Gli imputati colpevoli
Giovanni Cardona | Il 07, Ago 2014
Breve riflessione dell’avvocato Cardona sulle défaillance nel mondo giudiziario
Gli imputati colpevoli
Breve riflessione dell’avvocato Cardona sulle défaillance nel mondo giudiziario
Una caratteristica peculiare di alcuni “cultori del diritto” è quella di cedere a sterili elucubrazioni che conducono spesso allo stravolgimento di principi universalmente accettati ed acquisiti.
L’art.27 della Costituzione detta, come è noto, che “l’imputato non deve essere considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.
Viene, pertanto, sancito un principio cardine di garanzia di libertà che non può essere svilito da enunciazioni di comodo, vedasi la cosiddetta “presunzione di innocenza” alla quale si applica una diversa concezione a seconda che la si validi sul piano sostanziale o su quello processuale.
Come asseriva Calamandrei, i protagonisti rituali del processo sono gli imputati ed i giudici e non una pletora di faziosi ed a volte inquietanti elzeviristi quasi sempre alla ricerca di scoop giudiziari confliggenti con la cultura giuridica sia processuale che sostanziale.
Non possono essere sottaciute le aberranti conseguenze personali ma anche giuridiche alle quali si perverrebbe se, come a volte succede, il vulgo sospinto da letture fantagiuridiche o metagiuridiche si trovi ad etichettare con la diceria dell’untore di medievale memoria, un soggetto imputato e giogato da uno stretto collare istruttorio erroneamente modulato dalla investigativa corte dei miracoli di turno.
Basterebbe richiamare tutte le norme comunitarie o internazionali che tutelano la posizione dei processandi (rectius imputati), ma tediare il lettore non è mia intenzione.
Ripugna, inoltre la coscienza degli operatori del diritto vivente, nel quale da lustri mi onoro essere compendiato, la insana asserzione che striscia subdolamente tra le pieghe tribunalizie di “intralci dilatori” che pretestuosamente ostacolerebbero il decorso temporale della giustizia avvantaggiando l’imputato di turno.
Non solo, quindi si tenderebbe a disconoscere in maniera aberrante l’imprescindibile ruolo e funzione dialettica del difensore del procedimento penale, ma si tenterebbe di squalificare l’operato dell’avvocato, riducendolo al livello di un prestigiatore senza scrupoli che rimescola le proprie carte a scapito degli interessi della giustizia e della collettività.
E’ questa una concezione sconcertante che vuol cancellare, in un sol colpo, le conquiste dell’Avvocatura ritenuta, invece, sicura garante costituzionale della società democratica.
La stessa Costituzione assegna all’Avvocatura un ruolo di soggetto politico posto a presidio delle libertà fondamentali del cittadino, che assume maggiore valore proprio laddove lo Stato è più carente nella tutela dei diritti dei singoli.
In definitiva, nel respingere energicamente tutto ciò che inopinatamente incide sulle libertà postulate dalla carta costituzionale, ci sembra di poter affermare che, nell’interesse della giustizia, sia preferibile un eccesso di garantismo piuttosto che la eventualità di un sopruso.
“Il segreto della giustizia sta in una sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore.” (Piero Calamandrei, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, 1935)