Un processo che dura ormai da 36 anni
Giustizia, le lamentele di Carmela Rigoli
Un processo che dura ormai da 36 anni
TAURIANOVA – “Con la presente lettera aperta, la sottoscritta Carmela Rigoli, residente in Taurianova, essendo rimasta vittima della lentezza del nostro sistema giudiziario il quale fa capo al Tribunale di Palmi si permette di rendere pubblicamente note le proprie amare vicissitudini. Mia madre, la Sig.ra Caruso Caterina, poco prima della sua morte sopraggiunta, più precisamente, il 4 maggio 1975 decide di fare una donazione, concernente una casa, strutturalmente comprendente dodici stanze. Si tratta, più precisamente, di un atto, unicamente indirizzato alla persona di mio fratello, come tale inevitabilmente escludente tutti gli altri figli. Proprio per questa motivazione, nel 1975, i miei fratelli decidono di intervenire, citando in giudizio Giuseppe, il congiunto e surriferito destinatario della stessa donazione. Ebbene, per ben 36 anni un indubbio e assoluto record il contenzioso rimane impantanato, ancora, nelle intricate maglie delle eccessive lungaggini processuali. Si tratta, più precisamente, di una tortuosità di procedura, che anche alla scrivente dallanimo ormai esasperato continua a non rendere una giustizia giusta ed effettiva. Sembra evidente, infatti, che ci troviamo di fronte a un caso di intollerabile e inqualificabile ritardo, il quale mortifica la dignità della mia persona, oltre a violare, in modo palesemente aperto, lesercizio dei diritti, sanciti dalla nostra Costituzione Repubblicana, la quale non esita a riconoscere il principio della ragionevole durata del processo. Ci si chiede, a questo punto: come sia possibile potere accettare un così cronico ritardo, il quale penso sia importante ricordarlo non grava, solamente, sul sistema globale del nostro Paese, ma prioritariamente sui suoi già malfermi settori economici? Tuttavia, quello che la sottoscritta chiede fermamente, è che la burocrazia non le impedisca più lesercizio, effettivo, di un inviolabile diritto: quello, vale a dire, di vedere finalmente evasa la propria istanza. In questa prospettiva, sintende esprimere lauspicio che, lennesima convocazione, prevista nel prossimo mese di febbraio, non incontri ostacoli di sorta, che possano comportare ancora una volta il rinvio del processo. In questa malaugurata ipotesi, sarebbe unimpresa alquanto difficile dover aspettare altri 36 anni: tenendo conto che la sottoscritta ne ha già compiuti 77, mentre 80 sono quelli del proprio marito. Mi permetto di aggiungere che, la questione in oggetto, si presenta aggravata, in modo ulteriore, dal fatto che la scrivente non ha figli, a cui potere trasferire i propri diritti. Questo significa, in conclusione, che, un eventuale mia dipartita, comporterebbe il definitivo dissolvimento degli stessi diritti, di cui ne beneficerebbero, esclusivamente, gli altri congiunti”.
Carmela Rigoli
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