘ndranghetisti i quali stabiliscono anche il prezzo del pane, i giorni delle ferie, c’è quell’incendio al forno “L’arte del Pane”, avvenuta nella notte tra il 18 e il 19 giugno del 2018 e far scattare la matrice dolosa, quelle modalità mafiose tipiche della zona.
Gioia Tauro, la città dei Piromalli e dei Molè, dei “Cent’anni di storia”, potenti famiglie ‘ndranghetiste che di mollare la presa sul proprio territorio non ne vogliono a che sapere, basano il loro potere sulla paura, sulle minacce, sulla legge del più forte. E le persone oneste che vorrebbero guadagnarsi un tozzo di pane (non c’è riferimento più appropriato), devono avere a che fare con questi criminali mafiosi da moltissimo tempo.
L’inchiesta “Geolia” quella che ha fatto scattare le manette per 12 persone, oltre a 21 indagati, apre uno spaccato pericoloso per la legalità minandola fortemente. Attività estorsive in quella terra che è cosa dei Piromalli, ma anche dei Molè, tant’è che la DDA definisce un “patto di non belligeranza” tra di loro, come dire ognuno si fa i propri “affari mafiosi” propri, ma senza intralciarsi l’uno con l’altro. Dopo quanto era accaduto quando fu ucciso Rocco Molè e secondo alcuni pentiti, “per mano dei Piromalli”.
Entrambi sono padroni e attivi nelle estorsioni, come ad esempio Copelli il quale “manteneva rapporti con referenti di altre articolazioni territoriali di ‘ndrangheta, quali Giuseppe Pesce e Rocco Giovinazzo, esponenti del clan “Pesce”, cui i fratelli D’Agostino si erano rivolti per trovare un accordo coi “Piromalli-Molè” affinché non subissero atti di danneggiamento ai danni della loro attività commerciale”. Singolare l’affermazione durante l’intermediazione della cosca Pesce “palumbu mutu nun poti esseri servutu” e la zona oramai satura per le estorsioni, appunto controllato dalle famiglie storiche mafiose di Gioia Tauro dove i fratelli D’Agostino, valutano la possibilità di spostarsi a Rosarno per le loro attività ndranghetiste.
A Gioia Tauro decidono tutto loro anche il prezzo delle ciambelle, “Le cose non le regalare mi ha detto, la ciambella se io la vendo a un euro, tu un euro!”.
C’è al contempo un muro di omertà che racchiude il cerchio, e che come al solito tale viene intaccato e diciamolo pure “lesionato”, solamente dagli arresti di ieri ad opera della DDA reggina.