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TAURIANOVA (RC), VENERDì 29 NOVEMBRE 2024

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Ha più senso sciogliere i Comuni per mafia? Quando più rondini non fanno primavera

Ha più senso sciogliere i Comuni per mafia? Quando più rondini non fanno primavera
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Ancora altri quattro scioglimenti per infiltrazione mafiosa nella provincia di Reggio Calabria, ancora una volta si applica quella legge vetusta che fu cucita apposta per sciogliere il consiglio comunale di Taurianova nel lontano 1991 a causa di una mattanza spietata che aveva colpito un’intera città, la quale viveva nel terrore sociale. Sono trascorsi ventisei anni e ancora si applica una norma preventiva che serve a evitare che ci sia il potere della criminalità organizzata all’interno delle istituzioni comunali.

Quel decreto poi assorbito dal TU degli Enti Locali all’articolo 143 e mai modificato sostanzialmente se non con una timida “disposizione in materia di sicurezza pubblica” nel 2009, in cui veniva inserito l’istituto della ineleggibilità per un turno ai sindaci e/o amministratori coinvolti nella relazione di scioglimento, mentre i dirigenti e dipendenti infedeli (sospettati di collusioni mafiose sempre per prevenzione), venivano spostati in altre mansioni. Ovvero, se leggiamo il comma 11 del suddetto articolo, troviamo, “Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo”. Mica è detto: prima di essere dichiarati incandidabili ci vuole sempre una sentenza del tribunale competente.

In questi anni, abbiamo assistito a scioglimenti multipli in tutto il reggino con risultati pessimi, si parla di infiltrazione mafiosa, di collusioni, di parentele scomode ma come per incanto vengono sempre rieletti le stesse persone o eventuali “prestanome” degli stessi. Alla fine si produce cosa? Un commissariamento prefettizio di ventiquattro mesi e poi si riparte punto e daccapo (e con gli stessi problemi). Arrivano i vari “ripulitori” per il ripristino della legalità dopo una corposa relazione di scioglimento, in cui vengono sempre riportate fatti vecchi e stravecchi con riferimenti storici di parentele “scomode” ed episodi accadute in lontani passati. Si insediano e molte volte non cambiano nulla, lasciano tutti i dirigenti così come i dipendenti comunali al medesimo posto in cui stavano quando c’era il sindaco eletto dal popolo e sciolto per mafiosità: e finisce lì!

Poi nuovamente le elezioni con le stesse problematiche sia sociali che economiche e le stesse condizioni di precarietà democratica descritta nelle relazioni. Una curiosità, piccola parentesi, come mai quando ci sono i sindaci c’è precarietà economica e poi quando arrivano i commissari invece si spende, si assume personale e si affidano lavori per svariati milioni di euro?

Torniamo al nostro tema. Nessuno si è mai chiesto che forse, e dico forse, lo scioglimento dei consigli comunali non ha più senso di esistere? Oramai non ha alcuna funzionalità ai fini della prevenzione e che tale non può più essere utilizzata come provvedimento estremo straordinario, ogni qualvolta c’è una commissione di accesso che verifichi delle responsabilità mafiose? A questo punto, dovremmo, forse, prendere in seria considerazione le parole del giudice De Grazia e quindi poi attuare una rivisitazione in chiave moderna della oramai sempre in voga “Legge Lazzati” quando ci sono tali fenomeni di scioglimento.

Intanto, eliminare gli scioglimenti se non per fatti gravissimi in dove non ci sono più le condizioni per andare avanti, però attuare al contempo un concetto di prevenzione radicale fatto direttamente dal ministro dell’interno e poi, così come dice anche l’art. 1 della Lazzati, impedire di fare campagna elettorale alle persone sottoposte a sorveglianza speciale e indiziate di appartenere alla criminalità mafiosa, aggiungendo anche chi ha parentele mafiose, così come di solito si applica nelle interdittive antimafia per le imprese.

E, soprattutto, non sciogliere alcun consiglio comunale, ma sancire la decadenza di chi è sospettato di connivenze mafiose e impedire di candidarsi per un numero sostanziale di anni, minimo dieci, esteso a tutti quelli che a vario titolo entrano nelle relazioni di scioglimento. Mentre i dirigenti e i dipendenti comunali, coinvolti non devono essere spostati di mansione, ma licenziati e accompagnati da pesanti sanzioni. Oltre per tutti quanti, il risarcimento dei danni all’ente di quanto hanno provocato in termini di morali e materiali. Altrimenti, succederà sempre che nelle varie relazioni ci sarà sempre la solita minestra riscaldata, i soliti noti, le stesse motivazioni e tanto altro che avrà solo il sapore sciapo della legalità. E quando si andrà a votare, occorre sempre ricordarsi delle parole di Longanesi, “Non sono le idee che mi spaventano, ma le facce che rappresentano queste idee”.